(ilfattoquotidiano.it) – Il punto d’incontro tra il governo e il Movimento 5 stelle col suo leader in pectore Giuseppe Conte (dall’altro) può arrivare su un concetto semplice: nessuna improcedibilità nei giudizi su reati di mafia e terrorismo. Cioè una delle principali modifiche chieste dai pentastellati al testo della riforma del processo penale licenziato dal Governo. All’inizio della settimana decisiva per l’approvazione – l’arrivo in Aula alla Camera è fissato per venerdì – un retroscena di Repubblica dà l’accordo per fatto e, a quanto apprende l’agenzia Adnkronos, i vertici del Movimento sarebbero in queste ore in attesa del testo dell’intesa, “perché la richiesta è stata accolta ma prima di dire che l’accordo è stato raggiunto è necessario vedere la modifica”. Insomma, salvo colpi di scena, le mediazioni delle ultime ore hanno portato a un primo risultato: nell’elenco dei reati per cui la “ghigliottina” non vale, oltre a quelli puniti con l’ergastolo, entrerebbero le fattispecie di criminalità organizzata di stampo mafioso e terroristico (i cui processi, peraltro, già adesso godono di una corsia preferenziale, essendo gli imputati quasi sempre detenuti). In questi casi la prescrizione resterebbe quindi bloccata dopo la sentenza di primo grado (in base alla riforma Bonafede) senza il rischio di estinzione del processo per “sforamento” del termine di due anni in Appello o uno in Cassazione. A quanto riporta il Corriere, Conte e Draghi si sono sentiti al telefono più di una volta tra venerdì e sabato, con l’ex premier a insistere sul punto (“Non possiamo permettere che anche un solo processo di mafia salti a causa della riforma”) lanciando però messaggi distensivi rispetto all’ipotesi di una resa dei conti in Aula.

Una mediazione, quindi, per scongiurare i rischi sulla tenuta del sistema di contrasto alle mafie paventati da voci autorevoli, quali il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, ascoltati nei giorni scorsi in audizione alla Camera. E su cui – riporta sempre Repubblica – c’è anche l’accordo di Enrico Letta, allineato a Conte nell’esigenza di mettere al sicuro procedimenti delicati. “In questa settimana si faranno gli ultimi aggiustamenti, poi un testo andrà votato”, dice il segretario Pd al Corriere, “il nodo giustizia doveva arrivare e si stanno cercando soluzioni. Io sono fiducioso, perché Draghi e Cartabia hanno mostrato grande flessibilità”. I dem da parte loro insistono sul cosiddetto lodo Serracchiani, dal nome della capogruppo a Montecitorio: per permettere agli investimenti sul sistema-giustizia di produrre effetti, il termine per concludere l’appello è allungato a tre anni, invece di due, per tutti i reati fino al 2024. Un’altra possibile modifica riguarda il momento da cui far partire il conto alla rovescia: nel testo del governo è fissato alla scadenza del termine per impugnare, il M5s chiede di farlo decorrere dalla prima udienza del grado di Appello (come prevedeva, peraltro, la stessa commissione Lattanzi incaricata da Cartabia di elaborare la proposta di riforma).

Intanto restano bloccati i lavori in commissione Giustizia alla Camera. Venerdì il presidente Mario Perantonidi fronte al tentato blitz di Forza Italia che ha presentato emendamenti riguardanti l’abuso d’ufficio, li ha dichiarati inammissibili per estraneità di materia. Il ddl infatti riguarda la procedura penale, mentre gli emendamenti di Fi riguardano il codice sostanziale. Fi e tutto il centrodestra avevano quindi chiesto che stamani l’ufficio di presidenza votasse un allargamento del perimetro del ddl così da ricomprendere l’abuso di ufficio. Ma stamattina il centrodestra ha annunciato di aver presentato ricorso al presidente Fico contro le inammissibilità ai propri emendamenti, quindi l’ufficio di presidenza ha rinviato a domani mattina le proprie deliberazioni in attesa del pronunciamento del presidente Fico. Se questi respingerà il ricorso del centrodestra si voterà la richiesta di allargamento del perimetro del ddl, contro il quale si sono espressi Pd e M5s. “L’allargamento del perimentro del ddl – ha spiegato ai cronisti Perantoni – comporterebbe un allungamento dell’esame del provvedimento: dovrei predisporre l’abbinamento degli altri ddl riguardanti l’abuso di ufficio e la riapertura dell’istruttoria, con le audizioni. Lavoriamo per portare il testo in aula venerdì 30, ma la varietà di opinioni è tale da non farmi fare previsioni”. “Deve essere chiara una cosa – ha detto il capogruppo del Pd Alfredo Bazoli – l’unico partito che non mette paletti e ostacoli alla riforma Cartabia è il Pd, gli altri si mettono di traverso”.