(Stefano Rossi) – Per le prossime elezioni comunali a Roma, ad aprile, RomaToday, dava vittoria certa del Pd con Zingaretti e Calenda. A maggio, secondo Rai3 AgoràGualtieri prendeva pochissimo, la Raggi il 14%, i due che hanno poi rifiutato, Zingaretti e Bertolaso, vincenti. Pochi giorni fa, la Repubblica (che avversa Virginia Raggi), informa che la Raggi vincerebbe, Bertolaso (ripeto che avrebbe rinunciato) sarebbe secondo. Fanpage, ha sempre detto che la Raggi perderebbe. Poi, contrordine, vincerebbe al primo turno ma poi farebbe il pieno Gualtieri, quello che Rai3 lo darebbe perdente.

Si potrebbe continuare a lungo e dare i numeri in percentuali, come nel gioco dell’otto, e vincitori ora l’uno ora l’altro.

A che serve tutto questo? A qualcuno di sicuro visto che i sondaggi hanno un costo e, guarda caso, alcuni dei sondaggisti finiscono in tv come premio aggiuntivo. Se ci facciamo caso, in molti sondaggi, di qualsiasi natura, anche su altri argomenti, registrano una larga fetta di gente che non sa rispondere, non ha preferenze, è incerta, ci deve pensare.
Quando questa porzione raggiunge un numero ragguardevole ecco che i più scaltri si ingegnano per far pendere l’ago della bilancia dalla parte che vogliono loro o dei loro committenti.

Mettere in prima pagina una bella foto con il nome del candidato e annunciare che vincerebbe le prossime elezioni rassicura e influenza proprio le persone che non hanno ancora deciso. Viene proposto un modello vincente che funziona. La molla che fa scattare il meccanismo agli indecisi è semplice: far credere che c’è un candidato vincente, uno che se ha raggiunto la maggioranza o è vicino ad essa, vuol dire che se lo merita o che ha già superato il giudizio di tante persone che sono informate sul caso. Quindi, gli indecisi, si possono adeguare senza rischi di sbagliare.
E’ facile, semplifica, non devono ragionare. Anzi, tutto il ragionamento che avrebbero dovuto fare per prendere una decisione lo hanno già svolto altri.

Bisogna solo adeguarsi alla maggioranza.

Non sempre scatta questo meccanismo; i fattori che influenzano un elettore sono tanti e nemmeno il soggetto in questione ne è consapevole. Ma in molti casi è importante la presentazione del “modello” vincente. E su questo ci sono tomi pesantissimi su come influenzare un consumatore o un elettore. Si chiama persuasione. Sono studi di psicologia di massa che traggono origine dalla pubblicità. Se andiamo a leggere i bilanci di molte società proprietarie di marchi prestigiosi spesso presenti negli spot ci sorprenderebbe sapere che la voce marketing o pubblicità registra una delle somme più alte di spesa.

C’è poi l’altro effetto: il modello perdente. Se io metto un politico con la percentuale più bassa la percezione che ne ricava l’osservatore è negativa, infausta verso quella persona che, evidentemente, non piace più, non è positivo, tante persone hanno già espresso un giudizio che è frutto sicuramente di un ragionamento ed io mi posso anche fidare, adeguarmi a questa scelta.

Ecco che funziona la persuasione anche al contrario.

In ambo i casi, si tratta semplicemente di associarsi o conformarsi al giudizio della maggioranza. Qui non bisogna spendere troppe parole per spiegare. Fin dagli anni 50, sono stati fatti infiniti esperimenti su come, l’individuo, spesso si adegua alla maggioranza quando si trova in una situazione un pochino difficile, come nel caso della scelta di un candidato politico quando poi le informazioni sono spesso discordanti. Ecco perché troviamo sondaggi tra di loro molto diversi perché non conta il sondaggio in sé, bensì l’orientamento del consenso. E per orientare, cioè, convincere soprattutto l’indeciso, sono necessari più fattori determinanti. Non basta il modello ma conta anche l’argomento abbinato. Il modello vincente deve essere abbinato sempre con argomenti che lo possano sostenere. E anche qui ci sono argomenti che aiutano un candidato ovvero che lo mettono in seria difficoltà. Tutto sta a come si confezionano le notizie.

Faccio un esempio. Ci sono argomenti che vengono riproposti più volte al giorno in tv e non sono tra le notizie principali. Poi ve ne sono altri, molto importanti, che vengono omessi o trattati come notizie di poco conto. Qui la tecnica è più raffinata: se ometto una notizia, rischio di causare un “caso”, una ribellione. Se la notizia la metto in onda o la pubblico ma in poco spazio, in un ora di scarso pubblico o accanto ad altre notizie più interessanti, senza foto o senza immagini, ecco che ho depotenziato il rischio di creare l’interesse nel pubblico.
Si ne deve parlare ma poco; l’effetto è di rendere meno appetibile la notizia.

Un caso clamoroso di persuasione, non adottato da tutta la tv e giornali, è stata la campagna elettorale tra la Clinton e Trump.  Hillary Clinton spese due miliardi di dollari nel 2016, per la campagna presidenziale contro Trump. La seconda spesa più ingente fu proprio quella relativa ai sondaggi e spot. Ricordate? Doveva vincere a mani basse. Trump era l’outsider, il pazzo, il citrullo che si era messo in testa di sfidare l’unica vincitrice. Questo era il messaggio dei media italiani. Da noi non contavano i sondaggi, visto che non votavamo, ma quello che si accompagna ai sondaggi, appunto,  l’agenda-setting. In tv, sui giornali prevalenti era la Clinton il modello da proporre, quella vincente e più rassicurante. E tutti convogliavano in una sola direzione. Non contava che il 50% degli americani erano con Trump. Vi fu in improvvido Lerner che disse di andare a letto tranquillo perché si sarebbe svegliato con la Clinton presidente. L’osservatore poco informato o non particolarmente attratto  dal confronto Clinton-Trump, però, riceveva messaggi quasi univoci: la Clinton modello rassicurante, vincente, adeguata al ruolo. L’altro era un salto nel vuoto molto rischioso.

Nel prossimo articolo spiegherò il legame tra una notizia importante, del tutto omessa, e una del tutto superflua invece più volte riproposta.