Riesce il blitz di Lega e Confindustria: niente mini proroga ad agosto. Resa lo scambio con chi usa la Cig gratuita.

(di Roberto Rotunno – Il Fatto Quotidiano) – Si trattava solo di una mini-proroga del blocco dei licenziamenti di appena due mesi scarsi e peraltro non imposta a tutte le aziende, ma solo a quelle che useranno la Cassa integrazione gratuita. Eppure ha talmente mandato in fibrillazione la Confindustria e l’ala destra della maggioranza da spingere Palazzo Chigi a un parziale passo indietro che sconfessa se stesso e imbarazza il ministro Andrea Orlando. Uno schiaffo al Pd e ai 5Stelle che sostenevano la misura venuta fuori dal Consiglio dei ministri di giovedì, approvata all’unanimità e presentata in conferenza stampa dal ministro del Lavoro con al suo fianco il premier che annuiva.

Il passo indietro, dopo due giorni di colpi bassi, è presto detto. Giovedì Orlando ha fatto inserire in extremis una misura nel dl Sostegni Bis in due parti: la prima prorogava il blocco dei licenziamenti (che scade a fine giugno) al 28 agosto per le imprese che chiedono la Cig Covid entro giugno; la seconda rendeva gratuita la Cig ordinaria se chi la usa decide di non licenziare. Apriti cielo. Prima è partita Confindustria, che ha definito Orlando “inaffidabile” (“L’inganno di Orlando”, titolava domenica il giornale di casa, il Sole 24 Ore), poi la Lega. Ieri la sottosegretaria leghista Tiziana Nisini dalle pagine del Messaggero sconfessava il suo ministro. Critiche “ingenerose”, secondo il segretario del Pd Enrico Letta, che ha difeso Orlando, così come i 5Stelle.Alla fine il dietrofront è arrivato. In serata Palazzo Chigi dirama una nota per spiegare che: “sulla base delle proposte avanzate da Orlando in Cdm” (dove è stato in sostanza deliberato un testo in bianco), “è stata definita una proposta che mantiene la possibilità per le imprese di utilizzare la Cassa integrazione ordinaria, anche dal primo di luglio, senza pagare addizionali fino alla fine dell’anno impegnandosi a non licenziare”. Tradotto: via la prima parte, cioè la mini proroga ad agosto. Il Pd finge che sia stata “mantenuta l’impostazione di Orlando”, ma è il centrodestra a incassare il punto. Eppure, come detto, si trattava di una misura tampone che scontentava anche Cgil, Cisl e Uil, per le quali quell’intervento è ancora troppo poco.

Il blocco dei licenziamenti generalizzato è stato introdotto a marzo 2020, all’avvio del lockdown e accompagnato da una massiccia iniezione di ammortizzatori sociali disponibili senza costi per tutte le imprese, anche quelle con un solo dipendente. È stato sempre prorogato, anche perché l’emergenza sanitaria (ed economica) non è ancora terminata. A marzo 2021, con il primo decreto Sostegni, è stato individuato un calendario per lo sblocco a due velocità: il divieto generalizzato sarebbe rimasto fino al 30 giugno. Dal primo luglio, i licenziamenti economici sarebbero stati permessi alle imprese che per legge hanno diritto alla Cig ordinaria, quindi industria ed edilizia. Per il terziario, ben più colpito dalla crisi Covid, la moratoria è stata invece estesa al 31 ottobre. Una soluzione che non è piaciuta ai sindacati, per almeno due ragioni. La prima è che la crisi morde ancora, quindi si rischia un’ondata di licenziamenti. La seconda è che l’annunciata riforma universale degli ammortizzatori sociali è ancora in alto mare, non dovrebbe arrivare prima dell’autunno inoltrato, quindi ancora non ci sono gli strumenti per affrontare un’ecatombe occupazionale.

La questione è anche politica: M5S aveva chiesto un blocco generalizzato fino al 31 ottobre e una proroga per le piccole e piccolissime imprese fino a fine 2021. La mossa di Orlando è stata una modifica molto leggera, giustificata dal fatto che su un nuovo posticipo “non c’era la maggioranza”.

Dell’impianto licenziato dal Cdm, a quanto pare (perché testi non ce ne sono), resta la possibilità di non pagare le addizionali sugli ammortizzatori sociali ordinari attivati dopo il primo luglio a patto di non licenziare durante l’utilizzo. Più che un divieto, era uno scambio, in un decreto che vale 40 miliardi, per buona parte destinati a favore delle imprese. Anche i 4,5 miliardi che compongono il pacchetto lavoro, infatti, sono costituiti soprattutto da sgravi alle aziende, come il contratto di rioccupazione e le decontribuzioni per turismo e commercio.

Secondo le stima di Banca d’Italia e ministero del Lavoro, finora il blocco ha preservato 360 mila posti di lavoro. Se a questi evitati aggiungiamo gli esuberi provocati dalla crisi, arriveremmo a 577 mila licenziamenti potenziali. Ma esistono stime sindacali che parlano di un milione di posti. Tra aprile e dicembre 2020 – i primi nove mesi di divieto – abbiamo comunque avuto 224 mila licenziamenti economici, e nell’ultimo semestre sono aumentati del 21% quelli disciplinari (non vietati).