(di Vincenzo Iurillo – Il Fatto Quotidiano) – Nunzia De Girolamo divenne ministro grazie a un rafforzamento del proprio peso politico ottenuto commettendo reati. Lo sostiene il pm di Benevento, Assunta Tillo, nel ricorso in Appello che impugna l’assoluzione dell’ex parlamentare azzurra ora convertitasi alla carriera di conduttrice televisiva. Secondo l’ufficio della Procura guidata da Aldo Policastro, la ricerca del consenso politico è il “filo rosso” che unisce le imputazioni nel processo per la gestione dell’Asl sannita. Un filo “che lega tutte le condotte contestate, poste in essere sia per rafforzare sul territorio il Pdl, di cui l’onorevole De Girolamo faceva parte, sia per aumentare il peso politico della stessa in vista delle elezioni del 2013, all’esito delle quali veniva nominata ministro delle Politiche agricole e forestali nel governo Letta dal 28 aprile 2013 al 27 gennaio 2014”.

È uno dei passaggi più forti del ricorso di 95 pagine, il cui deposito era stato anticipato il 6 maggio sul Fatto Quotidiano. Nei giorni scorsi, sono iniziate le notifiche agli avvocati in vista della fissazione della prima udienza in Corte d’appello a Napoli. Si riparte, ma solo per due vicende qualificate come concussione, tentata concussione e turbativa d’asta. Si tratta delle pressioni sul dirigente del Provveditorato Asl Giovanni De Masi, ‘invitato’ a sospendere quattro bandi di gara e a dimettersi, e delle ingerenze nella riattribuzione del bar dell’ospedale Fatebenefratelli a una cugina dell’allora deputata. Tornano alla sbarra sei imputati su otto tra De Girolamo e gli ex vertici Asl, registrati di nascosto da uno di loro, Felice Pisapia. “La gestione dell’Asl – afferma il pm – doveva essere asservita e funzionale non al perseguimento del benessere della collettività ma al raggiungimento dello scopo utiliritaristico e personale dell’onorevole e del partito”. Per altri due imputati l’assoluzione è definitiva. E scompare, come da noi già scritto, l’accusa di associazione a delinquere.