(Dott. Paolo Caruso) – Ieri nove maggio si è celebrata la festa dell’Europa, più che una festa però è stata solo una ricorrenza, passata inosservata ai più, con poco clamore delle forze politiche e dei media,  e nell’indifferenza più assoluta  dei cittadini. Del resto dell’Europa c’è poco da festeggiare se non un simbolo di unità che insieme alla bandiera, all’inno, e alla moneta unica (l’euro) tende ad identificarla come Identità politica. Il nove maggio 1950 a Parigi Robert Schuman ministro degli affari esteri francesi e il suo consigliere Jean Monnet tracciarono le basi ad una Istituzione Europea sovrannazionale, una idea di nuova cooperazione politica per l’Europa. La sua ambizione fu quella di creare una istituzione europea che avrebbe messo in comune e gestito a livello commerciale la produzione del carbone e dell’acciaio; tale trattato vincolante tra le nazioni europee si concretizzò (CECA) con la ratifica nel luglio del 1952. Da allora molti passi avanti verso l’integrazione europea sono stati compiuti, e il 25 marzo 1957 in Lussemburgo si è assistito alla nascita della Comunità Economica Europea (CEE), mentre  nel novembre 1993 con il trattato di Mastricht alla fondazione della Unione Europea (UE). Ci sono voluti 71 anni per gettare le basi per una integrazione europea che non sia solamente economica, effetto moltiplicatore di capitali, ma che sia soprattutto politica; una federazione di stati, unico soggetto capace di gestire l’emergenza sanitaria e la grave crisi economica che attanaglia oggi le singole nazioni dell’Unione. Solo una entità politica unica con un proprio bilancio, una medesima fiscalità, una banca centrale che sappia rappresentare veramente gli interessi economici dei Paesi dell’Unione soprattutto di quelli più fragili, un parlamento davvero espressione della volontà popolare in grado con la sua autorevolezza di gestire la politica sociale della UE, affrontando in maniera unitaria le sfide sempre più pressanti del futuro e quelle più critiche a livello internazionale. In questi ultimi mesi finalmente si è assistito ad un sussulto dell’Europa, che dopo anni di indifferenza e ipocrisia, per la prima volta di fronte ad una crisi economica di si fatte proporzioni è riuscita anche se con diversità di vedute a rispondere in maniera adeguata e all’insegna della solidarietà con un impegno  finanziario non indifferente alle necessità e alle richieste dei Paesi membri( il Recovery plan). Infatti solo con la collaborazione e la solidarietà si potranno costruire nuovi ponti umanitari tra i diversi Paesi dell’Unione, gettando le fondamenta per nuovi programmi futuri e riuscendo a scrivere finalmente una pagina comune nel variegato panorama europeo, non condizionata da stupidi egoismi nazionali ne dai molteplici interessi legati ai poteri finanziari internazionali. Fuori dai capitali e dal cannibalismo tra le nazioni si potrà intravedere il sorgere di un nuovo concetto di Nazione Unica Europea, e allora si che ci sarà da festeggiare.