(Giuseppe Di Maio) – Un passo avanti della ragione, un passo indietro del sentimento. L’umanità segna il passo nell’età infantile della sua storia. Casaleggio senior aveva profetizzato la scomparsa dei partiti con l’avvento della democrazia digitale, e come al solito si era sbagliato. Non che la dissoluzione dei partiti sia un fatto irrealizzabile, ma non dipende dai click a tavolino. I partiti dureranno finché dureranno le classi sociali. Ma questo Casaleggio non poteva saperlo, perché il cosiddetto ideologo a 5 stelle si era formato sui testi di informatica non su quelli di Gramsci.

Le contraddizioni del M5S, che denuncio da anni, sono scoppiate tutte insieme. Da una parte un ideologo fondatore defunto, e un corteo di fedeli che ne esalta il pensiero e la memoria. Tra costoro il figlio biologico che, oltre a sostenere senza aggiornamenti il pensiero del padre, si è appropriato di uno strumento essenziale della democrazia a 5 stelle e con questo amministra e ricatta le politiche del Movimento. Ecco, finalmente: Davide addìo, e senza rimpianto. Dall’altra il fondatore elevato. Uno, cioè, che più degli altri ha avuto le idee chiare sulla realtà della sua creatura, e che le ha fatto fare scelte sensate. Uno che aveva previsto gli attacchi dei partiti e dei padroni ai danni dei suoi pupilli, ma credeva per sé di essere immune ai ricatti. E invece, la vita, la gioventù del figlio hanno prodotto lo scivolone in cui il prezzo delle vicende private è salito sul piatto della bilancia assieme alle strategie del bene comune.

Al centro, un migliaio di eletti che si dibatte tra l’interesse a ricevere ancora lo stipendio, e un’onestà a tutti i costi che azzererebbe in una sola tornata elettorale l’esperienza politica pentastellata. Sullo sfondo un popolo di iscritti e simpatizzanti, che rimpiange una presunta purezza di ideali e non si preoccupa della contraddittorietà inscritta già negli obiettivi originari delle stelle. Infine c’è Conte, l’outsider, a cui era stato affidato il Movimento nel difficile compito di rappresentare ai massimi livelli la volontà di milioni di elettori. Uno, che doveva salvare il M5S dalla tutela di Rousseau e dalla sua presunzione di selezionare una classe dirigente on line.

Purtroppo, dopo l’avventura di governo, a Conte è stato affidato anche il compito di dirimere le contraddizioni del Movimento. Ma qui la missione si fa ardua. Un passo avanti della ragione, due passi indietro dell’irragionevolezza. Casaleggio è andato fuori dalle balle, Grillo s’è fatto prendere la mano dai suoi videomessaggi, e qualche centinaio di notabili a 5 stelle mantiene in vita su facebook il flebile legame con la base. Un’armata alla Beresina. Le probabilità di successo dell’avvocato di Volturara Appula dipendono ormai solo da inconfessate faccende private e non dal riesame del momento politico e dalla sistemazione ideologica del Movimento. Ecco perché il successo di Conte non condurrà alla creazione di un partito rivoluzionario. Il suo successo, se ci sarà, porterà le ultime speranze del bene comune alla costituzione di un partito radicale di centro, ancora con la pretesa post-ideologica di essere né di destra né di sinistra, e che affida la sua missione politica alla questione morale, a qualche norma sul welfare e a qualcuna sull’ambiente.