SALVINI ALZA IL TIRO, GIORGETTI CON LUI: “BASTA PRIGIONIERI”. DIVISI – ORA GUERRA SUL COPRIFUOCO. M5S: “FANNO PROPAGANDA”

(di Luca De Carolis e Giacomo Salvini – Il Fatto Quotidiano) – Il governo vira verso “il rischio ragionato”, promette Mario Draghi ai microfoni, e il tono deve rassicurare. Ma fuori c’è già il rumore dello scontro tra Lega e M5S, alleati per forza. Già si intravedono le schegge della cabina di regia, dove in mattinata la maggioranza si era divisa in fronti contrapposti: da una parte il Carroccio a invocare di riaprire subito più o meno tutto, con Forza Italia e Italia Viva a sostegno, e dall’altra il Movimento, il Pd e il ministro della Salute Roberto Speranza a frenare. Una riunione in cui il primo a marcare la distanza è il capodelegazione del Carroccio, Giancarlo Giorgetti, che parla come se fosse Matteo Salvini: “Se i dati dicono che si può riaprire, perché continuare a tenere prigionieri gli italiani?”. Azzanna come da consegna proprio di Salvini, che glielo aveva raccomandato poche ore prima: “Dobbiamo spingere sulle riaperture”. Perché la Lega deve alzare il prezzo del suo sì, mostrare i muscoli e magari prepararsi la strada per staccarsi dal governo Draghi in estate, così da riprendere fiato all’opposizione.

Innanzitutto per questo, il solitamente moderato Giorgetti stavolta alza i gomiti, anche sui ristoranti: “Quelli che non hanno spazi all’aperto li lasciamo indietro?”. Così la cabina di regia si riempie di nervosismo. E a dire dritto il senso della partita provvede la forzista Mariastella Gelmini: “Presidente, la questione è politica, dobbiamo dare un segnale”. Iv, con la renziana Elena Bonetti, a quello mira. Per questo Draghi deve mediare e quindi concedere, aprendo più di quanto forse avrebbe voluto. Ma deve anche ricordare l’importanza “dell’unità” del governo e mettere paletti: “La questione non è politica, noi decidiamo e ragioniamo in base ai dati scientifici, e tu lo sai Giancarlo”. Quindi, “se si potrà mangiare solo in spazi aperti è perché all’aperto ci si contagia molto meno”.

Ecco quindi il paletto, assieme a un altro che il Carroccio voleva assolutamente scardinare, il coprifuoco alle 22. Per ora è intoccabile, innanzitutto per Speranza, che in conferenza stampa il premier tornerà a blindare: “Le critiche al ministro della Salute non erano né fondate né giustificate, ho già detto che l’ho voluto io nel governo”. Ed è un avviso anche a Salvini, che mentre Draghi e Speranza parlano, alza ancora l’asticella: “Conto che il limite delle 22 possa essere rivisto, ma non dico altro altrimenti Speranza fa sciopero”. Lì fuori però c’è Giorgia Meloni che ormai ha pronta la mozione di sfiducia contro il ministro della Salute. E allora insiste, il capo del Carroccio: “Con noi fuori dal governo sarebbe passata la linea di Speranza. Ma la Lega d’assalto non può piacere ai 5Stelle, anche loro in sofferenza nel governo Draghi. Da settimane nel torpore per i veti alle apparizioni tv di Beppe Grillo e i guai interni, non vogliono passare come quelli delle chiusure. E allora mordono il Carroccio, con il capodelegazione Stefano Patuanelli: “La pandemia non è un gioco della comunicazione con cui accaparrarsi i voti e i favori delle categorie produttive”. Punge anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà: “Chiunque voglia rivendicare risultati che sono arrivati a seguito di un lavoro collegiale non ha ascoltato con attenzione Draghi”. E va in scia la viceministra al Mise, Alessandra Todde: “Le riaperture non sono frutto della propaganda”.

D’altronde in mattinata Salvini ai suoi lo aveva detto chiaro: “Stavolta saremo irremovibili”. E il chiaro obiettivo era non lasciare altro spazio alla sua destra a Meloni che infatti, dopo la cabina di regia, attacca paragonando Draghi a Conte rispolverando il Gattopardo (“tutto cambia perché nulla cambi”) perché sono rimasti “il coprifuoco e le zone”. Certo, la Lega avrebbe voluto di più: tant’è che a riunione terminata fonti del Carroccio facevano filtrare “soddisfazione” per “la liberazione”, ma poco dopo Salvini ha abbassato i toni parlando di “vittoria del buonsenso”. Ma per ora al leader della Lega interessa neutralizzare l’assalto di Meloni. La battaglia continuerà in Consiglio dei ministri. Anche con il Pd, che però nel giorno del “rischio ragionato” tace. Lasciando che a darsele siano gli ex gialloverdi.