(Stefano Rossi) – “…coloro che fa… facevano…quelli che si chiamavano lavoretti… le ragazze e i ragazzi delle palestre, dei bar, i piccoli professionisti…”. Così Nicola Zingaretti in tv.

Nicola Zingaretti, commissariato per la gestione rifiuti dal Tar Lazio, condannato in primo e secondo grado per l’assunzione di 48 dirigenti oltre il limite di legge, che vorrebbe candidarsi a sindaco di Roma solo se la Raggi facesse un passo indietro. Eccolo, quello bravo, quello esperto, quello che risolve i problemi della Capitale.

Solo una piccola considerazione.

Quando il capitale e la finanza prendono il sopravvento sull’economia, sui lavoratori, e soprattutto sulla politica, si realizza un MOSTRO che si sostituisce alla realtà che ci si aspetta di trovare preservata nel tempo.
Un mostro che porta alla disintegrazione dei diritti, delle aspettative, all’abolizione di principi che sembravano intangibili.

Ecco che all’improvviso appaiono politici che si vergognano di dire che i lavoratori fanno, preferisce dire “facevano” e financo guardano con sospetto quelle classi lavoratrici che ancora producono e nutrono aspettative imprenditoriali.
Perché prima o poi rivendicheranno diritti e principi e questo viene percepito come un disturbo.

Il disprezzo per chi produce autonomamente nasce da una politica che non gradisce sacche autonome e liberali.
Meglio la paura del precariato, della flessibilità.  Deve resistere il dogma dell’indeterminatezza, non certo del contratto, ma della vita lavorativa.

Che vergogna! Che misere parole bieche e meschine!