(di Giacomo Salvini – Il Fatto Quotidiano) – “Che fa oggi Matteo?”. “Si è tranquillizzato?”. Bastano le mezze richieste – tutte a “scopo informativo”, ci mancherebbe – nelle chat e telefonate tra i parlamentari di Italia Viva per capire il terrore che incombe dentro il partito renziano. Il timore è sempre il solito: che Matteo strappi, vada fino in fondo, anche solo per vedere l’effetto che fa. Ché, come dicono dalle parti del senatore di Scandicci, “ormai Matteo non può più vedere Conte e a volte agisce d’impulso, senza sapere cosa succederà dopo”. Insomma, se la macchina si mette in moto senza un pilota, è difficile fermarla. Che, tradotto, significa: elezioni e Renzi e Italia Viva che scompaiono dal Parlamento. Ma soprattutto 48 deputati e senatori che non vengono rieletti. E allora, basta lo spauracchio, basta pronunciare quella parola (“elezioni”), che i peones renziani, i soldatini della prima ora sempre fedelissimi al verbo di Rignano, iniziano a irrigidirsi con il capo e a smussare gli angoli con i colleghi di maggioranza, soprattutto del Pd ma anche del M5S.Se qualcuno di loro fa sapere che “Matteo alla fine accetterà un rimpasto e la delega ai servizi”, altri iniziano a muoversi, in due direzioni. In primis, con Renzi stesso: “Matteo pensaci bene”, “Matteo riflettici” si è sentito dire più volte l’ex premier nelle ultime settimane. Ma quando deputati e senatori si sono accorti che il capo andava a dritto senza ascoltare nessuno le richieste dei più arditi sono diventate più esplicite: “Tutelaci”. Come dire: ricordati di noi che, in caso di crisi al buio, non saremmo rieletti. E allora qualcuno ha iniziato anche a tastare il terreno anche con gli ex amici del Pd per capire se ci fossero spazi di manovra per rientrare nel partito e riconquistarsi la candidatura al prossimo giro. I nomi che girano sono sempre i soliti, dall’ex segretario Pd in Sardegna Giuseppe Cucca all’ex sindaco di Cernusco sul Naviglio Eugenio Comincini, fino al fiorentino Riccardo Nencini che ha il potere di vita o di morte del gruppo di Iv in Senato visto che, senza il marchio del Psi, non sarebbe mai nato. I diretti interessati smentiscono ma Renzi sa che, in caso di sfida parlamentare con Conte, qualche pezzo potrebbe perderlo. Tant’è che, per ricompattare le truppe, nelle sue molteplici interviste l’ex premier non parla mai della compattezza dei suoi parlamentari, ma manda sempre lo stesso messaggio ai suoi: “Tutti sanno che non si andrà a votare” ha ribadito ieri al Corriere. Come dire: state tranquilli, non perderete la poltrona.

Epperò restano i sospetti, le chat sotterranee (Renzi con alcuni di loro ha interrotto le comunicazioni), le gelosie verso i fedelissimi unici ad andare in tv – vedi alla voce Faraone, Rosato, Nobili e Bellanova – fino ai pensieri più maligni, tipo che l’ex premier punti solo a una “vittoria mediatica” contro Conte e si voglia disfare appena possibile del suo partito che ormai “vede come una bad company” da usare solo per arrivare alla Nato o chissà dove.

E così, anche tra i renziani si vive alla giornata. Gli sbalzi di umore sono evidenti: un giorno il redde rationem con Conte è più vicino (e allora ricominciano le intemerate contro Renzi e gli avvicinamenti ai colleghi Pd), un altro l’accordo con il premier sembra cosa fatta (e allora “siamo tutti uniti con Matteo”). La trattativa per un Conte-ter o un rimpastino ieri faceva tornare il sereno. Ma poi, in serata, la solita, puntuale domanda: “Matteo con chi fa il matto domani?”.