La sindaca: “Avanti anche se condannata”. Tra i nomi giallorosa c’è anche Sileri. L’ipotesi che il Coronavirus faccia slittare il voto a settembre

(di Luca De Carolis – Il Fatto Quotidiano) – Non si sposta e non si sposterà. Anche se il Pd e un bel pezzo del Movimento non aspettano altro. “Continuo ad andare avanti con determinazione, cosa potrebbe farmi desistere dal ricandidarmi?”, scandisce la sindaca di Roma Virginia Raggi, intervistata a Studio 24 su Rainews. E la domanda per lei è puramente retorica: “Nel 2010 ho contribuito alla nascita del M5S, ho aperto il gruppo del mio municipio, ho contribuito al successo nazionale con la mia vittoria a Roma”. Come a dire che lei non deve niente a nessuno, casomai si sente un valore aggiunto, quindi proprio non pensa al passo di lato.

Impossibile, anche se il 14 dicembre dovessero condannarla nel processo di Appello per falso ideologico, accusa da cui è stata assolta in primo grado. “Io vado avanti, in questo momento la città ha bisogno di una guida sicura”, risponde al giornalista che le evoca Chiara Appendino, la sindaca di Torino autosospesasi dal M5S dopo la condanna in primo grado. “Io sono onesta e porto avanti provvedimenti che sono fondamentali”, chiosa Raggi.

Fuori, però, c’è il Pd che la inonda di comunicati al curaro per le dimissioni del capo dei Vigili urbani, Stefano Napoli. “La città è allo sbando”, sentenzia il segretario dem cittadino, Andrea Casu. Mentre Matteo Salvini si palesa nel parco archeologico di Centocelle. E in mezzo ai ruderi prima la insulta: “Raggi dice che il centrodestra ha aperto i campi rom? Poverina, è scema”. Poi le recapita il milionesimo avviso di sfratto: “I romani ad aprile le daranno il bye bye”. Ma il Salvini che le promette il peggio non ha un suo candidato per Roma e ascolta senza entusiasmo il Berlusconi che nelle riunioni del centrodestra insiste per Guido Bertolaso. E a oggi un nome non ce lo ha neppure il Pd guidato da un segretario romano, Nicola Zingaretti. Consapevole di non avere molto altro tempo a disposizione, perché nel suo partito ormai lo sussurrano in parecchi: “Se continua così, sarà proprio Nicola a doversi candidare”. O, se non lui, il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. E alla fine si arriva al M5S, dove il leader di fatto Luigi Di Maio ogni volta che parla di Roma gioca di doppi sensi. Tra il ministro e la sindaca è tregua formale, dopo anni di gelo. Di Maio preferirebbe altro per il Campidoglio, qualcuno scelto assieme ai dem. Ma non può dirlo, non con un congresso ancora da chiudere e con Alessandro Di Battista, a naso il più popolare tra gli iscritti, primo tifoso della sindaca. Così aspetta, tenendosi sempre buono il piano B: il sostegno a un candidato dem al ballottaggio.

Nell’attesa si torna al punto di partenza, ossia a Raggi, che ricandidandosi in agosto ha giocato d’anticipo, puntando sulla lentezza e gli imbarazzi dei partiti. “Ci ho messo la faccia, ho avuto il coraggio di dire ‘mi candido per un secondo mandato a Roma’”, ha rivendicato non a caso ieri. Ben sapendo che la voglia di correre per una poltrona scomodissima ce l’hanno in pochi. E a complicare tutto è anche il rapporto tra i giallorosa, sempre alla ricerca di un centro di gravità permanente. Per questo nel Pd e in ampie porzioni del M5S quasi si aggrappano all’ipotesi di uno slittamento delle Amministrative dalla primavera a settembre, causa Covid. Mesi in più per rendere meno urgente la soluzione del rompicapo Roma, assieme a Napoli la più rognosa delle caselle da riempire. “Un rinvio è possibile”, soffiano ambienti di governo da un po’ di tempo. Invece dalla pancia del M5S, periodicamente, riemerge una carta alternativa a Raggi, il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri: chirurgo candidato da esterno, quindi poco caratterizzato come grillino, conosciuto per le sue frequenti apparizioni in tv.

Sileri sa delle voci, qualcuno lo ha anche sondato. Ma non pare dell’idea. “A fine mandato tornerò a fare il mio mestiere”, ripete a tutti. Poi ci sarebbe la politica, come ha ricordato la settimana scorsa il deputato romano Francesco Silvestri, vicino a Di Maio. In una conference call con l’associazione Carte in regola, Silvestri ha sostenuto che il primo punto su cui ragionare per Roma “con le altre forze politiche” è una legge sui poteri speciali per la città. “E comunque noi non siamo l’Emilia-Romagna, che ha avuto le Sardine”, ha aggiunto. Ergo, non si potrà vincere giocando solo contro Salvini e le destre. E può valere anche per Raggi. Candidata, nonostante gli altri.