(Giuseppe Di Maio) – Delle rivolte sociali e politiche che nel mondo hanno seguito le crisi dei subprime, e in alcuni paesi quelli dei debiti sovrani, quella pentastellata è stata la più fortunata. In Italia i 5S si sono contrapposti al Berlusconismo e all’ignavia delle sinistre incapaci di contrastarlo. Altrove queste rivoluzioni hanno costituito il carburante per le destre, come in ogni crisi che si rispetti. Solo da noi, e col favore popolare, il Movimento ha preteso che la gente capisse che il quid della crisi fosse di natura politica, e inscritta nella deriva democratica.

Lo sconcerto dei partiti tradizionali per il successo degli “scappati di casa” è stato lungo. Ma poi, qualcuno ha capito che il loro boom era effetto delle nuove tecnologie a disposizione degli elettori. E, dopo le voci di censura sorte con i governi Letta e Renzi, si capì che il futuro della comunicazione politica stava nei socials e nei giornali cartacei e nei programmi televisivi che costruivano materiale partigiano per le news da rimandare sul web. Ricordo qualche anno fa il titolo di un giornale del forcone a 4 rebbi milanese: Berlusconi scende nel web e lo conquista. Era ovvio che la “notizia” era diretta ad un pubblico che non usava i socials, e che poteva al massimo immaginare Silvio come una Madonna che andava al Purgatorio.

“Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci.” La nuova legge elettorale non poté impedire il governo degli onesti. Nonostante i partiti tradizionali avessero disseminato di pseudo-scandali l’ascesa del Movimento, il popolo continuava a credere in loro. Le elezioni del marzo del 2018 si svolsero quando il sistema stava passando dalla totale incapacità a combattere la fortuna del M5S, al furto dei temi e dei mezzi per conquistarsi l’elettorato. Il dibattito che si aprì allora nei 5S fu tra coloro che volevano accettare la sfida a governare imposta dai partiti, e quelli che auspicavano una violenta dimostrazione dello stabile inciucio  tra destra e sinistra rinunciando al governo. Ciò che seguì fu una via di mezzo. Da un lato cercarono un partner di governo, ma dalla parte dell’informazione lasciarono ogni cosa alla cogestione destra/sinistra, con un’incomprensibile desistenza a governare la divulgazione politica che aveva generato la loro egemonia.

Avere la maggioranza e rinunciare al potere fu un regalo inaspettato per i nemici. I paradigmi delle opposizioni furono sempre più fantasiosi, e le analisi dei grillini per smascherarli sempre più difficili da spiegare alla gente. Ormai era finito il feeling col popolo. L’onestà e lo sforzo per districarsi nel mare delle trappole dei nemici, non interessavano più nessuno. Ogni fonte d’informazione e ogni voce contraria nelle istituzioni ridicolizzava l’operato del M5S. “State sul cazzo a tutti”, mi dice un parente di destra. Lo scandalo non è più l’arresto dei corrotti, ma le parole e i gesti dei 5S nelle sedi istituzionali. Una per tutte, l’esultanza di Toninelli col pugno alzato dopo il decreto Genova. La tempesta di riprovazioni su una cosa di nessun conto (avevano già dimenticato il pesce in aula di Bonanno o il bella ciao dei piddini) era surreale. La Casellati peggio di una Boldrini teneva il sacco aperto al suo partito, mentre Anna Maria Bernini s’inventava un’invettiva lunare.

Non avevano più pudore. Chi è incapace di usare la mazza che il popolo gli ha consegnato non fa paura a nessuno. E se crede che la società italiana si cambi a forza di leggi e riforme, è un illuso. Gli italiani o i cittadini di un paese qualsiasi si governano con nuovi sogni, non con nuove regole. Ed è continuata così. Fino a ieri, quando l’ottimo Endrizzi è stato subissato dagli insulti del centrodestra e della Casellati (sempre lei, l’ingobbita fans della famiglia Mubarak), che blaterava di oltraggio ai defunti solo perché l’argomento era la sanità calabrese. Purtroppo non finirà qui, e si spalancherà un futuro di proteste sempre più irrazionali contro il Movimento. Perché prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci. Ma poi ti combattono, poi ti deridono, poi t’ignorano. E poi, hai perso.