(di Luca De Carolis e Wanda Marra – Il Fatto Quotidiano) – Stanno provando a circondare Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio a cui il capogruppo del Pd in Senato chiede di cambiare qualche ministro, al quale il leader di fatto del M5S Luigi Di Maio consiglia di “ascoltare le piazze”, su cui piovono perfino brutti veleni via social: “Dicono che abbia la tosse”. Falsità, colpi sotto la cintura. “Si muovono strane cose attorno a Conte, è vero” conferma un 5Stelle di governo. Un tramestio trasversale che ha innanzitutto l’obiettivo di convincerlo a essere “meno solo al comando”, quindi ad aprire alla maggioranza e un po’ anche al centrodestra. Favorendo tavoli, consultazioni, cabine di regia. Ma magari tutto questo mira solo a tirarlo giù. Conte lo sa, avverte gli spifferi. Così intervenendo alla Camera per l’informativa sul Dpcm, cita l’appello all’unità di Sergio Mattarella, e insiste su quella scia: “È davvero il momento di restare uniti, tanto più per le sofferenze economiche, i disagi psicologici e la rabbia di tantissimi cittadini”. Vorrebbe essere un segnale anche alle opposizioni, che in giornata incassano anche il voto sulle risoluzioni alla Camera per il 4 novembre, quando Conte riferirà sulla situazione sanitaria ed economica.

Però la tensione esplode, soprattutto nel Pd. Nel suo intervento in Senato, il capogruppo Marcucci scandisce: “I singoli ministri sono adeguati all’emergenza che stiamo vivendo? Questo governo deve andare avanti e deve avere le migliori donne e uomini che possono salvare nostro paese. E poi serve la verifica della tenuta della maggioranza”. Seguono momenti di caos e di disorientamento: Marcucci parla a nome di tutto il Pd? Sta aprendo una crisi di governo, come subito commenta Forza Italia? Conte riceve rassicurazioni ufficiose dai dem: “Marcucci ha parlato a titolo personale”. È lo stesso premier a dirlo ai 5Stelle, sorpresi. E in serata fonti di governo raccontano di una telefonata tra Conte e il segretario dem Nicola Zingaretti, che gli ribadisce il no al rimpasto. Mentre anche pubblicamente rinnova il sostegno al governo. Interviene pure il vice capogruppo dem, Franco Mirabelli, uomo di fiducia di Dario Franceschini, a precisare: “In una fase tanto grave per il Paese, parlare di rimpasti appare una cosa fuori dal mondo”.

Ma l’uscita di Marcucci non è così peregrina e isolata. Prima dell’intervento di Conte c’era stata una riunione del gruppo, nella quale lui aveva rigorosamente omesso la questione del cambio dei ministri. Però erano piovute critiche al governo, negli interventi di Luigi Zanda, Francesco Verducci, Valeria Fedeli e Dario Stefàno. E tutti, nel Pd, dal segretario in giù vogliono una verifica di governo, che porti a un patto di legislatura. Il punto è che Marcucci confonde le acque in un gruppo dem frammentato, in cui Base Riformista, la corrente che fa capo a Lorenzo Guerini, cerca di mantenere gli equilibri. E se un senatore vicino a Zingaretti rimarca la fedeltà a Renzi del capogruppo (“A Palazzo Madama Iv ha due capigruppo, il Pd nessuno”), c’è chi racconta di avergli sentito esprimere critiche nei confronti dell’ex premier. D’altronde non è certo il solo a volere un rimpasto. A porre il tema di una squadra più adeguata alla situazione sono stati, in modi diversi, Andrea Orlando e Graziano Delrio. Ma oggi c’è chi ragiona sulla possibilità di un altro governo, Franceschini in testa. Mentre i guai dell’esecutivo si dilatano.

Ieri a finire nel tritacarne è stata il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, attaccata dal centrodestra perché l’attentatore di Nizza sarebbe sbarcato a Lampedusa. Tanto che Salvini ne chiede le dimissioni, insieme a quelle di Conte. La ascolterà il Copasir. Potrebbe diventare indifendibile per la sua stessa maggioranza. Anche se da Chigi per ora la blindano. “Lampedusa è l’avamposto d’Europa, non sarebbe la prima volta che dei terroristi transitano da lì” sostiene una fonte di governo. Però il clima resta fosco. “In qualche settimana o si fa il Conte 3 o arriva Draghi” è il ragionamento diffuso. Non a caso, diversi 5Stelle compulsano i colleghi dem. “Ci dicono che la situazione è pesante, e che così si rischia di finire davvero dentro un governo di unità nazionale” racconta preoccupato un grillino di rango.Ma nel M5S sono rimasti colpiti anche dalla lettera di Di Maio a Repubblica, in cui il ministro chiede “responsabilità e senso istituzionale” a tutta la maggioranza ed esorta il governo “ad ascoltare le piazze, un segnale che non va trascurato”. E pare un avviso a Conte. Del resto ieri, sempre su Repubblica, c’era Renzi a picchiare duro sull’esecutivo. Incroci.