NIENTE ACCORDO. DOPO L’APPELLO DEL “FATTO”, IL M5S SPINGE, MA GLI ALLEATI NON VOGLIONO. TRA I DEM IL PRESSING DEI “PADRI NOBILI” PRO MAGGIORITARIO

(di Giacomo Salvini – Il Fatto Quotidiano) – “Sarà un lungo lavoro di ricamo…”, sbuffa Giuseppe Brescia, presidente della Commissione Affari costituzionali del M5S diventato il padrino politico della futura legge elettorale. E dietro le sue parole si cela l’amarezza dei tempi che, inevitabilmente, si allungheranno. Il punto è sempre lo stesso: manca l’accordo politico nella maggioranza. Ché dal punto di vista tecnico il testo base della legge proporzionale con soglia di sbarramento al 5% approvato il 10 settembre in Commissione alla Camera sarebbe già potuto arrivare in aula lunedì. E invece no, perché Italia Viva e LeU si sono astenuti in disaccordo su diritto di tribuna e soglia di sbarramento. Nel frattempo, dopo la vittoria alle Regionali, nel Pd sta tornando la voglia del maggioritario che potrebbe rimettere in discussione l’accordo politico raggiunto a fine anno dai giallorosa.

Sicché, i tempi si allungano, col rischio di arrivare addirittura al 2021: fino a metà ottobre la Affari costituzionali è impegnata a discutere i “correttivi Fornaro” – il superamento della base regionale del Senato e il riequilibrio dei delegati per eleggere il presidente della Repubblica – e poi restano due settimane per votare la legge in Aula prima che si apra, a inizio novembre, la sessione di Bilancio che impegnerà i deputati fino a fine anno. Una corsa contro il tempo. Il relatore del Pd Emanuele Fiano però è ottimista: “Entro inizio novembre si può votare”. Ma qui si arriva al secondo problema: l’ accordo politico che non c’è. Sì, perché nella maggioranza i partiti vanno in ordine sparso. In primis, c’è da sbrogliare la matassa della soglia di sbarramento, troppo alta per la sinistra (la soluzione potrebbe essere il 4%) mentre Iv lega l’appoggio del proporzionale all’approvazione di correttivi alla tedesca. E su questo tema il Pd presenterà una proposta sul superamento del bicameralismo perfetto e la sfiducia costruttiva, su cui sono d’accordo anche i 5Stelle. Ma sul superamento del bicameralismo il M5S non ci sta e si resta agli annunci.

Tornando alla legge elettorale, il vero nodo che agita la maggioranza sono le preferenze: il M5S spinge per introdurle (“Permetterebbero di rinsaldare il rapporto tra cittadini ed elettori” dice la capogruppo in Commissione alla Camera, Vittoria Baldino), ma il Pd nicchia. “No comment, stiamo discutendo” fanno sapere dal Nazareno. Sia perché molti temono il ritorno alla Prima Repubblica (corruzione e costi della campagna elettorale), sia perché tra i dem sta crescendo la voglia di maggioritario.

Contro Zingaretti, che insiste sul proporzionale, è in atto una manovra a tenaglia: da una parte i padri nobili – Romano Prodi, Walter Veltroni e da ieri anche Enrico Letta (“Sono un tifoso del Mattarellum” ha detto a La Stampa) – che chiedono di non tornare al proporzionale in memoria della “vocazione maggioritaria” del Pd, e dall’altra la minoranza – a partire dagli ex renziani – che ha votato No al referendum. Fiano prova ad allontanare i dissidi senza smentire la voglia di maggioritario: “Il testo è quello che abbiamo approvato in Commissione e su cui c’è accordo politico – dice al Fatto –. Se poi arriveranno proposte di correttivi in senso maggioritario, ben vengano”. Come dire: la partita non è ancora chiusa.