Gli interessi del gruppo. I buoni rapporti con gli editori.

(di Lorenzo Giarelli – Il Fatto Quotidiano) – Il Ponte Morandi è crollato il 14 agosto del 2018. Il giorno dopo, il nome della famiglia Benetton non comparve neanche una volta sulle 11 pagine di Repubblica dedicate alla tragedia, mentre sul Corriere della Sera l’unica menzione fu in un trafiletto a proposito del tonfo in borsa di Atlantia.
Uno schema che rispecchiava su carta quanto (non) mostrato in tv da Tg1 e Tg5, che nelle edizioni serali del 14 agosto non fecero mai menzione della famiglia veneta. Due anni più tardi, a ridosso della revoca, il dibattito politico e giornalistico non può più fare a meno di palesare i protagonisti della storia, ma restano parecchie scorie di quel cortocircuito informativo.
Dal crollo a oggi. Durante tutta la trattativa sulla revoca, l’atteggiamento dell’opinione pubblica – grandi giornali in testa – è stato piuttosto indulgente nei confronti dei Benetton, mentre si paventavano per lo Stato scenari nefasti nel caso avesse proseguito la battaglia sulla concessione. Non a caso, meno di un mese dopo il crollo, Gilberto Benetton affidò le proprie confessioni al Corriere, giustificando il fatto che nessuno della famiglia avesse aperto bocca nelle 48 ore successive al disastro (mentre però organizzavano una grigliata a Cortina) perché “dalle nostre parti il silenzio è segno di rispetto”.
È la stessa intervista in cui la gestione della rete autostradale, con introiti miliardari e concessioni decennali, veniva fatta passare per un insostenibile peso di cui i Benetton si facevano carico, come cirenei, per tutti noi: “Avremmo potuto fermarci tempo fa, goderci la vita con quello che avevamo creato. Invece siamo ancora qui, coinvolti nel lavoro a tempo pieno”.
Non stupiscono allora i toni con cui il Corriere ieri ha raccontato gli ultimi aggiornamenti. Il colpo d’occhio fa già molto. Primo titolo: “Autostrade, rebus revoca. Spunta ipotesi commissario”. Come dire che è tutto in alto mare. Sotto, parla Ettore Rosato di Iv: “Sarebbe un boomerang. Il conto sarà pagato dagli italiani”. Si gira pagina e c’è il governatore della Liguria Giovanni Toti: “Ma poi chi gestirà la rete?”.
Su Repubblica, restando in tema, ieri ci si preoccupava del destino dei concessionari: “I Benetton si sentono accerchiati: ‘Sempre rispettato le istituzioni’”. Lunedì invece, tanto per dare l’idea, sulla questione si titolava così: “Già pronto il decreto per la revoca, costerà miliardi”.
Antichi legami. Oggi i Benetton non hanno quote in nessun quotidiano, eppure il legame tra la famiglia e l’editoria è da sempre ben radicato e prosegue in altre forme. Autostrade per l’Italia, per esempio, è stato partner fino all’ultima edizione del Giro d’Italia, dunque Rcs (Corriere della Sera, Urbano Cairo), organizzando traguardi intermedi, premi e pedalate amatoriali per gli appassionati.
Allo stesso modo, per anni Atlantia ha finanziato la Repubblica delle Idee, il festival del quotidiano che ospita dibattiti e interviste. Al momento del crollo del ponte Morandi, peraltro, la vicepresidente del gruppo Gedi (Repubblica, Stampa, l’Espresso ecc.) era Monica Mondardini, la stessa che nel frattempo era consigliere indipendente nel cda di Atlantia.
Per non dire di Sabino Cassese, che nel cda di Autostrade è stato dal 2000 al 2005 (guadagnandone 700 mila euro secondo un’inchiesta de La Verità) e che negli ultimi due anni ha riempito pagine di giornali di buoni motivi – secondo lui – per non revocare la concessione: “è una sproporzione”; “un paradosso”; “uno stato senza tecnici come può gestire le autostrade?”; “nelle autostrade è stato investito dai privati più che in altri Paesi”.
Ma anche il rapporto tra i Benetton e le tv non è da meno. Insieme a Sky, Autostrade ha prodotto Sei in un Paese meraviglioso, programma arrivato alla quinta stagione. Con Mediaset i Benetton sono invece stati soci, attraverso la società 21 Investimenti, nell’operazione dei multisala The Space, la catena creata nel 2009 e rivenduta cinque anni dopo a oltre 100 milioni.
Piovono milioni. Tutto questo mentre la famiglia dei maglioncini teneva ben presente l’importanza della pubblicità su giornali e tv. Per avere un ordine di grandezza, si consideri che nel 2016 United Colors of Benetton dichiarò di aver investito 60 milioni in campagne promozionali, a cui poi si aggiungono quelli spesi dalle altre società del gruppo. Autostrade, per esempio, nell’ultimo bilancio disponibile online dichiara costi per 7 milioni e mezzo per pubblicità – non solo sui media –, in crescita rispetto ai 4,4 milioni del 2018. Un cliente niente male per gli editori.
“…Autostrade, per esempio, nell’ultimo bilancio disponibile online dichiara costi per 7 milioni e mezzo per pubblicità – non solo sui media –, in crescita rispetto ai 4,4 milioni del 2018. Un cliente niente male per gli editori…”!
si possono definire tangenti e mazzette legalizzate? perché se non si può, non lo faccio… non vorrei essere bannato…!
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@tonino b
Si può, si può!
Non crederai mica di essere il primo a dire e scrivere un’ovvietà del genere?
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@pieeroiula,
grazie per la concessione…!
sono commossso…!!!
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Propio adesso su Rai news 24 sulla tragedia del Ponte. …Un dossier dove appunto come dice il giornalista la famiglia Benetton non viene menzionata. …
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E oggi come è andata a finire?Chi me lo dice?
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