
(di Daniela Ranieri – Il Fatto Quotidiano) – Il contesto è notevole, un’apoteosi semiotica: in un ristorante, a fine pasto, si tiene la conferenza stampa dei vertici leghisti, in merito alle morti di tre neonati per un’infezione batterica all’ospedale di Borgo Trento a Verona. Dopo l’amaro e il caffè, parla Zaia: “È doveroso mettere in sicurezza i bimbi e l’ospedale”; accanto a lui, attavolato, Salvini s’infila in bocca una, due, dieci ciliegie arraffadole da un contenitore di plastica. “Non riusciremo più a dare la vita a quei bimbi e ai bimbi che si sono ammalati”, dice grave Zaia, e Salvini sgraffigna altre ciliegie dalla bagnarola, si sgargarozza, sputa il nocciolo nel pugno e così via.
Lo schema è noto: Salvini fa una cosa esteticamente e/o eticamente discutibile; le persone beneducate si indignano; lui ritrova il suo ubi consistam ergendosi a vittima dell’egemonia dei radical chic che mangiano solo zenzero e quinoa, si mettono la mascherina, non vanno negli stabilimenti ecc., tra gli applausi dello stampume di destra per cui la cafonaggine è virile naturalezza.
“Non posso mangiare ciliegie?”, direbbe questo attore della commedia all’italiana davanti alle critiche dei benpensanti. Però qui l’ingordaggine rivela l’uomo più che il politico: il pensiero di neonati morti o con danni neurologici farebbe passare a chiunque non tanto la voglia di far propaganda ruspantista, quanto l’appetito. A Salvini no. A Salvini viene. Dici “neonati morti” e gli si apre lo stomaco. Dal che consegue che quando è a casa, tra i suoi, è esattamente come quand’è sotto i riflettori: non ha filtri, l’unico filtro essendo, ad avercelo, un senso di decenza interno che procrastinerebbe gli istinti. Per lui la politica è quella cosa che accade tra un borborigmo e l’altro. Però ecco, almeno alla fine non ha ruttato.
La scena in effetti dice molto sulla persona.
Affronta le tensioni mangiando, bulimico.
Allo stesso modo che a tavola in politica poi è normale che tenti di mangiarsi qualsiasi cosa gli piace, Fregandosene delle regole e delle circostanze.
Un bimbone non cresciuto e con problemi di carattere, scelto dalla propaganda come testimonial, dopo che avevano mollato l’altro Matteo, e quindi esaltato e gonfiato a dovere, ma ora mollato a sua volta per il nuovo volto su cui investe la propaganda: la meloni (scemo e più scemo e più scema).
La sua fine è già scritta, come quella di renzi, anche se loro, che a forza di essere ingiustificatamente esaltati hanno finito per credersi davvero grand’uomini, ancora non se ne sono accorti.
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“E, come avvien quand’uno è riscaldato, che le ferite per allor non sente, così colui, del colpo non accorto, andava combattendo
ed era morto.” M.M. Boiardo
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