(Giuseppe Di Maio) – In America, George Perry Floyd è stato ucciso per soffocamento da uno dei quattro agenti di polizia che hanno eseguito il suo arresto. Gli altri stavano a guardare. La crudeltà e l’assurdità della sua morte ha scatenato proteste in tutto il mondo. Tuttora continuano gli scontri, le repressioni della polizia, le manifestazioni contro il governo.

Il razzismo è l’insieme di comportamenti e di misure reali che una parte della popolazione pratica nei confronti di un’altra per attenuare i pericoli di una completa competizione sociale, civile e politica. L’abitudine a seguire certi atteggiamenti viene da una doppia morale con la quale si regola la propria condotta a seconda di chi ci si trova di fronte. In questa morale, identici peccati e abusi trovano una forma aggravata e una affievolita, conforme al soggetto che li subisce.

Senza dubbio l’America attraversa una crisi profonda. E senza dubbio oggi sono in crisi tutti i paesi che hanno giovato dell’importazione di mano d’opera, promettendo la completa integrazione nel corpo sociale predicato a modello. Il celebrato “sogno americano”, che ha avuto la sua massima fortuna negli anni ’50 durante il rapporto più basso tra Capitale/Reddito, oggi avverte una crisi senza rimedio. In fin dei conti, quel sogno è stato solo il più fortunato esempio di pensiero unico sul pianeta.

Ciò che gli americani hanno sviluppato realmente e a scapito del loro sogno, è stata una società iniqua e razzista, dove il trucco ha prodotto una grave disuguaglianza proprio nel paese che predica le mille opportunità. E’ inevitabile perciò che il modello americano sia soggetto a continue eversioni da parte della popolazione più maltrattata dalla differenza politica e sociale. E’ inevitabile che, a tutela di quest’ordine, sia stata creata una forza di polizia famosa nel mondo occidentale per i suoi eccessi nella tutela della “legge” e dell’ordine pubblico.

Con l’arruolamento e la preparazione richiesta agli agenti di polizia americana, si è dato forma a un vero esercito privato con missione ondivaga, spesso legata alla politica locale e al servizio indiscusso della plutocrazia. Gli interessi delle lobbies delle armi hanno fabbricato una società che si difende a mano armata dagli attacchi dei nemici. E agli agenti è concesso d’interpretare in modo arbitrario la propria missione, intenti più a servire gli interessi delle maggioranze che la legge.

Trump, asserragliato nel suo bunker, assomiglia ai presidenti repubblicani degli anni ’20, e il popolo a cui si rivolge insegue disperatamente una riedizione del periodo economico più favorevole della sua storia. Contro di lui si è levato il mondo democratico e conservatore, che ha cominciato persino ad inginocchiarsi per diventare egemone durante il periodo di reazione morale nella società civile. Ma l’ipocrisia di questo mondo lesto a dimenticare non consentirà di creare un corpo di polizia al servizio del cittadino, di proibire l’uso delle armi, di edificare una società che intercetti e attenui la contraddizione razziale.

Anche in Italia conosciamo gli eccessi della polizia. Uva, Cucchi, Aldrovandi e tanti altri, ci dicono che i nostri agenti sono stati selezionati come e peggio dei loro colleghi americani, che il sistema di sicurezza che abbiamo creato agisce troppo spesso in proprio. Ci dice che il potere concede ai suoi bravi di compiere più di qualche angheria e di farla franca. E ci dice che il padrone della forza pubblica non è il popolo, verso il quale invece dovrebbe essere al servizio. L’alto indice di criminalità tra le forze di polizia e nella magistratura, non è solo il segno di una dilagante corruzione, ma la prova inquietante di uno Stato nemico dell’interesse generale e della democrazia. E’ il segno della mancanza di corrispondenza tra la volontà del popolo e il suo bene.