(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – Dentro la destra idiota (i Pappalardi). In uscita la destra della cassa (Berlusconi). Rintronata la destra forza virus (Salvini). Dispersa la destra in mascherina (Meloni). La piazza del 2 giugno ci consegna l’istantanea di un’opposizione accaldata, incosciente, confusa, incasinata, dove ognuno fa come gli pare.

Per niente una buona notizia per la festeggiata Repubblica che (forse) fuori dalla malattia, ma di fronte a un futuro economico horror, non può davvero permettersi di consegnare la quasi metà dell’elettorato alla strategia ultras dello sbando, dell’insulto, del tanto peggio tanto meglio. Perché davanti ai sacrosanti appelli all’unità del presidente Mattarella abbiamo un governo con tutti i limiti di questo mondo ma che, sulle scelte di fondo, quando guarda al fronte opposto non sa con chi diavolo parlare e soprattutto di cosa.

Prendiamo gli aiuti promessi dall’Ue. Domenica 31 maggio: Confindustria e altre otto sigle (tra cui Abi, Confapi, Confagricoltura, Coldiretti) esortano il governo “a utilizzare fin da subito tutte le risorse e gli strumenti che l’Europa ha già messo a disposizione”, a partire dai fondi del Mes. La sera, ospite dell’ Arena, a domanda di Massimo Giletti sull’utilizzo del Mes – quello richiesto dalle “forze produttive” tanto amiche della Lega – Matteo Salvini risponde che “sarebbe un debito sulle spalle dei nostri figli”, e propone invece “un’emissione straordinaria di buoni tesoro” (mah). Quanto al Recovery Fund dice: “Dei signori di Berlino e Bruxelles non mi fido”. Martedi 2 giugno, in un’intervista a Repubblica, la leader di FdI, Giorgia Meloni dichiara: “Io sono sempre stata favorevole al Recovery Fund”. Insomma, lei un po’ si fida. “Resta da capire quando quei miliardi arriveranno e a quali condizioni”. Ieri, 3 giugno, in una lettera al Corriere della Sera, inneggiante alla “concordia per risollevarci tutti insieme”, Silvio Berlusconi va diritto al sodo. E propone un “grande piano per la ricostruzione”, utilizzando l’annunciata montagna di quattrini europei: “dal Recovery Fund al Mes”. L’uomo degli affari che sente il profumo dei miliardi sonanti, di grandi, anzi grandissime opere, di sontuosi appalti, di strepitosi investimenti sulle infrastrutture, non vede l’ora di “sedersi a un tavolo con le forze vive per un progetto comune”. Ai drink ci pensa lui.

Nella calca urlante della destra in cerca d’autore, Berlusconi è sempre il solito Berlusconi, quello che dai finti tavolini istituzionali, ai veri patti del Nazareno non perde mai di vista il suo conquibus, il profitto, la ciccia, la robba. Uno con le idee chiare, non come quel Bonomi messo in Confindustria a fare il palo e che ha già rovinato con un paio di battute del piffero i rapporti con Gualtieri, il ministro che tiene i cordoni della borsa. Quanto al partito dell’ex Cavaliere, anche se ormai vale un pugno di voti, sembra perfetto per tenere il piede in due staffe. La seconda staffa, martedì, era il povero Tajani mandato allo sbaraglio a rischio starnuti. Ma sempre più utile alla causa di quei due, a rischio colpi di sole e interessati solo a togliersi i voti l’una all’altro.