(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – La prima volta che conobbi Piercamillo Davigo era il 1997: presentavamo a Milano il mio libro-intervista al procuratore aggiunto di Torino Marcello Maddalena Meno grazia, più giustizia, a cui aveva scritto la prefazione. Era ancora pm del pool Mani Pulite. Il suo intervento fu uno show di battute taglienti e aforismi fulminanti, come quelli a cui poi assistetti negli anni successivi in tanti convegni e dibattiti insieme. La frase che più mi colpì illuminava la differenza fra responsabilità penale e responsabilità politico-morale: la prima la appura la magistratura, nei modi, nei tempi (biblici) e nei limiti previsti dalla legge; la seconda la accerta chiunque legga le carte giudiziarie, quando emergono fatti incontrovertibili (confessioni, intercettazioni, filmati, documenti, testimonianze oculari) che dimostrano una condotta sconveniente e consentono di farsi subito un’idea sulla correttezza o meno dell’autore. Che, se è un pubblico ufficiale, deve adempiere le sue funzioni “con disciplina e onore” (art. 54 della Costituzione), può essere tranquillamente dimissionato su due piedi, senza attendere la sentenza definitiva. Per spiegare questa fondamentale differenza, Davigo se ne uscì con uno dei suoi cavalli di battaglia: “Se vedo il mio vicino uscire da casa mia con la mia argenteria in tasca, non aspetto la condanna in Cassazione per smettere di invitarlo a cena. E non lo invito più nemmeno se poi lo assolvono. Non è giustizialismo: è prudenza”.

Non so quante volte, in questi 23 anni, gliel’ho sentito ripetere: la gente sorrideva, rifletteva, capiva e conveniva con lui. Tranne, ovviamente, i ladri e gli amici dei ladri, che con l’argenteria altrui ci campano. L’altra sera l’ha ridetto a Piazzapulita ed è scoppiato il putiferio. Politici e commentatori, anche incensurati, hanno cominciato a stracciarsi le vesti, come se la traduzione in italiano dell’art. 54 della Costituzione fosse diventata una bestemmia. E non solo per i ladri e i loro compari. La vera notizia è proprio questa: non la (stravecchia) battuta di Davigo, ma le reazioni, che cambiano a seconda dei tempi. Una volta facevano incazzare B. e i suoi numerosi pali, ora fanno incazzare anche la cosiddetta sinistra. Infatti, a menare scandalo, ha cominciato Repubblica, che fino all’altroieri ospitava fior di interviste a Davigo con risposte come quella e non batteva ciglio perché condivideva con lui il massimo rigore sulla questione morale (ben diversa e più ampia di quella penale). Ora invece le trova improvvisamente scandalose, al punto di squalificarle come “giustizialiste” e addirittura di pubblicare una sfilza di insulti al giudice scagliati sui social dai soliti conigli da tastiera.
Seguono le fesserie dei politici, a partire dal capogruppo Pd al Senato Andrea Marcucci: “Per Davigo la civiltà giuridica sancita dalla nostra Costituzione è carta straccia. Quanto ha detto ieri sera in tv il magistrato, fa tremare le vene dei polsi”. A parte la virgola sbagliata e la citazione sbagliata dell’incolpevole Dante Alighieri (“… ella mi fa tremar le vene e i polsi…”: Divina Commedia, Inferno), il giureconsulto della Garfagnana non capisce o finge di non capire che la Costituzione non dice da nessuna parte che il giudizio politico-morale su un pubblico ufficiale sia riservato alle sentenze. Dice soltanto che nessuno, per la legge, è penalmente colpevole fino a condanna definitiva. Dopodiché, per fare un altro esempio, nessuno sarebbe così incosciente da affidare i propri bambini a un vicino di casa imputato per pedofilia perché non ha condanne: nel dubbio, chiunque abbia un minimo di prudenza li affida a qualcun altro. Poteva mancare, nel festival della scemenza, il contributo dell’Innominabile? Non poteva: “Per i giustizialisti basta la condanna mediatica. Aspettare le sentenze non è un errore: si chiama civiltà. E Davigo fa paura”. Quindi, per dire, sospendere dall’insegnamento un professore imputato di stupro o levare dalla cassa di una banca un impiegato indagato per rapina sarebbe giustizialismo e condanna mediatica, mentre lasciarli al loro posto (per dar loro un’altra chance) sarebbe civiltà. Basta domandare in giro al primo che passa: “Le fa più paura Davigo che consiglia di cacciare quelli che vengono fotografati o intercettati a rubare, o chi li lascia al loro posto?”. E godersi la risposta, casomai non bastassero i sondaggi che danno l’Innominabile all’1,5% (mentre, quando diceva le stesse cose di Davigo chiedendo le dimissioni di ministri “solo” indagati come Idem e De Girolamo, o neppure inquisiti tipo Alfano e Cancellieri, prima che finissero nei guai i suoi fidi e agli arresti i suoi genitori, era giunto al 40,8%).
Il bello è che questi fresconi cianciano di “primato della politica” e poi delegano ai magistrati le decisioni politiche che potrebbero assumere in proprio, e in anticipo. Ma è proprio questo che i vecchi politici non sopportano in Davigo: che smascheri davanti a tutti, con esempi di vita quotidiana, le loro pretese impunitarie classiste e castali. Lorsignori non inviterebbero mai a cena chi li ha derubati, né affiderebbero i loro bambini a un indagato per pedofilia e strillerebbero come aquile se il prof delle loro figlie fosse imputato per stupro. Ma per mazzette, intrallazzi, mafierie e altre specialità della casa, le regole di quotidiana prudenza e precauzione diventano orrore: perché lì l’argenteria non è la loro, ma la nostra.
io non capisco come fanno nostri connazionali a votare dei LADRI,
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Perchè sono collusi se non ladri anch’essi.
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@paolo diamante Roma.
Ma no! Non occorre essere ladri o complici dei ladri per votare dei ladri!
Basta la pura e semplice imbecillità!
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Secondo me invece è molto semplice: purtroppo gran parte degli italiani (non avete un amico o un parente onesto e abbastanza intelligente, almeno in altri ambiti, che vota un partito della casta?) si informa in tv, e in tv non te lo dicono che sono sostanzialmente dei ladri e dei venduti.
Controlli la tv e controlli il paese.
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Forse perché tutti ladri nessuno ladro
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Esemplare!
E’ semplicemente scandaloso che i soliti potentati abbiano la sfacciataggine di polemizzare di fronte ad una banalissima, sia pure molto efficace, reiterata (mille volte!) metafora del magistrato Davigo che ha l’unico vero torto di essere un abile comunicatore: cioè di riuscire a far capire su due piedi anche alla massaia di Voghera le nefandezze di cui la solita oligarchia rivendica il diritto di continuare a macchiarsi nell’assoluta impunità.
Che il PD (Marcucci è capogruppo al Senato, non un anonimo peone della canea renziana) rilanci questa polemica insieme a Repubblica ormai non dovrebbe meravigliare più nessuno: sappiamo benissimo di che pasta sono fatti.
Il vero dramma della politica italiana è che ci siano ancora così tanti benpensanti che per tradizione, per opportunismo, per pigrizia, per contiguità di affari, per convenienza personale, abbiano ancora lo stomaco di votarlo; ed ancora troppi lettori che corrano in edicola ad acquistare quel quotidiano.
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Pausylipon concordo, facile avere stomaco quando ci sono lauti stipendi dietro…., la terra chiama, ma tutti assenti
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Articolo impeccabile.
È bello ritrovarti direttore, speriamo siano finite le supercazzole in difesa di Bonafede anche laddove è indifendibile.
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L’italiano medio si identifica col politico (singolo) che ruba e non con la collettività.
Perché lui al suo posto farebbe altrettanto.
Perché nel suo piccolo ruba anche lui.
Perché in un sistema clientelare e burocratico e vessatorio per le imprese (ma solo di quelle che non fanno parte del giro) l’unica alternativa che ti rimane è leccare il culo a qualche politico per ottenere un posto di lavoro.
E la mole di coloro che devono (o ambiscono ad avere) riconoscenza al politico di turno, è altissima!
Il nocciolo del problema è sottrarre il lavoro da una logica clientelare.
E per farlo servono le IMPRESE.
La corruzione politica si ridolve consentendo alle persone di poter vivere del proprio lavoro SENZA BENEVOLENZE DELLA POLITICA.
Non basta la repressione, serve di più.
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Personaggio tutto d’un pezzo, inossidabile e scomodo per certa politica e anche per certi personaggi della magistratura, Piercamillo Davigo rappresenta un fulgido esempio di “Uomo” per tutti noi; il suo dire, le sue metafore anche se ripetute, non finiranno mai di stancarci mentre per altri di dubbia moralità e trasparenza risultano ossessive e non ricevibili, irritando i gangli scoperti del loro fare malavitoso o connivente ad esso. Ottimo il primo attore Davigo, superba la regia di Travaglio, miserabili le mezze figure garantiste delle proprie e delle altrui nefandezze, una platea attenta e competente. Dott. Paolo Caruso
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Beh Marcucci si sta portando avanti per il conflito di interessi che riguarda la sua società di famiglia.
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Davigo ha perfettamente e sempre RAGIONE.
Ho lavorato 38 anni in una azienda privata, spesso qualche dipendente è mancato ai suoi doveri e sono fioccati i normali e dovuti provvedimenti disciplinari, ma è anche, purtroppo, capitato che qualche dipendente abbia rubato. Ecco, lì è partito il licenziamento in tronco. E anche se io sono stato un dipendente ho sempre trovato giusto che chi sbaglia paga.
E DAVIGO HA SEMPRE RAGGIONE! (raggione con due g)
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Se un fulmine li colpisse nell’istante del giuramento non dovremmo aspettare i terzo grado di giudizio.
Impossibile, si è vero ma è anche vero che la vita è una legge di compensazione.
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Amici sono uno che pensa che Travaglio sia il migliore dei migliori, un genio assoluto, un giornalista di una cultura e intelligenza superiori, insomma davvero stravedo per lui.
Però…. sulla giustizia.
Ho un mio amico ingiustamente (da metterci la mano sul fuoco) sotto processo, tra l’altro per un reato abominevole (ripeto inesistente, il mio amico è addirittura vittima di un complotto in attesa di una giudizio lungo a concludersi). E allora senza dilungarmi, per continuare sulla metafora di Davigo la domanda è questa :
“Se la persona con la mia argenteria non era il mio vicino? perchè era un suo sosia, uno vestito come lui per incastrarlo o semplicemente perchè ho preso una svista senza rendermene conto?” è veramente giusto non invitarlo più a cena? trattarlo da ladro, magari isolarlo e disprezzarlo, anche se è solo fino alla Cassazione?
ossia ci rendiamo conto della tragedia insopportabile al limite del suicidio che vi è dietro tantissimi innocenti vittime di giustizia lunga o iniqua?
E allora direi anche al grande Travaglio di avere un occhio di riguardo anche questi, temo frequentissimi casi, di innocenti sulla graticola.
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