(Vittorio Feltri – Libero quotidiano) – Ho cominciato a fare il giornalista in un quotidiano cattolico e mi sono reso immediatamente conto che ero liberissimo di attaccare l’ asino dove voleva il padrone, cioè il direttore che rappresentava la proprietà ossia la curia di Bergamo. Era un grande professionista della informazione provinciale, benché fosse un monsignore. Lui comandava e la redazione obbediva. Non c’ era spazio per discussioni. Il deus ex machina era Andrea Spada e detestava ogni riferimento sessuale.

Mi spiego con esempi. Un giorno, compilando la cronaca di un convegno di esperti economici, scrissi questa espressione: “In seno alla commissione…”. L’ indomani il monsignor direttore, mi fermò in corridoio e me ne disse di ogni colore. Secondo lui il termine “seno” era equivoco, faceva pensare alle tette, e ciò era sconveniente per lettori cattolici. In un’ altra circostanza, recensendo un film western, citai la pistola dello sceriffo. Altra ramanzina, dato che pistola a Bergamo poteva essere un termine adatto a definire il genitale maschile. Mi adattai presto alle regole episcopali, non ebbi nulla da obiettare anche perché Spada era un monarca, come tutti i suoi colleghi di vertice.
Una sera, in tipografia, il proto era disperato perché non trovava la rondinella con la quale il prete siglava i suoi corsivi in prima pagina, e urlò: chi ha visto l’ uccello del direttore? Mentre il proto pronunciava l’ interrogativo, Spada comparve e impallidì.
Come osava il capo operaio riferirsi all’ uccello del direttore? Don Andrea cassò il volatile sostituendolo con il latineggiante Gladius, versione nobile di Spada. Tutto questo per rendervi edotti del clima imperante in un giornale guidato con mano sicura da un sacerdote.
Col trascorrere degli anni, dopo essere passato da una testata all’ altra con disinvoltura, divenni amico del Grande Tiranno, persona abile e squisita. Mi invitò a pranzo a Schilpario, in Val di Scalve, e se ne uscì con questa frase: dovrebbe essere lei direttore dell’ Eco di Bergamo. Risposi ridendo: sarà difficile che ciò accada, casomai la prima cosa che farei sarebbe ripristinare la sua rondine, il famoso uccello. Scoppiò a ridere. Ultranovantenne, guidava ancora l’ automobile, una BMW d’ alta cilindrata tutta ammaccata.
Gli domandai perché la vettura fosse conciata così e lui, candidamente, rispose: o invecchiando mi si è accorciata la vista oppure mi si è allungata la macchina.
Ho voluto ricordare quest’ uomo per sottolineare che una volta i timonieri della carta stampata avevano in pugno la situazione e non permettevano a nessuno di fare di testa propria. I giornalisti erano obbligati ad attenersi agli ordini, non erano autorizzati a fare pappa e ciccia coi magistrati e con i politici.
Erano costretti a vergare articoli asettici, il compito del cronista era uno solo: riferire quanto vedevano e quanto ascoltavano, senza appoggiare o contrastare questo o quel personaggio influente. L’ Eco di Bergamo come tutti i suoi “fratelli” era casto è vergine, non consentiva a noi che ci lavoravamo alcuna deviazione dalla sacralità della stampa. Prima di pubblicare un pezzo era necessario farsi un esame di coscienza. Oggi non è più così. Il costume non soltanto è cambiato ma peggiorato.
In questo periodo si apprende che numerosi giornalisti che se la tirano da campioni erano al servizio di magistrati, che dettavano la linea: “Metti in risalto questo particolare o quest’ altro”. Una dipendenza vergognosa dal potere giudiziario. Sorprende che le organizzazioni della nostra categoria, sempre pronte a castigare gli iscritti all’ Ordine perché dicono la verità, o esprimono opinioni legittime, non fiatino di fronte alle malefatte di colleghi che sacrificano la loro libertà agli interessi di coloro i quali spifferano notizie riservate o addirittura gonfiate o distorte.
I giornali più importanti, dal Corriere a Repubblica, proteggono i loro infiltrati i quali fanno l’ interesse delle fonti e non rispettano i lettori. Non c’ è verso di leggere una riga sui giornaloni di quanto avviene al loro interno. L’ importante però è sapere con chi abbiamo che fare.
Anche io (noi) sappiamo con chi (Lei) abbiamo a che fare
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Sacrosanta realtà troppo debosciamento Grazie Caro Feltri
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Caro Feltri, la verità fa male.
Prenda, ad esempio, questo consesso. Qui vanno per la maggiore le scempiaggini di Pedulla’ e Merlo.
Comunque i problemi legati alla libertà degli addetti alla carta stampata, sono arcinoti ed irrisolvibili.
Peraltro nessuno al mondo è totalmente libero, l’unica libertà assoluta è quella di pensiero.
Se poi il pensiero si manifesta, si rompe il telefono! 😁
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L’alternativa al giornalista papa e ciccia coi Palamara non è il professionista asettico, privo di opinioni.
Perché il torto del primo non è la relazione col magistrato ma la relazione interessata col magistrato, quella che porta a manipolare le notizie, a far passarne alcune e ad ometterne altre.
Come al solito Feltri non fa distinzioni perché vuole delegittimare i Marco Lillo parlando delle Liana Milella.
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Difatti ho sempre pensato che dire che i giornalisti non possono avere opinioni e tesi politiche, è una stronzata pazzesca, per usare un francesismo.
Intanto si distingue tra giornali di partito e organi d’informazione.
Quest’ultimi devono limitarsi ai fatti separati dalle opinioni, per quanto possibile.
Gli editoriali sono altra cosa, in questi le tesi e le ideologie vengono fuori e non sarebbe possibile il contrario.
Sarebbe però corretto oltre che necessario, un minimo di obiettività, senso critico ed assenza di tifo.
Non si può pretendere asetticita’ totale, quanto basta.
I grandi giornalisti del passato ci provavano ed in parte riuscivano, in parte.
I contemporanei sono imbarazzanti, alcuni sembrano avere fatto l’apprendistato alla Pravda tanto sono faziosi.
Gli interessi economici sono un altro discorso che verte sul potere che i gruppi industriali/finanziari hanno sulla stampa di tutto il mondo.
Pensare di invertire la tendanza è pura utopia.
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Questo è definitivamente fuori di melone. Quindi secondo lui i tempi migliori era quelli in cui il giornalista scriveva quello che voleva il direttore (che a sua volta esegue gli ordini dell’editore).
Oltretutto ci vorrebbe far credere che adesso le cose sono cambiate.
Più chiaro di così su come costui interpreta il ruolo del giornalista.
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Tranquillo che e da mo che questo lerciume naviga tutto e nato da due attori unmagistrato che disse(resistere resistere. E il fenomeno presidente della repubblica che comando l ultima fucilazione italiana che disse (io non ci sto
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Io avrei risposto al monsignore che criticava “in seno a…” dicendo che anche l’ “Ave Maria” cita “il frutto del tuo seno, Gesù”! 😉
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Un po’ come fa B. con te!!!!
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