(Roberta Labonia) – L’ Informativa resa ieri dal Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede alla Camera dei Deputati, circa i criteri seguiti per nomina del Capo del DAP nel 2018 ha, una volta ancora, ripercorso una vicenda che, se da una parte ha messo in luce il fallimento di un dialogo condotto su visioni diverse da due figure di spessore come quelle del Guardasigilli ed il magistrato Nino Di Matteo, dall’altra nulla lascia ad interpretazioni pretestuose e preconcette come quelle montate ad arte in queste ore.

Ma andiamo ai fatti.
Prima si è insinuato che Bonafede avesse ceduto alla pressione dei detenuti mafiosi, ostili alla nomina ai vertici del Dap di Nino Di Matteo, poi, capito che la tesi non reggeva, (Il Ministro era già a conoscenza di quei discorsi intercettati nelle carceri quando chiamò Di Matteo, quindi perchè fra due cariche, proporgli anche quella del Dap?), ora si prova a buttarla sulle “pressioni” ricevute dal Ministro da parte di non meglio identificati “vertici Istituzionali”. Il riferimento al Presidente Sergio Mattarella è di tutta evidenza quanto altamente improbabile. A quella data, (siamo a giugno 2018), i 5 Stelle si erano da poco riappacificati con Mattarella dopo essere arrivati ai ferri corti per il veto, dallo stesso Presidente posto a maggio, sulla nomina al Mef di Paolo Savona, tanto da averne evocato la messa in stato d’accusa. È plausibile pensare che, neanche due settimane dopo che si erano calmate le acque e formato faticosamente il Governo Conte I, Matterella possa aver messo il naso anche sulla nomina di un magistrato come Nino Di Matteo? Pura fantascienza o meglio, complottismo d’accatto.
Quello che ha fatto oggi alla Camera Alfonso Bonafede (e se ci fosse stata una macchina della verità credo convintamente l’avrebbe testato), è stato un discorso limpido, pragmatico, di chi nulla ha da nascondere, declinato fin nei minimi dettagli. E, ciò che più rileva, ricalca il susseguirsi degli eventi così come raccontati dal magistrato Nino Di Matteo.
Vien da ridere pensando che le l’opposizioni hanno definito la sua rappresentazione dei fatti “parziale”. Vien da ridere pensando al coretto “dimissioni, dimissioni”, intonato da quei boccioli di rosa dei leghisti. E vien da ridere ad ascoltare la requisitoria sferratagli, “nientepopodimenoche”, da uno con il dente avvelenato come Maurizio Lupi, acrimoniosa e tutta incentrata sul motto del “chi di spada ferisce di spada perisce”. Chi ha memoria ricorderà che nel 2015 si dimise da Ministro prima che una mozione di sfiducia dei 5 Stelle e Sel lo raggiungesse in ordine allo scandalo “grandi Opere” e per aver cercato di piazzare il figlio presso un imprenditore. E si, trovarsi fra le mani uno straccio di sospetto su Bonafede, ripaga lui e metà dell’aula delle tante volte che i 5 Stelle hanno fatto tana alle loro manchevolezze istituzionali. Tante e, quelle si, provate.
Per Alfonso Bonafede, un uomo perbene, sono i fatti a parlare, sono le riforme da lui, e nessun altro prima con tanta intensità e qualità , emanate in neanche 2 anni di Governo, come quella, sacrosanta, della prescrizione, del codice penale e civile, del voto di scambio politico mafioso e, prima su tutti, la legge spazzacorrotti. Se l’Italia è tornata ad aver un sistema giudiziario all’altezza delle grandi democrazie occidentali, ce lo testimoniano i principali organismi internazionali a partire dall’Unione Europea, lo dobbiamo a lui. Certo, si è creato tanti nemici. E si vede.
Alfonso Bonafede un servitore dello Stato come ce ne sono pochi in Italia, ancora una volta è stato chiamato a difendersi in Parlamento sull’incipit di accuse infamanti partite, su orchestrazione di un cacciatore di teste televisivo al soldo del “fratello povero” di Berlusconi, da un parterre di pubblici ministeri improvvisati, ripescati fra politicanti con un passato oscuro (loro si), magistrati trombati e la peggio feccia del giornalismo nostrano. Questo “empeachment” montato ad arte sul Guardasigilli Bonafede, altro non è stato che un assist, formidabile e concertato, di un intero sistema di potere, servito su un piatto d’argento a Salvini, Meloni e ad una mina vagante in seno al Governo come Renzi. Tutto, pur di silurare un Esecutivo alle prese con una sciagura sanitaria senza precedenti e, soprattutto, per silurare il Movimento 5 Stelle.
Ora BASTA dare spiegazioni. Ora, a parlare, dovranno essere le coscienze, quelle pulite.
Quante, si conteranno in Parlamento.
Di questa banda Bassotti, non solo in senso figurato, di collusi e speculatori – accompagnata dai voti di chi guadagna dalle loro azioni – non si sa se averne più vergogna o disgusto. Si dice che l’Italia è spaccata: sicuramente.
– Da una parte i furbi che devono arricchirsi in ogni caso, anche sulle disgrazie,
– Dall’altra quelli che pagano TUTTE le tasse e compiono il proprio dovere
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@paolo diamante Roma
Hai dimenticato una terza categoria, tutt’altro che minoritaria: quelli che non hanno nulla da guadagnare a sostenere i “furbi”, che magari pagano pure le tasse (a volte!) e rispettano le leggi
(a volte!), ma sono talmente stu… masochisti da votare sempre per loro.
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Gli rode il sedere a molti.Con le leggi approvate proposte da Bonafede tanti rischiano di andare e rimanerci un galera,e questo per gli intoccabili fino ad adesso,non gli va giù.Ladri parassiti corrotti della pubblica amministrazione tremano.Pensate solo allo scandalo dei 500milioni.di euro scoperti ieri ad essere stati sottratti dallevcasse del.comune di Roma
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Il Cico Mediatico è a caccia di qualsiasi cosa possa mettere in cattiva luce questo governo, in primis quei parvenu dei 5S, che si sono permessi di essere il primo partito in Parlamento (molti fingono di ignorarlo).
Vi ricordate il secchio, la cariola e i 4 calcinacci di papà Di Maio? e la colf della compagna di Fico?
Fra scandali e responsabilità inventate e qualche errore di comunicazione del governo, continuerà il bombardamento pretestuoso e il continuo sabotaggio dei renziani da qui alle prossime elezioni, pensate che non ci saranno altre occasioni?
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Bonafede ha risposto e ha dato una versione dei fatti diversa da quella di Di Matteo.
Ora mi aspetto che Di Matteo, del quale mi fido quanto di Bonafede, essendo entrambi nemici della mafia a mio parere, replichi e chiarisca a sua volta.
Se danno versioni diverse non possono avere ragione entrambi, e devono chiarire ancora secondo me.
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Tutto giusto, ma due parole sulla scelta di Basentini e la sua rimozione ci stavano. Anche la giornalista se fosse meno agiografica farebbe un favore al ministro.
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@Paolapci
Roberta Labonia, che io sappia non è una giornalista
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@ fabriziocastellana e Paolapci
Sono contento che insieme ai tifosi ci siano voci pensanti e critiche come le vostre.
Siete il tipo di sostenitore che qualsiasi movimento (di destra, di sinistra, di centro, di sopra o di sotto, possa avere) dovrebbe ambire ad avere, perché siete il tipo di sostenitore che aiuta i vertici a correggere il tiro in caso di errori.
I tifosi inneggiano ai leader anche quando la barca si sta schiantando contro un iceberg. Fa parte della loro natura, non c’è niente da fare. Vivono il partito come una squadra di calcio o, peggio, come una associazione da cui ricavare vantaggi (i vantaggi li elargiscono, non a caso, i leader).
Del resto la realtà non fa mai male, anche quando è scomoda.
Solo le balle quelle che fanno male, sia sul piano personale che politico.
La vita alla fine ci presenta sempre il conto, di qualsiasi nostro errore, anche quando pensiamo/speriamo di averla fatta franca.
Quindi potrò dissentire dal vostro punto di vista na non dal vostro approccio ai problemi.
Perché in questo spazio, purtroppo, molto spesso si alternano solo tifoserie di entrambi gli schieramenti.
Io di cazzate sicuramente ne ho dette e ne dirò molte, ma cercherò di farlo sempre col giusto distacco, ricordandomi che prima ancor di essere un elettore, sono un cittadino di questo Paese.
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