(Roberta Labonia) – Questa sera il capopopolo, ormai smascherato, dei detrattori del Governo Conte Massimo Giletti (il carro, lui che è tutto di un pezzo, oggi lo attacca dove vuole Cairo), si è trovato fra le mani uno scoop ghiotto su cui potrà sciacallare per i prossimi mesi.
È riuscito a mettere in cattiva luce il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

I fatti:

Il tema di stasera, come nella precedente puntata, era la nota vicenda di Pasquale Zagaria, il boss dei casalesi al 41-bis, malato di tumore, a cui il giudice di sorveglianza ha accordato in questi giorni gli arresti domiciliari, complice anche una leggerezza dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) e a seguito della quale il Capo stesso del Dipartimento Francesco Basentini si è dimesso, prontamente sostituito dal Ministro Bonafede.

Nel corso della discussione, scientemente condotta da Giletti col fine ultimo di gettare ombre sull’operato del Governo, (ps: Dino Giarrusso unico valoroso presente a cercare di ristabilire la verità dei fatti), è arrivata una telefonata del magistrato Nino Di Matteo, perché chiamato in causa da un ospite come colui che, a suo tempo, avrebbe indicato Basentini per il ruolo di Capo del Dap.

Al telefono Di Matteo ha smentito di aver messo bocca sulla nomina e anzi, ha precisato che, alla data, fu contattato dal Ministro Bonafede il quale gli avrebbe proposto di ricoprire in prima persona il ruolo di Capo del DAP, che lui s’era preso 48 ore per decidere ma che, quando è andato a Roma per comunicare il suo assenso, Bonafede avrebbe cambiato idea proponendogli, in alternativa, di ricoprire il ruolo di Direttore Generale degli Affari Penali presso il Ministero. Poi, incalzato da Carlo Martelli (il pupillo di Craxi ex ministro della Giustizia ai tempi di Andreotti, quello condannato per aver preso 500 milioni di lire nell’ambito della maxi tangente Enimont, ve lo ricordate?), Nino Di Matteo ha detto di aver avuto la percezione che Alfonso Bonafede avesse cambiato idea in quanto in quei giorni si era venuti a conoscenza di alcune intercettazioni nelle quali alcuni detenuti al 41-bis si dicevano pronti alla rivolta ove lui fosse stato nominato al Dap.

Gelo in studio. Dopo neanche due minuti è arrivata la telefonata del ministro Alfonso Bonafede il quale, con estrema calma, ha escluso di aver subito condizionamento alcuno dalle intercettazioni dei detenuti. Ha ricordato, continuamente interrotto da Giletti, le azioni di contrasto alla mafia portate avanti dal suo Ministero, anche mettendo a rischio la sua stessa incolumità, tanto da essere soggetto ai più alti livelli di scorta e misure di sicurezza. Ma, cosa più importante, ha precisato di aver proposto a Di Matteo le due opzioni fin dal primo contatto (Capo del Dap oppure Direttore Generale degli Affari Penali) e di aver insistito, nel secondo, perchè accettasse la nomina a Direttore Generale degli Affari Penali (lo stesso ruolo che rivestì a suo tempo Giovanni Falcone), in quanto convinto che era quello che avrebbe consentito al magistrato di disporre di strumenti ben più potenti nel contrasto alle Mafie, rispetto a quanto gli avrebbe potuto consentire un ruolo meramente amministrativo quale quello di Capo dell’Amministrazione Penitenziaria.

Ulteriori chiarimenti di Bonafede sono stati sgarbatamente interrotti da Giletti per “indifferibili” tempi di gestione della trasmissione che, si è scoperto di li a poco, consistevano in un collegamento in diretta con Flavio Briatore ed altri de-meritevoli ospiti, tutti fortemente impegnati nel mettere sotto accusa Giuseppe Conte e la sua gestione di quella quisquillia che è la pandemia da Covid-19.

Ironia a parte, aspettiamo che l’integerrimo Ministro Alfonso Bonafede, in un contesto serio e non schierato, anzi, possibilmente super partes, torni a finire di esporre compiutamente le sue ragioni. Lo deve a se stesso, alla sua opera instancabile e meritoria e a tutti coloro che, come me, ripongono in lui la loro fiducia.