(Stefano Rossi) – La moral suasion di Papa Francesco ha condannato definitivamente il Prof. Conte. Pur di criticare il governo abbiamo visto atei leggere il Vangelo fuori da una basilica, gente che non saprebbe cosa fare dentro una chiesa; abbiamo sentito il vescovo Giovanni D’Ercole al Tg2, notoriamente tg critico verso il governo, scagliarsi con veemenza contro Conte: “«Questa è una dittatura…Bisogna ci restituiate il diritto al culto, altrimenti ce lo riprenderemo. La gente è stanca”. Mancava che impugnasse la pistola. Poi la critica della Cei. E a nulla servono le follie di messe celebrate in spregio ai decreti, al distanziamento sociale, all’Eucarestia data in bocca e non sul palmo della mano, ai moniti dei virologi che, come  Crisanti, invitano alla massima prudenza. Pur di infangare il Professore che è uscito dal cilindro di quei delinquenti dei grillini, ogni pretesto è buono.

Poi il miracolo. Papa Francesco ha sopito, motu proprio, ogni critica sostenendo che bisogna rispettare le regole per evitare il ritorno alla pandemia. Egli, poveretto, ha voluto aiutare l’altro poveretto che è cinto tra due fuochi. Ma involontariamente ne ha segnato la fine. Dopo i sondaggi che danno il Prof. Conte al vertice dei gradimenti, dopo che senza chiederli ha ottenuto pieni poteri, ora pure l’appoggio incondizionato del Sommo Pontefice. È troppo!

In Italia è notoriamente diffusa la regola, non scritta, secondo cui un politico, se raggiunge il massimo consenso, è prossimo al pensionamento.

Salvo finire morto o in galera.