(Andrea Giannotti) – Mentre a destra si instaurano inestricabili “liaisons dangereuses” in cui FI offre la sponda ora sì ora no al Governo, Giorgia Meloni (tra una sterile permalosità con Francesco Guccini e una figura barbina circa l’IVA sulle mascherine) inscena una protesta pubblica davanti a Palazzo Chigi e Matteo Salvini (in evidente confusione e clamorosamente scaricato da Vittorio Feltri) invoca la piazza per poi criticare l’iniziativa stessa di FDI, a sinistra (si fa per dire) il fuoco amico (si fa per
dire) di Matteo Renzi accusa aspramente le restrizioni attuate dal Governo, ergendosi a difesa della Costituzione.

L’articolo potrebbe già terminare qui, ma l’intermittente “campanello d’allarme” suonato da Italia Viva (che dopo l’emergenza, a mo’ di spada di Damocle, valuterà se uscire dalla maggioranza) ha sconfinato anche nell’ambito religioso. Sordo all’invito di Papa Francesco alla prudenza e obbedienza, ci ha pensato Roberto Giachetti a prestarsi alla “disobbedienza civile” recitando pubblicamente, in segno di protesta contro la chiusura dei luoghi di culto, passi da vari Vangeli biblici, iniziando (casualmente) da Matteo 22.15-22. È un peccato che ci si dimentichi sempre (ripensando anche al Capitano da Barbara D’Urso) di Matteo 6.5-6: “E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando
tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Arrivano momenti in cui la libertà deve essere gestita e regolata dalla responsabilità. Che ruolo (nonché vantaggio) abbia, quindi, la disobbedienza non è chiaro.

Ecco perché decifrare Renzi e le sue intenzioni rimane materia oscura. Può aiutare, seppur minimamente, resuscitare una sua stessa postfazione all’edizione del ventennio di “Destra e sinistra” di Norberto Bobbio, nella quale il politico parla del campo progressista del centrosinistra “come un litigioso condominio, caseggiato rumoroso di partiti gelosi delle proprie convenienze e confini”. I confini politico-ideologici di Italia Viva sono incorporei tanto quanto nulle sono le sue convenienze nel far cadere il Governo. La gelosia, ecco quella sì potrebbe spiegare qualche cosa.

Il momento è ancora avverso e la critica (non la sconsiderata protesta) è ammessa: che si stia tutti ancora a casa ma con con aiuti economici concreti oppure si riaprano meticolosamente le piccole e medie imprese morenti e moriture. Dall’altra parte, “il Governo ha l’obbligo di dire la verità” (ha sottolineato Roberto Speranza) e la verità è che il Covid-19 non è magicamente scomparso e che ogni tipo di assembramento rappresenta ancora un pericolo per la salute e, di conseguenza, per l’economia. Il fatto è che molti italiani e molti politici italiani guardavano alla deadline esclusivamente come all’apertura dei cancelli di un concerto dei Pink Floyd agognando la fatidica prima fila, per scordarsi delle ore di fila fatte sotto il sole e non pensare al post-concerto. Insomma,
un semplicistico esempio di come gli italiani siano – detta alla Ugo Ojetti – “un popolo di
contemporanei senza antenati né posteri” che guarda (in parte legittimamente) solo “al suo particulare”. Sembra che si siano dimenticati i terribili numeri degli ultimi tre mesi e che, parallelamente, non si considerino quali sarebbero gli effetti fatali di un secondo lockdown.

“O si muore di fame o si muore di Covid-19”, grida il popolo trascurando che la paura del Governo è che si muoia di irresponsabilità. E allora testiamo la maturità del popolo italiano, che prima o poi bisogna che cresca unito e disciplinato, anche solo per smentire etichette comuni. Personalmente sono alquanto pessimista (o realista, a seconda dei punti di vista). Eppure, s’ha da provare. Proviamo a convivere col virus, ma rimaniamo cauti e consapevoli che i contagi continueranno e che l’emergenza non sia per nulla finita. I posti in terapia intensiva si sono fortunatamente svuotati, ma, avverte Giovanni Rezza (ISS), “vogliamo riempirli subito?”