(Giuseppe Di Maio) – Da quando è cominciato il lockdown i due più vecchi del mio condominio sono costantemente fuori di casa. Prima senza guanti e mascherina, poi con mascherina ma ancora senza guanti: solo appoggiata al mento, come una bavetta, per poter avere la bocca libera di ciacolare. Eppure questo sforzo generale è stato pensato proprio per loro, per gli ultraottantenni indifesi più dei giovani contro l’epidemia. Tuttavia, mentre i giovani che morderebbero più il freno stanno rinserrati dentro casa, i vecchi del mio quartiere a forza di girare, pur con qualche leggera cautela, pare si diano convegno da un lato e l’altro della strada.
Il governo e ogni altra fonte d’informazione, incluso il passaparola dei social, fanno il diavolo a quattro per far arrivare a tutti i precetti sulle distanze sociali; s’infittisce il dibattito sui dispositivi di protezione e sui disinfettanti. Il primo obiettivo della politica è salvaguardare la salute dei cittadini, ad ogni costo. Il secondo è quello di non far pagare loro un prezzo insostenibile. Il divieto e gli obblighi che ne conseguono limitano la libertà personale, civile economica e sociale, e forse costituzionale. Ma la Costituzione non fu ispirata dalle pandemie.
Mi dicono che dall’estero la politica italiana appare una barzelletta. Il lavoro delle opposizioni consiste nel boicottare l’opera del governo, sfavorirne il messaggio, distorcerne l’intenzione, combatterne i decreti con altrettante ordinanze degli enti territoriali da esse governati. Non digeriscono le esternazioni del Premier che senza le manipolazioni della stampa parla a tutti gli italiani. Non gliene importa niente che i vertici delle istituzioni esigano rispetto. Per le opposizioni quei vertici sono soltanto nemici politici che in quest’occasione hanno un rapporto privilegiato con l’elettorato. E il loro lavoro dà i suoi frutti. Quando scendo in strada per il mio rondò quotidiano, qualche volta incrocio della gente senz’alcuna protezione. Spesso mi sento a mia volta guardato con arroganza dispettosa. Auguro loro di imbattersi in un poliziotto, in un vigile. Chi è “eversivo” è di certo danneggiato dall’ordine sociale, mentre chi è conciliante ne trae all’opposto beneficio. Ma se qualunque fesso oggi può parlare di diritti calpestati e libertà civili violate, vuol dire che quei due cani arrabbiati della destra hanno seminato tanta zizzania da compromettere l’obbedienza civile.
Il patto sociale vacilla. E il rispetto delle leggi è più soggetto alla paura che non ai doveri della cittadinanza. Più dei decreti della Presidenza del Consiglio sono state eloquenti le file di camion piene di bare che riempivano le autostrade da Bergamo a Bologna.
Insomma, se certuni non hanno il morto in casa seguitano a sentirsi oppressi dai provvedimenti restrittivi. E tutto questo in base alla regola di voler capire il mondo secondo il proprio tornaconto, ed esprimere un giudizio politico secondo il proprio punto di vista e la propria condizione sociale. Che è poi è ciò che sta istigando questa destra irresponsabile e incosciente, che fomenta il brodo reazionario dove si agitano l’egoismo e il profitto cieco che non conosce futuro e bene comune, ma solo l’ora presente e il proprio vantaggio.
Ora ci si mette anche la CEI. Interprete della volontà divina, e preoccupata dell’esile filo comunicativo tra Dio e il suo popolo, essa non approva il decreto del governo. Ma se vai a grattare meglio le ragioni, forse si scopre che dopo mesi di mancate questue, offerte e mance, senza introiti di biglietti nei musei e nei santuari, con i souvenirs che languono assieme agi innumerevoli ostelli del suo turismo religioso, la Chiesa comincia a soffrire.
E se potessi allora vivere in un mondo parallelo, dove non subissi gli effetti della libertà altrui, vorrei augurare a tutti loro il miracolo della processione di San Carlo dell’11 giugno 1630 a Milano, che causò un’impennata sbalorditiva di decessi, e a cui potessero partecipare Meloni, Salvini, e tutti i vescovi scontenti. Ma finché restiamo in questo mondo, dove ognuno è per sua sfortuna incatenato all’altro, libertà fede e mercato, tanto soddisfatti della fiera delle disuguaglianze loro, dovranno chiedere il permesso alla democrazia per festeggiare.
Come sempre analisi Lucida,Razionale.Grazie.
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BRAVO, GIUSEPPE ! E GRAZIE
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