(di Michele Serra – repubblica.it) – Ma se i populisti sono — lo dice il nome stesso — dalla parte del popolo, come mai il miliardario Trump gode dell’appoggio, e dei finanziamenti elettorali, dei ricconi americani quasi al completo? E se i dem sono “lontani dal popolo”, tutti professori di Harvard, star di Hollywood, artiste lesbiche del Village e cantanti rock, insomma i famosi radical chic, come mai Biden, per la sua campagna, ha rastrellato meno dollari di Trump, pur avendo un numero di finanziatori molto più ampio?

La verità è che il populismo è una menzogna ab ovo. Nasce come inganno, come turlupinatura dei poveri. Cerca i voti del popolo blandendolo, dicendogli quanto è bravo e bello anche quando ne conosce bene le condizioni di subalternità, la precarietà economica e il deficit culturale, il pauroso gap sanitario con i benestanti (negli Usa il gap è anche alimentare: l’obesità dilaga tra i poveri iper-mal-nutriti).

Ma il vero scopo del populismo, lo stesso che accomuna tutte le forze reazionarie nella storia umana, è che niente di sostanziale cambi nella società. Nessun incremento del Welfare, mai, e anzi l’elogio martellante del liberismo e della riduzione dell’intervento statale. Tutto si risolve in patriottismo tronfio, familismo melenso (spesso evocato da bigami e puttanieri incalliti), clericalismo d’ordine, vocazione poliziesca: ogni possibile slittamento sociale deve essere domato, e bene instradato sotto le consumate bandiere dei “vecchi tempi”.

Capitò anche al vecchio fascismo di spacciarsi per rivoluzionario anche quando era già il cane da guardia dei proprietari terrieri e degli industriali. Dei populisti di oggi (Trump, Milei, le varie sfumature di nero in Europa) si può dire, mutatis mutandi, la stessa identica cosa.