Il ministro della difesa tedesco: prepariamoci alla guerra. Una parola che non fa più paura

Uno dei veterani del D-Day, lo sbarco in Normandia del 6 giugno, alle cerimonie di ieri. Dopo 80 anni la guerra è tornata in Europa

(DOMENICO QUIRICO – lastampa.it) – Una volta la parola guerra terrorizzava. Una volta. Utilizzarla richiedeva le delicatezze propiziatorie di chi evoca il cancro o la pazzia. Si ruminava il termine a bassa voce come se si dovesse scongiurare la cosa esorcizzandone il nome. Bei tempi! Ora che i massacri raggiungono nefaste velocità di crociera l’élite occidentale, se così si può dire, trasgredisce il divieto si riempie la bocca della parola, ruba la parte linguistica al copione di prepotenti e tiranni. C’è il rischio di risvegliare timori e tremori? Niente affatto. Si predica la virtù dell’intervento diretto in Ucraina, la tautologia si fa solenne e non si scherza più. Spazzando via in un colpo le rare obiezioni farfugliate da infinitesimali piazze pacifiste e da qualche ‘’intellò’’ a cui si intima peraltro di farsi riconoscere come collaborazionista, la parola GUERRA tuona, fa perdere il senso della misura, respinge in vivo timori e tremori. Con la certezza di ridurre l’impatto quando la guerra verrà.

Nel fontanile di stupidità guerrafondaia un posto di rilievo bisognerà ricavare per il ministro della guerra tedesco Pistorius. Perché è a questo socialdemocratico che non prova reticenze a far crepitare gli M16 e a cui, considerata ovviamente risolta la lotta di classe, non ripugna gettare i figli nella mischia, si deve il primo calendario della quarta guerra mondiale. Finalmente! C’è una ora x, c’è un atto di battesimo. Adeguiamoci. «Entro e non oltre» (come prescriveva la prosa borbonica) il 2029 dobbiamo esser pronti a combattere.

I buoni rivoluzionari erano quelli che sapevano cogliere le occasioni del tempo, che decifravano i misteri del calendario, che lo fermavano secondo le necessità o lo facevano precipitare. Il meteorologo dell’ora giusta per scatenare l’apocalisse, con l’occhio fisso sulla immaginaria ma instancabile clessidra è lui : Pistorius Oscar. La politica è o non è un’arte diagnostica che sa localizzare quando è il momento del salasso, la guerra grande senza limiti? Sa cogliere la “krisis” di Ippocrate quando bisogna far cadere il bisturi nel punto giusto: ovvero la Russia.

Politico dal fiuto fine ha capito che dopo due anni e più di mezze verità e mezze bugie è arrivato il momento di parlar chiaro alle opinioni pubbliche. Sa bene che vogliono la pace ma pensano la mia pace e vogliono dire lasciatemi in pace. Per costoro, mai usciti dall’ora del tè e dell’aperitivo, che facevano finta di preoccuparsi per quegli sventurati dell’Europa centrale con una enfasi che profumava la bugia di circostanza, finora hanno imbastito una quasi guerra su misura, la guerra da retrovia, armi e denaro e ucraini cercate di resistere.

Questa fase si è conclusa con il naufragio delle utopiche certezze di una vittoria made in Zelensky: ora basta con le anime candide i principi immacolati e gli esperti di apocalisse annunziate. Lasciare che Zelensky si arrangi da solo non basta più. La guerra deve prolungarsi, allargarsi, per rendere di più economicamente e politicamente. I predicatori come Pistorius che sguazzano nel torbido sono certi che ritroveranno intorno a sé, come se nulla fosse successo, un consenso quasi religioso. Banalità notevoli affidate a Robespierre da osteria (…per avere la pace bisogna far fare la guerra agli altri…) erano scandite con il riso sotto i baffi. Le declamazioni retoriche si rovesciano in un batter d’occhio, i ragionamenti sbandano in fretta, basta svilupparli in po’.

Il discorso della pace doveva essere al tempo stesso senza farsene accorgere un discorso della guerra: volete forse concedere lunga vita al Grande Satana della steppa? Volete aggiungere una sconfitta a tutte quelle che aborriamo, Iraq, Afghanistan eccetera? Così rassicurati dal silenzio che sale dalle piazze si accelera. Sofisticate armi americane e Nato colpiscono in Russia evidentemente manovrate da serventi esportati con il prodotto e non certo da contadini ucraini fermi al kalashnikov. E poi si lascia trapelare che si tracciano già corridoi per far arrivare a tutta velocità i rinforzi Nato alla prima linea ucraina in agonia. Pistorius fissa il calendario: nel 2029 ci sarà la resa dei conti finale, la marcia su Mosca. Dal fatale bagnasciuga della Normandia Macron, un Clemenceau reincarnato, non in zimarra come il Tigre ma haute couture, vuole accelerare, scalpita.

Da notare nell’annuncio di Pistorius la caratteristica prosopopea occidentale: noi fissiamo sempre le date in cui la Storia deve svolgersi. E se il nemico decidesse di accelerare? In fondo ci ha anticipato nel passaggio a una economia di guerra a tutto vapore, mentre noi siano ancora fermi all’auto elettrica e alla caldaia green. Ma abbiamo deciso che il 2029 va bene; il nemico si adegui.

A che serve questa guerra? Che cosa si cerca quando ci si crede? Perché questa passione delle classi dirigenti occidentali per l’ignoranza, questo accanimento per non vedere? Cosa succede se si spegne la luce, pallido barlume dei nostri innumerevoli fantasmi e di una tenace e insensata mitologia della vittoria? Suprema autorità della stupidità dialettica la guerra, il rassegnarsi a uccidere, resta il modo antichissimo di risolvere le cose irrisolvibili o di credere di risolverle.

Per rispondere stiamo comodamente in germania. Esempio, a Düsseldorf. Qui ha sede la Rheinmetall. Storia tradizione affidabilità: ha lucrativamente fornito cannoni alle guerre tedesche sotto le bandiere del Kaiser e la croce uncinata di Adolf. Dal 1945 al 1956 fu un periodo sciagurato: produzione bellica vietata, si tirava avanti con i consumi innocui. Se sfogliate l’attuale catalogo non manca niente: munizioni cannoni carri armati. Sono la specialità più ghiotta e di successo. Alla Rheinmetall amano i felini, per battezzare i panzer che deliziavano Hitler e complici tirarono in ballo pantere e tigri.

A cui hanno aggiunto il Leopard. Ne stanno preparando una versione che dicono ganzissima: sarà pronta per la marcia su Mosca. Il calendario di Pistorius delizia i consigli di amministrazione: si può completare la progettazione avviare le catene di montaggio fare i test. Occupazione che cresce, affari sicuri, investenti a lungo termine, gli unici redditizi. Nel frattempo si farà digerire il ritorno della coscrizione, «nuova» annuncia Oscar, alla immemore generazione Erasmus. Un dettaglio: il gruppo Rheinmetall dal gennaio 2022 al 26 febbraio 2024 ha aumentato la capitalizzazione del 394%. È abbastanza chiaro?