Per oltre ore il governatore ligure ha risposto a tutte le domande dei pm di Genova e si è difeso spiegando che i fondi ricevuti sono finanziamenti leciti. Per Tajani se vengono revocati i domiciliari può continuare a rimanere alla guida della regione

(LORENZO STASI – editorialedomani.it) – È finito dopo otto ore e mezza l’interrogatorio di Giovanni Toti nella caserma della guardia di Finanza a molo Giano, nel capoluogo ligure. Il presidente della Liguria, ascoltato dai pm Luca Monteverde e Federico Manotti della procura di Genova, è accusato di corruzione e falso ed è ai domiciliari dallo scorso 7 maggio. Rimandata la scelta sulle dimissioni.

Toti era accompagnato dal suo avvocato Stefano Savi che, dopo l’interrogatorio, presenterà un’istanza per chiedere la revoca dei domiciliari. Lo scorso 10 maggio il presidente ligure si era avvalso della facoltà di non rispondere, in attesa di leggere le carte dell’inchiesta.

Il governatore deve difendersi dall’accusa di aver preso tangenti in cambio di favori. In particolare, sotto la lente degli inquirenti sono finiti una serie di finanziamenti erogati prima alla fondazione Change – che fa capo allo stesso Toti – e poi ai suoi comitati elettorali. La strategia difensiva del presidente e dei suoi legali è che i soldi ricevuti siano in realtà normali finanziamenti elettorali, previsti dalla legge. Prima di allargarsi alla corruzione l’inchiesta ruotava infatti attorno all’ipotesi di finanziamento illecito.

Insieme a Toti sono finiti ai domiciliari l’imprenditore portuale Aldo Spinelli, il suo ormai ex capo di gabinetto Mario Cozzani e, unico in carcere, l’ex presidente dell’autorità portuale genovese e ad di Iren Paolo Emilio Signorini.

IPOTESI DIMISSIONI

Fin da subito le opposizioni hanno chiesto le dimissioni del governatore. «Alla luce della gravità del quadro che sta emergendo, le dimissioni di Giovanni Toti sono necessarie e opportune», la posizione di Schlein. 

Il presidente ligure – sostituito pro tempore dal vicepresidente Alessandro Piana – ha rimandato la scelta a dopo l’interrogatorio. «Fin dall’inizio (Toti, ndr) ha detto che è una valutazione che sarà fatta, ma non in solitaria – ha spiegato il suo avvocato – perché ha delle ripercussioni notevoli sul quadro istituzionale e deve essere assunta dopo aver consultato i suoi collaboratori e le forze politiche della sua maggioranza». La richiesta della revoca dei domiciliari è anche un modo per permettere a Toti di confrontarsi con i partiti che lo appoggiano.

Il centrodestra, che ha criticato la scelta della misura cautelare ai domiciliari, ha scelto finora una strategia attendista. «Toti ha detto che avrebbe letto le carte e avrebbe dato le risposte. Aspettare quelle risposte e valutare penso che sia il minimo indispensabile per un uomo che ha governato molto bene la Regione Liguria», ha detto negli scorsi giorni la premier Meloni.

E il leader di Forza Italia e ministro degli Esteri Antonio Tajani, a Porta a Porta, ha detto la sua: «Dipende da Toti e dalla magistrature se si debba dimettere o meno: se vengono revocati i domiciliari credo possa rimanere alla guida della regione». Da Trento Salvini ha difeso ancora il presidente di regione: «Penso che sia innocente per l’esperienza e il lavoro svolto in questi anni alla guida della Regione Liguria. E mi pongo una domanda: era necessario l’arresto di un governatore a un mese dalle elezioni per episodi avvenuti l’anno prima?”»

LA LINEA DIFENSIVA

Il punto principale della linea difensiva di Toti è dimostrare che quelli ricevuti da Spinelli & Co siano finanziamenti leciti. Lo ha ribadito il suo legale in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Queste erogazioni sono «il vero punto di un’accusa che si ritiene che ogni qualvolta ci si interessi di qualcuno non si possa ricevere niente o viceversa», ha spiegato Savi.

«Toti afferma di aver fatto ciò che ha fatto in altre centinaia di casi, di cui faremo un elenco, sia per chi ha contribuito ai suoi comitati sia per chi non lo ha fatto, perché guardava all’interesse pubblico che era di agevolare gli investimenti in Liguria (…). I fondi che arrivavano passavano per vie ufficiali rispettando le regole, quando ciò non è avvenuto i finanziamenti sono stati rifiutati o restituiti», ha aggiunto il difensore del governatore.

E sui rapporti tra il suo assistito e Spinelli, il vero cuore di tutta l’inchiesta, Savi ha spiegato: «Toti non promette qualcosa a Spinelli, fa un’attività di mediazione. Va ricordato che la proroga è stata decisa dall’Autorità portuale sulla base di parametri precisi. Quando si chiude la vicenda, si lamentano sia Spinelli che Aponte. Se tutti sono un po’ scontenti e un po’ contenti, vuol dire che non si è fatto l’interesse di nessuno»

DI COSA È ACCUSATO TOTI

Toti dovrà chiarire innanzitutto i 74mila euro versati da Spinelli sui suoi conti in cambio – questa è la tesi della procura – del rinnovo trentennale della concessione portuale del Terminal Rinfuse alla Terminal rinfuse Genova S.r.l. Quest’ultima società è controllata al 55 per cento dal gruppo Spinelli e si occupa di gestire la logistica delle merci nel porto, scalo dal quale partono e nel quale arrivano migliaia di container da tutto il mondo. Un rinnovo, quello della concessione, che sarebbe stato facilitato da Signorini, che ai tempi presiedeva il comitato di gestione del porto.

Ma non c’è solo il terminal portuale. Perché tra gli «scambi» tra Toti e Signorini figurano anche il tentativo (poi non andato in porto) di privatizzare la spiaggia di Punta dell’Olmo di Varrazze dove il figlio di Aldo Spinelli, Roberto, aveva in mente di costruire un complesso immobiliare.

Negli ultimi giorni, poi, è uscita la notizia di 55mila euro transitati sul conto personale di Toti, dopo che erano stati erogati dalla Spinelli Srl al comitato elettorale del governatore. Per Stefano Savi, l’avvocato di Toti, quei soldi sono serviti per pagare i 25 mila euro di risarcimento a Raffaella Paita, attuale senatrice di Italia viva, che lo aveva querelato per delle frasi comparse sui social e in alcune interviste.

Nelle carte figura poi un finanziamento fatto da Francesco Moncada, consigliere di amministrazione di Esselunga e marito di Marina Caprotti, per sbloccare l’apertura di un punto vendita della catena di supermercati a Sestri Ponente. ll governatore e il suo capo di gabinetto si sarebbero messi a disposizione di Moncada: in cambio il manager si sarebbe offerto – questa è l’ipotesi di reato – «di effettuare un finanziamento occulto a vantaggio della lista Toti per Bucci» che consisteva in messaggi pubblicitari trasmessi nel maxischermo della Terrazza Colombo, in cima al grattacielo Piacentini, visibile in tutta la città.

Nell’inchiesta è finito anche il suo capo di gabinetto Matteo Cozzani, accusato di corruzione elettorale aggravata dall’aver agevolato Cosa nostra. Perché secondo l’ipotesi dei pm, Cozzani avrebbe convogliato verso Toti i voti della comunità siciliana di Riesi in Liguria tramite soggetti legati al clan Cammarata, molto forte in regione.

Tutto questo tramite la mediazione dei fratelli Arturo e Italo Testa (indagati anche loro), ex esponenti di Forza Italia in Lombardia, considerati vicini al coordinatore regionale degli azzurri Alessandro Sorte, che non risulta indagato.