Se l’Italia ha paura del duello Giorgia-Elly

(FLAVIA PERINA – lastampa.it) – Il voto per il futuro dell’America passerà per almeno due duelli tv. Joe Biden e Donald Trump, testa a testa nell’ultimo sondaggio Reuters, si sono già accordati per un primo confronto sulla Cnn e per un secondo su Abc News. Il voto per il futuro dell’Italia in Europa passerà per non si sa cosa: salvo colpi di scena non sembra più possibile né il dibattito tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein, né quello tra Matteo Salvini e Giuseppe Conte, né un dibattito tra i leader di tutte le liste, né alcun tipo di dibattito diretto, mediato, singolo o plurimo tra i titolari delle diverse proposte politiche, leader o non leader che siano. È una colossale prova di inefficienza democratica del nostro sistema. È (temiamo) una nuova dimostrazione dello scarso coraggio dei partiti perché i paletti interdittivi che ciascuno ha posto al tipo di incontro proposto dagli altri significa una sola cosa: fifa, paura, desiderio di lasciare le cose come stanno e amen, gli elettori si arrangino.

L’ultimo vero confronto politico registrato nel nostro Paese è il Berlusconi-Prodi del 2006, diciotto anni fa, poi più niente. Questo dovrebbe dirci qualcosa sul leaderismo italiano che spesso si presenta come titolare di un coraggioso rinnovamento ma poi, nella sua intima essenza, si tiene strette le vecchie prudenze democristiane e svicola davanti alle sfide a viso aperto. È un tipo di renitenza al rischio che si registra solo da noi. In Francia il lepeniano Jordan Bardella e la macroniana Valerie Hayer si sono già scontrati in diretta tv all’inizio di maggio e torneranno a farlo. Restano memorabili le battaglie televisive tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, così come quelle tra Angela Merkel e Martin Shultz o tra Theresa May e Jeremy Corbin all’epoca del referendum sulla Brexit. Ovunque è normale che i capi di un partito o di uno schieramento si espongano al contraddittorio con i loro avversari per fornire elementi di giudizio al corpo elettorale.

In Italia no, non succede. I Numeri Uno vanno in televisione con precauzioni esagerate, mai faccia a faccia con i competitori e sempre soli con i conduttori, in un rituale così prevedibile da far crollare gli ascolti e forse anche la partecipazione al voto. A questo giro speravamo davvero in uno scossone. L’irruzione di due giovani leader, due donne estranee a certe liturgie maschili, sembrava aver segnato un salto definitivo e irreversibile nella modernità (normalità) dell’Europa e dell’Occidente. E invece il vecchio modello è riuscito comunque a prendere il sopravvento. Lo ha fatto nel consueto modo bizantino, machiavellico, all’italiana. La delibera Agcom ha detto sì al confronto in Rai ma lo ha subordinato all’assenso della maggioranza dei partiti. La maggioranza dei partiti, guidati dal M5S, si è messa di traverso e ha preferito rinunciare a ogni altro appuntamento (era richiesto pure un Conte-Salvini) piuttosto che dar spazio alle due leader. Tutti hanno reagito con tiepidezza alla proposta alternativa di La7 per una tavola rotonda a più voci. Nessuno ha accettato il pericolo di inciampare su un ragionamento o di vedere il “nemico” prevalere con una battuta geniale.

Ci sono state, è vero, anche obiezioni di merito del mondo intellettuale, in gran parte fondate: è un’elezione col proporzionale, lo scontro a due non sarebbe tra capi-coalizione ma tra leader di singoli partiti, i duelli incrementano una personalizzazione della politica già eccessiva. E tuttavia sono diciotto anni che non vediamo i grandi protagonisti della politica sedersi in uno studio per un onesto faccia a faccia che chiarisca le loro posizioni e intenzioni. Le ragionevoli perplessità di oggi non spiegano una riluttanza così radicata e antica, che in tutta evidenza ha motivi più profondi di una occasionale controindicazione dovuta al tipo di voto.

Peccato. Il Meloni-Schlein avrebbe rianimato una corsa alle urne assai noiosa, che al momento ruota intorno alle modeste provocazioni di alcuni candidati-influencer, ai tour degli altri fra mercati e pizzerie e alle cartoline social che rivendicano le miracolose ricette di chi governa e di chi sta all’opposizione. Quel duello, a tanti anni di distanza dall’archeologico Berlusconi-Prodi, avrebbe dato la misura del cambiamento italiano e forse fornito agli astensionisti, ai tiepidi, agli incerti, qualche motivo per decidere di andare ai seggi. Ci saremmo potuti dire: beh, finalmente, un contraddittorio che vale la pena di ascoltare tra due leader giovani e capaci di mettersi alla prova. Invece per qualche brivido politico toccherà aspettare il Biden-Trump d’oltreoceano, la sfida dei dinosauri, e viene tristezza soltanto a scriverlo.