A causa di una elusione contributiva senza pari delle imprese, fondi e mutue aggiuntivi non decollano, coprendo appena il 4,6% delle spese sostenute nel privato

Perché a 15 milioni di italiani è negata la copertura sanitaria integrativa

(PAOLO RUSSO – lastampa.it) – Sarebbe il terzo pilastro della nostra sanità, quella integrativa, che dove il servizio sanitario nazionale non arriva dovrebbe metterci al riparo dalle spese sanitarie catastrofiche, che secondo l’ultimo rapporto Crea finiscono per impoverire 9 milioni di italiani. Ma a causa di una elusione contributiva senza pari delle imprese private, fondi e mutue integrative non decollano, coprendo appena il 4,6% delle spese sanitarie sostenute nel privato. Questo perché, nonostante quasi tutti i contratti dei lavoratori dipendenti del settore privato prevedano l’obbligo di versare una quota al fondo sanitario integrativo di categoria, il 40% dei contributi non viene pagato dalle imprese.

Pubblico e privato

Un furto ai danni dei lavoratori pari a 2,5 miliardi di euro l’anno, che lascia fuori dal terzo pilastro della sanità integrativa 7,2 milioni di lavoratori dei 16,2 del settore privato, il 92% della platea che in teoria sarebbe coperto con una mutua dal contratto nazionale. «E con questa elusione diventa poi difficile fornire una copertura adeguata delle spese sanitarie ai lavoratori iscritti ai fondi contrattuali», spiega Ivano Russo, presidente dell’Osservatorio nazionale welfare & salute che ha elaborato per noi i dati.

Il mancato rispetto del capitolo “sanità integrativa” dei contratti finisce poi per pesare anche sulle liste di attesa del pubblico, «perché se non ci fosse elusione contributiva – spiega sempre Russo – gli attuali 10 milioni di prestazioni sanitarie coperte dal terzo pilastro salirebbero a 30 milioni, consentendo così di allentare la pressione sulle strutture del Servizio sanitario nazionale».

Invece non è così e questo, rilevano sempre i dati dell’Osservatorio, soprattutto tra le piccole e medie imprese e tra quelle del sud, dove sono concentrati quasi i due terzi dell’evasione contributiva. Che, guardando ai comparti del privato, è più forte in quello della logistica, dove il 40% delle aziende non versa i contributi, e più in generale in quei settori dove più basso è il tasso di sindacalizzazione.

L’integrativa è invece sconosciuta o quasi nel settore pubblico, dove i contratti non la prevedono, tanto che solo 300mila impiegati risultano essere in possesso di una polizza o iscritti a una cassa oppure a un fondo. Questo significa che quasi 15 milioni di persone, tra lavoratori pubblici e privati, più i rispettivi nuclei familiari, avrebbero diritto a una copertura sanitaria integrativa che viene invece loro negata.

Il confronto europeo

Fatto è che pur avendo di gran lunga la spesa sanitaria privata più alta d’Europa, salita dal 2009 al 2022 da 30,6 a 41,5 miliardi, l’Italia è buona ultima in fatto di copertura da parte di forme integrative di assistenza. Che da noi coprono appena l’11% dei costi sostenuti di tasca propria dai cittadini contro il 25% di Spagna e Regno Unito, il 20% della Germania, per non parlare della Francia, dove a carico del terzo pilastro è il 43% della spesa privata. Una differenza non da poco dal punto di vista della tenuta sociale, perché un conto è versare qualche centinaio di euro l’anno come quota di iscrizione a un fondo contrattuale, un altro è dover all’improvviso sostenere migliaia di euro di spese sanitarie, quando si incappa in un problema serio e le liste di attesa costringono a pagarsi ricoveri o accertamenti costosi, come tac e risonanze.

Che il mancato decollo in Italia della sanità integrativa generi diseguaglianze sociali lo dice anche il fatto che la copertura dei fondi contrattuali è più bassa al sud dove minore è anche la spesa sanitaria sostenuta dalle famiglie. E poiché non è che nel Meridione non ci si ammali o che le liste di attesa siano inferiori, questo vuol dire che proprio lì si concentra la maggior parte di quei 4 milioni di italiani che ogni anno rinunciano alle cure per l’impossibilità di pagarsele.

Del resto – informa il rapporto Aiop, l’associazione delle cliniche private – solo il 2,4% di chi ha meno di 15mila euro annui di reddito riesce ad aggirare le liste di attesa grazie alla sanità integrativa, percentuale più che tripla tra chi può godere di un reddito superiore a 50mila euro. Una discriminazione sociale frutto anche del comportamento scorretto di quelle aziende che non versano i contributi per la sanità integrativa dei propri dipendenti.