Impronte, retina e Dna dei turisti: il Grande Fratello alle frontiere Usa. Le nuove disposizioni per chi entra o esce dal Paese riguarderanno tutti gli stranieri. Timori per la gestione dei dati sensibili

(di Massimo Basile – repubblica.it) – NEW YORK – Ogni volta si entra negli aeroporti americani è una piccola storia, dipende dal modo in cui il funzionario della dogana reagisce dopo aver preso in mano il passaporto. Ma da alcuni giorni l’ingresso e l’uscita dagli Stati Uniti si sono arricchiti di nuove procedure: volti fotografati, impronte digitali, iridi scansionate. E un flusso continuo di dati attraversa terminal e gate. Dal 26 dicembre è entrata in vigore la nuova regola federale sui controlli biometrici all’ingresso e all’uscita dei non cittadini americani, inclusi i turisti, i titolari di qualsiasi visto e i residenti permanenti con la carta verde: ogni volta che un visitatore entra o esce dagli Stati Uniti – in aeroporto, porto marittimo, o attraverso i confini via terra – i funzionari della dogana possono chiedere, oltre al riconoscimento facciale diventato obbligatorio, le impronte digitali, la scansione dell’iride, le impronte palmari.
In alcuni grandi aeroporti il riconoscimento facciale e la scansione del palmo della mano sono già utilizzati. Adesso riguarderà tutti gli aeroporti degli Stati Uniti e non ci saranno più esenzioni in base all’età: dovranno sottoporsi ai controlli biometrici anche i bambini sotto i 14 anni e gli adulti sopra i 79. Le esenzioni sono state tolte anche ai diplomatici stranieri e ai canadesi, due categorie di persone con cui Washington ha raffreddato i rapporti. Il prelievo del Dna non è automatico, ma si applicherà in particolari contesti, tipo i sospetti latitanti. Tutti gli altri dati raccolti resteranno negli archivi federali per 75 anni, con un effetto macabro: milioni di persone, anche dopo morte, continueranno a restare “vive” digitalmente nei software americani.
Il nuovo sistema ha generato reazioni contrastanti: la base Maga nazionalista ha esultato, perché certifica il privilegio di essere americani e invia a milioni di stranieri il messaggio di considerarsi in Usa solo come ospiti. Per molti altri, da giuristi ad attivisti per i diritti civili, c’è in gioco la privacy e una nuova restrizione che si aggiunge alla decisione del governo Trump di poter controllare gli account social dei visitatori.
Le critiche a Trump, anche se non viene detto ufficialmente, potrebbero irrigidire qualche funzionario. Ma c’è un altro aspetto più oscuro: dove finiranno i dati? Chi potrebbe utilizzarli? Legalmente verranno conservati nel sistema biometrico del dipartimento di Sicurezza interna, ma uno dei suoi fornitori principali è Palantir, società di software fondata da Peter Thiel, uno dei principali alleati e finanziatori di Trump e guru della Silicon Valley, uno convinto che la tecnologia non serva solo a rendere la vita più comoda, ma a «governare sistemi complessi» e «a prevenire il caos». I dati, potenzialmente, potrebbero venire utilizzati per ottimizzare i processi, affinare i software di Palantir e creare una “mappatura” di abitudini globali con nomi, volti e movimenti.
Non sono scenari complottistici perché Thiel ha dichiarato pubblicamente quale è la sua idea di tecnologia: al servizio dei governi per controllare le masse. «Non credo più che libertà e democrazia siano compatibili», ha dichiarato una volta. Era il 2009, ben prima che Trump decidesse di candidarsi.
Questi sono matti totali.
Allora, facciamo così:
quando arrivano gli ameri-cani da noi, in UE, gli prendiamo i dati biometrici, tutti, inclusi militari, diplomatici e politici.
Ma chi ca22o si credono di essere questi burini?
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Per fortuna andare negli Usa non e’ ancora obbligatorio. Basta non andarci ; prima o poi finira’ il regno di Trump, prima o poi si faranno i conti in tasca.
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Vabbè, siamo i primi a lasciare una scia digitale dei nostri spostamenti ogni volta che usiamo una carta fedeltà e soprattutto, una Carta di Credito/Debito o un Bancomat, o facciamo una telefonata col cellulare agganciandoci a una cella… Le autorità sanno dove siamo, per quanto tempo ci stiamo, cosa compriamo e quanto spendiamo (e se ci andiamo in aereo, sanno quanto siamo alti, quanto pesiamo e siccome possibilmente ci scansiscono coi body scanner, sanno anche se abbiamo biancheria intima; beh, no, l’intimo viene ‘coperto’ da algoritmi che muovono la ricerca ottica sul nostro corpo, ma ci siam molto vicini, insomma, perché non è che NON veniamo scansiti: veniamo scansiti-e-poi-“coperti”). Dunque andare negli USA e fare acquisti… è esattamente identico a farlo nella città vicina, non cambia nulla, e secondo me non cambia granché che ci prendano scansioni delle iridi o dei palmi delle mani. Un veloce esame dei movimenti delle carte digitali e di te sanno praticamente tutto: non serve essere a 9000 Km di distanza piuttosto che nel quartiere limitrofo del proprio. E ‘ste cose le sanno da decenni, mica da ieri… Può girar le balle che gli “americani” ci “schedino” istituzionalmente all’ingresso nei loro confini, lo capisco, ma in parte lo fanno tutti in tutto il mondo, ed è ormai inevitabile per la natura del nostro rapporto con gli apparati digitali che circondano le nostre vite e che ci immergono. Lo ripeto, sanno già dove siamo quando ancora da quei confini siamo lontani migliaia di chilometri…: quando siamo lì in fila per entrare, ci han già contato i peli del Q-lo! 😅
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