La Corte dei conti e lo «sconto» del condominio. Una norma simil-condominio anche per la Corte. Le poche volte in cui i giudici della Corte dei Conti dovessero condannare un amministratore pubblico a risarcire il danno erariale causato da un suo atto, costui non pagherebbe più del 30% del danno. Il resto a carico dei contribuenti

(di Luigi Ferrarella – corriere.it) – Perché nel condominio no e nel Condominio invece sì? A furor di popolo condominiale, imbufalito dall’etichetta di fesso appiccicatagli dalla proposta di legge che agli inquilini in regola voleva far pagare i debiti non saldati ai fornitori dai coinquilini morosi, giorni fa Fratelli d’Italia ha dovuto rinnegarla. Eppure oggi il Senato sta per approvare in via definitiva — nella riforma della Corte dei Conti fortemente voluta dalla maggioranza di governo — una norma ancor più onerosa per tutti gli italiani: in base alla quale, le poche volte in cui i giudici della Corte dei Conti dovessero condannare un amministratore pubblico a risarcire il danno erariale causato da un suo atto, costui non pagherebbe più del 30% del danno, «e comunque» — congiunzione magica — al massimo due anni di stipendio: norma degna di quella abortita sul condominio, visto che nel Condominio, cioè in quello spazio comune che è la tutela delle risorse pubbliche alimentate dalle tasse, al posto dell’amministratore pubblico graziato dal tetto di legge saranno dunque tutti i contribuenti a dover mettere mano al portafoglio per saldare il restante 70% del danno erariale da lui causato.
Con l’ulteriore iniquità — nel Condominio — dell’altra nuova norma che automaticamente presume sempre la «buona fede» dei politici allorché i loro atti siano firmati o proposti o vistati dai tecnici. Cioè quasi sempre, visto che quasi sempre gli atti di un politico hanno la firma o il visto di un tecnico: un po’ come se, nelle scale del condominio, alcuni privilegiati fossero esentati dal pagare i danni delle loro condotte tutte le volte che il portiere non gli avesse detto esplicitamente che quella certa cosa non si poteva fare.
In più la legge, nel fissare la prescrizione del danno erariale a soli 5 anni, li fa decorrere dalla data del danno e non dalla scoperta (di solito molto successiva): e ciò anche se l’amministratore l’ha occultato dolosamente, sol che abbia avuto l’astuzia di farlo non con «condotta attiva» ma con silenzi furbi, omissioni, reticenze. Norme, per il governo, volte a togliere a chi amministra la «paura della firma»: ancora? Ma non era la scusa già usata per abrogare l’abuso d’ufficio?
Corte dei Conti, al Senato basta mezza giornata per approvare la riforma. Il blitz di FdI per separare le carriere
Al Senato mezza giornata per dire sì alla legge anti-controlli Odg meloniano per dividere le funzioni anche dei giudici contabili –
(di Giacomo Salvini – ilfattoquotidiano.it) – Metà giornata. Dalle 11 alle 17. Poi i senatori potranno tornare a casa per le vacanze natalizie. Ma la maggioranza, dopo le fatiche della legge di Bilancio, oggi otterrà l’ultimo risultato prima della fine dell’anno: l’approvazione della riforma della Corte dei Conti che diventerà legge dello Stato. La decisione di riconvocare i senatori a Roma dopo Natale è dovuta a una ragione tecnica e a una politica: la prima è che la riforma deve essere approvata entro il 31 dicembre perché quel giorno scade lo scudo erariale per gli amministratori; la seconda riguarda il fatto che il governo – con la premier Giorgia Meloni in primis – vuole mandare un segnale alla magistratura contabile che a fine anno ha stoppato il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina.
Non a caso questa mattina alle 11 al Senato si presenterà l’ispiratore della riforma e uomo forte della premier: il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, che ha annunciato di voler fare dichiarazioni alla stampa. Un segnale preciso da parte di una figura che limita sempre le parole e preferisce il silenzio agli annunci.
Ma non sarà l’unica novità di giornata: tra i 90 emendamenti delle opposizioni che saranno votati – e respinti per evitare di tornare alla Camera per una seconda lettura – ci sarà un ordine del giorno presentato da Fratelli d’Italia (a prima firma del senatore Gianni Berrino) che propone proprio la separazione delle carriere anche all’interno della magistratura contabile come quella ordinaria. L’obiettivo dell’ordine del giorno è impegnare il governo “a prevedere la separazione delle rispettive carriere tra i magistrati contabili assegnati alle sezioni e quelli requirenti assegnati alle procure, evitando qualsiasi commistione di ruoli, sia in sede centrale sia nelle sedi territoriali, e adeguando in tale prospettiva la componente elettiva del Consiglio di presidenza”. Lo scopo dell’ordine del giorno – che originariamente era stato presentato come emendamento, poi ritirato in commissione per evitare il terzo passaggio parlamentare – è lo stesso della riforma della giustizia di Carlo Nordio che andrà a referendum a marzo: la necessità di “garantire pienamente i principi di terzietà e imparzialità della funzione giurisdizionale contabile”. L’ordine del giorno, insieme ad altri sette di Fratelli d’Italia, dovrebbe aver parere favorevole del governo e passerà questo pomeriggio al Senato.
L’urgenza di approvare la riforma della Corte dei Conti entro il 31 dicembre è legata soprattutto a una questione contingente: quella data, infatti, scade lo “scudo erariale” per gli amministratori nelle condotte legate ai progetti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. I giudici contabili si sono più volte espressi contro questa misura (che esclude la punibilità per la “colpa grave”) introdotta dal governo Conte-2 nel 2020 e prorogata da tutti i governi che sono venuti dopo. La riforma non lo proroga, ma di fatto lo “supera” eliminando una parte consistente dei poteri di controllo e successivi dei giudici contabili e riducendo al minimo le responsabilità erariali per gli amministratori: viene introdotta la “presunzione della buona fede” per gli amministratori pubblici che, in assenza di dolo, non andranno incontro a contestazioni erariali. È per questo che Palazzo Chigi vuole far diventare legge la riforma entro la fine dell’anno: per evitare di lasciare “scoperti” gli amministratori che devono finire di “mettere a terra” i progetti del Pnrr. Così ieri i capigruppo dei partiti di maggioranza hanno inviato messaggi a tutti i senatori che potrebbero avere la tentazione di restare a casa per le feste: “Tutti presenti in aula”.
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Mattarella ha sentito i giudici della CdC?
PERCHE’ ALLORA FIRMERA’ QUEST’OBBROBRIO?
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Grazie alla Redazione di Infosannio…..!!!
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Grottesco…..!!!!!
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Non si dice per fessi…
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