Il sottosegretario: “Il testo è chiuso. Ci saranno armi e aiuti civili come negli anni scorsi. Turbolenze in manovra? Capita sempre”

Giovanbattista Fazzolari

(di Lorenzo De Cicco – repubblica.it) – Per un grattacapo (quasi) risolto, ce n’è un altro che tormenta il governo in queste ore. Il primo è il decreto Ucraina, il secondo è una storia di cui stanno discutendo ai piani alti dell’esecutivo e riguarda un’azienda di cybersicurezza che lavora con Palazzo Chigi e il Viminale e che è finita in mani straniere, a un fondo americano che però fa affari con la Cina. Circostanza che preoccupa il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che difatti sta studiando il golden power: quell’impresa, che offre servizi d’intelligence al nostro governo, deve restare in mani italiane.

Sotto l’albero di Giorgia Meloni arrivano segnali distensivi sul decreto per Kiev, su cui la Lega si era messa di traverso, minacciando una clamorosa astensione. «Il testo del decreto in realtà è già chiuso. E ci saranno anche le armi, oltre agli aiuti civili, come era prima», sintetizza il potente sottosegretario di Palazzo Chigi, Giovanbattista Fazzolari, dalla buvette del Senato, durante l’ultima seduta per approvare la legge di bilancio. E a proposito: «Turbolenze sulla manovra? Nulla che non capiti in ogni sessione di bilancio», smorza i toni il braccio destro di Giorgia Meloni. Il tornante più attuale, chiusa la pratica finanziaria, è l’Ucraina: lunedì prossimo in Cdm andrà votato un testo ritoccato nel titolo e nelle premesse, per dare qualche concessione a Matteo Salvini. Si spediranno sì «principalmente aiuti civili», come ha detto pure l’altro sottosegretario di Palazzo Chigi, Alfredo Mantovano, ma anche armi. Come chiedono Fazzolari e Guido Crosetto, il ministro meloniano alla Difesa. Che ieri, lontanissimo dalle beghe romane, dalla base Nato di Novo Selo, in Bulgaria, si mostrava ottimista, dopo settimane complicate: «Sul decreto Ucraina non c’è mai stato disaccordo, il provvedimento è pronto e il 29 dicembre vedrete il contenuto: come dice il Vangelo, “dai frutti li riconoscerete”». Trattative chiuse? Salvini un po’ frena: «Una cosa per volta, a me interessa che sia diverso dagli anni passati e che si parli di difesa e non solo di offesa, e si parli di civili e non solo di militari».

Ma intanto c’è un altro fronte, discusso inusualmente nel Cdm lampo di ieri, convocato in una sala del Senato solo per ratificare la manovra. Riguarda i rischi della guerra ibrida, tema spinoso e dallo spettro macroscopico, che annovera tante sottocategorie, dagli attacchi cyber alla propaganda, su cui sono intervenuti in questi mesi tanti esponenti di governo, inclusi Crosetto a Fazzolari. Il caso che viene affrontato nel chiuso del consiglio dei ministri, confermato a Repubblica da due fonti presenti, riguarda un’azienda di cybersicurezza, la Tinexta Defence, controllata dalla casa madre, Tinexta, finita a fondi americani (il principale è Advent) che fanno affari anche con la Cina. Dettaglio non da poco: come ricostruiscono fonti governative, Tinexta Defence ha contratti sia con la presidenza del consiglio che con il Viminale. Ecco perché ieri al Cdm si è dovuto collegare da remoto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Proprio per affrontare il nodo. La linea del capo del Viminale è questa: la Tinexta Defence, per ragioni di sicurezza, deve restare in mani italiane. E scorporata dalla casa madre ora controllata dagli statunitensi. Non è un’allerta da sottovalutare, secondo quanto riferito da Piantedosi a diversi ministri. Ecco perché nell’esecutivo si sta ragionando sull’attivazione di alcune prescrizioni del golden power.