Il filosofo: “A Venezia feci un bando aperto a tutti, spazi come quelli sono di interesse sociale”

(Flavia Amabile – lastampa.it) – Le occupazioni? È stato un errore non regolarizzarle in passato. Massimo Cacciari è un filosofo, un saggista, un opinionista. Ma è anche stato sindaco di Venezia per due mandati. Le occupazioni le ha vissute e gestite.
A Torino è appena terminata la manifestazione di protesta contro lo sgombero del centro sociale Askatasuna. Ci sono stati ancora una volta scontri, peraltro ampiamente annunciati. Che cosa ci dice questo sulla situazione dei centri sociali in Italia?
«Nulla di nuovo. Gli sgomberi dei centri sociali sono sempre avvenuti e sempre avverranno con manifestazioni di protesta. Almeno finché ci saranno dei centri sociali in Italia. Ormai sono in calo rispetto al passato, rappresentavano una delle manifestazioni dei movimenti giovanili fino a qualche anno fa».
E vengono sgomberati. Ci sono stati diversi sgomberi a Roma, a Milano il Leoncavallo e ora a Torino Askatasuna.
«Si sgombera laddove prima le amministrazioni comunali non si siano invece cautelate anche dal rischio di manifestazioni, scontri, eccetera, sistemando le cose. Come feci io a Venezia».
E come fece a Venezia?
«Molto semplice. A chi voleva occupare dissi che gli edifici non si occupano. È, però, interesse anche della città che ci sia un centro di ricreazione, di discussione giovanile. Per realizzarlo il Comune deve fare un bando pubblico. A questo bando può partecipare chi vuole, di destra o di sinistra. Gli uffici competenti valutano, poi, tra i partecipanti chi corrisponde meglio ai requisiti previsti. In questo modo si trasforma il centro sociale in un organismo culturale di interesse sociale per la città. Questa era la cosa che andava fatta durante gli scorsi decenni. Credo che sia stata realizzata solo a Venezia».
Quindi lei non avrebbe firmato un patto come ha fatto il comune di Torino, andando oltre le irregolarità?
«Ho fatto quello che le ho detto, un bando in una sede che era irregolarmente occupata, dove in qualsiasi momento potevano crearsi problemi con l’illegittimo proprietario o anche con la Corte dei Conti. Può piacere o non piacere, ma sono situazioni irregolari. I comuni avevano tutte le possibilità di regolarizzarle, non lo hanno fatto ed hanno fatto malissimo».
Chi sostiene gli attivisti dei centri sociali, li descrive come bravi ragazzi che fanno solo politica, dicendo che sgomberarli significa imbavagliare il dissenso. È d’accordo?
«Sì, sono d’accordo, perché nella stragrande maggioranza dei casi, come per esempio qui a Milano al Leoncavallo, non solo non facevano male a nessuno, ma realizzavano qualcosa di positivo. Erano centri di aggregazione di alcuni settori giovanili in modo assolutamente pacifico, con dibattiti e discussioni, a cui qualche volta ho partecipato pure io. Ormai sono una minoranza che non ha più la forza e le dimensioni di qualche decennio fa, nel bene e nel male».
Quindi non andrebbero sgomberati. Ma allora come li si gestisce?
«Sgomberarli e basta è un errore. Dopo dove vanno, che cosa fanno? Mandarli via significa creare motivi di frustrazione, di dissenso, di polemica. E vuol dire rendere ancora più difficile la condizione giovanile nel nostro Paese. I luoghi occupati andrebbero regolarizzati, riconoscendo la funzione sociale che la gran parte di loro ha svolto in questi anni».
Una funzione sociale tradita in diverse occasioni da parte di Askatasuna, a partire dall’assalto alla redazione della Stampa a Torino.
«In questo caso ci stiamo riferendo a un aspetto diverso rispetto al discorso che ho appena fatto. Non si deve organizzare un assalto alle redazioni dei giornali, anche se sono giornali – tra virgolette – nemici. Sono comportamenti che non corrispondono neanche minimamente all’interesse di un centro sociale che voglia poi continuare a svolgere le sue attività culturali e politiche. Si rende, invece, soltanto più difficile la sopravvivenza del centro sociale, in particolare in una situazione generale, culturale e politica come l’attuale che non è certo la più favorevole né ai giovani in generale, né ai movimenti culturali e politici giovanili».
Il ministro degli Esteri Tajani la pensa come Pasolini. Parlando degli attivisti di Askatasuna ha ricordato che sono «figli di papà che se la prendono con i figli del popolo, che stanno lì a mantenere la libertà, a difendere la democrazia e la sicurezza dei cittadini». Che ne pensa?
«Tajani si vergogni anche a pronunciare solo il nome di Pasolini. Se desidera facciamo un confronto su chi è stato Pasolini, su che cosa ha scritto, cosa ha fatto, su come va interpretata anche la sua disperazione rispetto al crollo di determinate culture, di determinati valori nel nostro Paese. Il suo è un discorso contro i Tajani, non contro il movimento studentesco».
I militanti di CasaPound sostengono che loro non devono essere sgomberati perché non hanno nulla a che vedere con chi si rende protagonista di episodi di violenza.
«Direi che nel caso di CasaPound c’è un’area di rispetto».
I CENTRI SOCIALI- Viviana Vivarelli
Ci sono vari tipi di centri sociali. A Bologna il centro sociale è generalmente del Pd, tenuto da volontari, spesso anziani, ce n’è uno per ogni quartiere ed è un centro di contatto sociale, dove si gioca a carte o a bocce, c’è un giardino per i giochi dei bambini, si fanno corsi culturali o salutari, ci sono cene sociali, un giorno alla settimana si friggono le crescentine, si balla, si fanno spettacoli o si proiettano film, c’è un bar… la gente del quartiere si incontra, si conosce, chiacchiera, mangia…
A Milano o a Torino centro sociale vuol dire punto di incontro giovanile dove ci si incontra, si parla di politica, si discute, si organizzano manifestazioni di protesta, ci si occupa di problemi seri come i senza tetto o le case vuote, i migranti o la Palestina, si organizzano scioperi o atti dimostrativi. Si parla tanto di giovani abulici che non si occupano di niente ma quelli che frequentano i centri sociali del nord sono pieni di ideali e di passioni. Possono essere di destra come di sinistra.
Nel passato, in genere, i vari governi hanno accettato i centri sociali che hanno il diritto di esistere per Costituzione così come hanno diritto di esistere i partiti.
Con la destra al potere assistiamo allo strano caso di una lotta per chiudere i centri sociali avversi al governo mentre continua l’assurdità di una Casa Pound, di estrema destra che che occupato abusivamente da 23 anni senza pagare affitti o bollette un palazzo di 6 piani per un totale di 5.000 metri quadrati, dove sono 23 appartamenti. Originariamente l’immobile era una sede distaccata del Ministero dell’Istruzione prima di diventare il quartier generale del movimento CasaPound Italia (CPI) di estrema destra, che i suoi stessi membri definiscono come “Fascismo del Terzo Millennio”. Nato a Roma nel 2003 con l’occupazione di uno stabile in via Napoleone III (nel rione Esquilino), il gruppo si è evoluto da centro sociale di destra a organizzazione politica nazionale. Il nome è un omaggio al poeta statunitense Ezra Pound, noto per le sue posizioni economiche anti-usura e la sua vicinanza al regime mussoliniano.
Il movimento rivendica apertamente l’eredità del fascismo storico, dunque è incostituzionale, rielaborandolo in chiave moderna attraverso il concetto di “identitarismo”.
La Tartaruga Frecciata è il loro simbolo ufficiale, rappresenta la longevità e la casa che si porta sul guscio, mentre le frecce indicano la proiezione verso il futuro.
Temi principali: Sovranismo (uscita da UE, Euro e NATO), blocco dell’immigrazione, “Mutuo Sociale” (per permettere l’acquisto della casa a famiglie italiane) e “Reddito Nazionale di Natalità”.
CasaPound si distingue per un modello ibrido che unisce l’attivismo politico tradizionale a quello dei centri sociali. Utilizzano lo strumento dell’occupazione abitativa per famiglie italiane in difficoltà. Gestiscono una vasta rete di attività, tra cui librerie, palestre, squadre di rugby e gruppi di volontariato (come la Protezione Civile “La Salamandra”). Blocco Studentesco è la loro ala giovanile, molto attiva nelle scuole superiori e nelle università.
Per anni CasaPound ha cercato la via elettorale presentandosi a varie consultazioni nazionali e locali. Tuttavia, dopo i risultati deludenti delle elezioni europee del 2019, il leader Gianluca Iannone ha annunciato la fine dell’esperienza come partito elettorale, riportando il movimento a una dimensione di “movimento di promozione sociale” e azione territoriale.
Nel corso del 2025, il movimento ha mantenuto una presenza attiva nel dibattito pubblico attraverso: Campagne di tesseramento, proposte come la “remigrazione” (il ritorno dei migranti nei paesi d’origine) e manifestazioni contro il degrado urbano e l’insicurezza nelle città. Restano frequenti le tensioni con le autorità e i movimenti antifascisti, con interrogazioni parlamentari che periodicamente chiedono lo sgombero delle sedi occupate illegalmente o lo scioglimento dell’organizzazione per incompatibilità con i valori costituzionali.
A Torino è appena terminata la manifestazione di protesta contro lo sgombero del centro sociale Askatasuna. Prima c’era stata la chiusura del Leoncavallo . Ci sono stati ancora una volta scontri con la polizia, peraltro ampiamente annunciati. A Milano al Leoncavallo, non solo non facevano male a nessuno, ma realizzavano qualcosa di positivo. Erano centri di aggregazione di alcuni settori giovanili in modo assolutamente pacifico, con dibattiti e discussioni, a cui qualche volta ho partecipato pure Cacciari, che dice: “Sbagliato non regolarizzare le occupazioni, gli sgomberi creano solo frustrazione”. «Sgomberarli e basta è un errore. Dopo dove vanno, che cosa fanno? Mandarli via significa creare motivi di frustrazione, di dissenso, di polemica. E vuol dire rendere ancora più difficile la condizione giovanile nel nostro Paese. I luoghi occupati andrebbero regolarizzati, riconoscendo la funzione sociale che la gran parte di loro ha svolto in questi anni».
Il Centro Sociale Occupato Autogestito (CSOA) Askatasuna è uno degli spazi antagonisti più storici e conosciuti d’Italia, situato a Torino, nel quartiere Borgo Vanchiglia.
Il termine “Askatasuna” deriva dalla lingua basca e significa “libertà”.
Proprio negli ultimi giorni, il centro sociale è tornato prepotentemente al centro della cronaca:
Il 18 dicembre 2025, le forze dell’ordine hanno eseguito il sequestro e lo sgombero dello stabile di Corso Regina Margherita 47. L’operazione è legata a inchieste riguardanti assalti a sedi istituzionali e testate giornalistiche avvenuti durante recenti manifestazioni.
Il sindaco di Torino Stefano Lo Russo del Pd ha dichiarato cessata la collaborazione con il collettivo (che prevedeva un progetto di recupero dell’edificio come “bene comune”) a causa del mancato rispetto delle prescrizioni concordate.
Lo sgombero ha innescato cortei e tensioni nel quartiere Vanchiglia tra attivisti e polizia.
Occupato dal 16 novembre 1996, l’edificio era precedentemente un asilo (Opera Pia Reynero) abbandonato dal 1981. Per quasi trent’anni è stato un fulcro di atti di mpegno politico: Legato all’area dell’Autonomia, è stato centrale nelle lotte No TAV in Val di Susa e nei movimenti per il diritto alla casa. Ha ospitato concerti (da Mad Professor agli Assalti Frontali), cineforum, spettacoli teatrali e festival (come Altri Mondi, che ha visto la partecipazione di figure come Zerocalcare e Alessandro Barbero). È uno spazio di aggregazione giovanile e alternativa per il quartiere.
Per decenni, l’Askatasuna ha rappresentato un punto di riferimento per l’antagonismo torinese, vivendo in una costante tensione tra la partecipazione attiva alla vita sociale del quartiere e i numerosi conflitti giudiziari e di ordine pubblico con le istituzioni.
Sembra che il potere, sia di destra che di sinistra, non ami che gruppi di cittadini e meno che mai giovani si organizzino dal basso per attività politiche o sociali al di fuori del controllo e della gestione partitica ufficiale. In ciò la destra come la sinistra sono appaiate in un odio comune alla democrazia, disdegnando entrambe i diritti civili sanciti dalla Costituzione.
Nella civile Bologna, un centro sociale (non politicizzato), Villa Paradiso, è stato chiuso dall’amministrazione del Pd per rivalsa contro la proiezione di un film sulla Russia.
Il ministro degli Esteri Tajani, parlando degli attivisti di Askatasuna, ha detto che sono «figli di papà che se la prendono con i figli del popolo, che stanno lì a mantenere la libertà, a difendere la democrazia e la sicurezza dei cittadini»
I membri del centro Askatasuna sono stati accusati di aver attaccato la sede della Stampa. Loro respingono ogni accusa. Attacco o no, quello che risulta chiaro è che al potere, di qualunque colore esso sia, dà profondamente fastidio qualsiasi cosa nasca dal popolo. E questo la dice lunga sul grado di democrazia delle nostre istituzioni.
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Ah, respingono ogni accusa? Allora l’avrò assaltata io la sede della Stampa. Tanto accusa o no, che differenza fa? Mica vado nei guai, come non dovrebbero essere nei guai quelli di Askatasuna. È il potere che si infastidisce quando qualcuno assalta le sedi della stampa. Ci vorrebbe un po’ più di tolleranza, da parte del potere.
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