FT, ‘LA LEALTÀ DI MELONI MESSA ALLA PROVA IN UN VERTICE UE CRUCIALE’

(ANSA) – “La lealtà di Meloni messa alla prova in un vertice Ue cruciale” è il titolo di un articolo che l’edizione europea del Financial Times dedica “all’enigmatica leader italiana che detiene il voto decisivo su due questioni critiche”, ovvero sull’uso degli asset russi per la sostenibilità finanziaria dell’Ucraina e il voto sull’intesa con il Mercosur.  

 “Gli alleati di Meloni nell’Ue sperano che lei rimanga tale anche nel vertice ad alto rischio di oggi”, scrive il quotidiano finanziario, sottolineando che da “quando è entrata in carica nell’ottobre 2022, le capitali dell’Ue hanno nutrito il timore che Meloni potesse rompere il consenso pro-europeo del blocco su questioni chiave”.

Nonostante “il suo storico euroscetticismo, le vecchie amicizie con il leader ungherese Viktor Orbán e i partiti filo-russi della sua coalizione, Meloni è sempre tornata a una linea filoeuropea nei momenti critici, dimostrandosi una delle più fedeli sostenitrici di Zelensky”, si legge ancora.   

“Abbiamo davanti a noi una settimana decisiva che potrebbe davvero determinare l’importanza dell’Ue come attore internazionale”, ha affermato un alto funzionario tedesco citato dal Financial Times.

“L’Italia è piuttosto cruciale in questo senso”. Per il quotidiano finanziario le scelte di Meloni nei prossimi giorni “potrebbero ridefinire le sue future relazioni con gli alleati europei, proprio mentre la premier italiana ha cercato di sfruttare la sua posizione globale per rafforzare la sua immagine in patria”.

In definitiva, conclude, “la valutazione più importante di Meloni sarà probabilmente quella di valutare come le sue scelte influenzeranno la sua posizione sulla scena internazionale e come questo sarà percepito dagli elettori italiani”.

Asset russi, Meloni in bilico tra Salvini e von der Leyen punta a guadagnare tempo

Il dilemma della premier: rompere con i partner comunitari o con quelli di governo quando il dossier ucraino approderà in Parlamento

Asset russi, Meloni in bilico tra Salvini e von der Leyen punta a guadagnare tempo

(di Tommaso Ciriaco – repubblica.it) – BRUXELLES – Guadagnare tempo. Alla vigilia del Consiglio europeo, Giorgia Meloni si ritrova di fronte a un bivio fastidioso: rompere con Bruxelles, o creare fratture in Italia talmente pesanti da danneggiare la stabilità del suo esecutivo. Bocciare infatti la proposta europea di utilizzare gli asset russi congelati, come minaccia di fare da giorni Palazzo Chigi, significherebbe mettersi alla testa di un gruppo di Paesi dell’area Visegrad, sovranisti e filoputiniani, rinnegando tre anni e mezzo di sostegno a Kiev: una compagnia a un passo dall’insostenibile. Se scegliesse invece di esprimersi a favore o di astenersi sulla proposta della Commissione, rischierebbe l’incidente in patria: è infatti previsto un voto del Parlamento sul dossier degli asset. E la presidente del Consiglio, in queste ore, teme che Salvini si opponga. Rischiando di aprire una crisi politica dagli esiti imprevedibili.

Guadagnare tempo, dunque: ma come? Roma cerca nel catalogo delle soluzioni emergenziali, ben consapevole che da almeno un anno nessuno ha trovato idee all’altezza della sfida. Un’opzione praticabile, trapela, potrebbe essere quella di immaginare un breve prestito ponte per l’Ucraina. Qualche mese per sopravvivere, in attesa di capire l’evoluzione degli eventi sul campo (e al tavolo della diplomazia). Ogni trenta giorni, secondo una stima grezza degli italiani, l’Europa dovrebbe destinare quattro miliardi a Kiev. Per Ursula von der Leyen, servirebbe qualcosa di più: 135 miliardi in 24 mesi, dunque circa 5 miliardi e mezzo. L’Italia verrebbe chiamata a pagare una quota dell’11% di questa cifra. Per qualche mese e in attesa di capire soprattutto una cosa: come finirà la trattativa gestita da Trump.

Certo, il segnale inviato dall’Europa a Volodymyr Zelensky non sarebbe dei migliori: soluzione a tempo, striminzita, timida. Ma utile a Meloni per compiacere Washington, evitando anche il bivio stretto che dovrebbe altrimenti affrontare. E comunque meglio di una mancata decisione. Uno stallo verrebbe infatti accolto dal Cremlino con giubilo.

Le incognite sono numerose, in queste ore. Ad esempio: cosa accade se il Belgio accetta un compromesso? Roma sarebbe costretta a sfilarsi dalla pattuglia composta dai Paesi di Visegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia, l’Ungheria di Viktor Orbán, più la Bulgaria), aprendo in casa un enorme problema politico alle Camere. L’eventuale utilizzo degli asset russi, infatti, deve ottenere un via libera del Parlamento, che serve ad autorizzare le garanzie che l’Italia deve fornire al Belgio, al pari dei partner. È lo scudo contro eventuali ricorsi legali di Mosca. Anche il prestito ponte andrebbe probabilmente vagliato alle Camere, ma è evidente che sarebbe più digeribile per il Carroccio.

Sarà una battaglia lunga, iniziata già nella notte di ieri. La premier, lasciando prima del previsto il Senato, annuncia di aver anticipato il volo per Bruxelles per incontrare all’hotel Amigo Emmanuel Macron e Friedrich Merz. A loro consegnerà la posizione negoziale italiana, che tiene assieme le critiche legali rispetto all’utilizzo dei beni congelati russi e i dubbi sulla strategia della Commissione europea, che avrebbe abbandonato troppo in fretta l’idea di prestito convenzionale degli Stati membri (che però sulla carta richiede l’unanimità) o il finanziamento attraverso debito comune continentale, avversato però da Berlino.

Non solo. Meloni avvertirà anche che a suo avviso accettare l’utilizzo degli asset di Mosca esporrà l’Europa sui mercati. E di conseguenza l’Italia sul fronte dei conti pubblici: già gravata da un enorme debito nazionale, potrebbe pagare un prezzo pesante – questa la tesi – nel caso in cui l’euro subisse un danno reputazionale. Stamane, intanto, fuori dal Consiglio si riuniranno alcune sigle di agricoltori europei, tra cui Coldiretti. Protestano contro l’accordo di libero scambio tra Ue e Sudamerica (Mercosur). Qualcuno ha anche suggerito alla premier di affacciarsi fuori dal palazzo per salutare i manifestanti: difficile che accada, ma mai dire mai.