Tutelare il lavoro, la democrazia e il diritto dei cittadini a un’informazione plurale

Il taglio annunciato di 20 milioni di euro alle risorse destinate alle emittenti radiotelevisive locali, inserito nel perimetro di una proposta emendativa alla legge di Bilancio, rischia di produrre un dannoso effetto strutturale sul sistema dell’informazione italiana. Non si tratta di una riduzione neutra, ma di un intervento che incide direttamente sulla tenuta del pluralismo informativo, sull’equilibrio dei territori e sulla sopravvivenza di un comparto già messo a dura prova negli ultimi anni.
La criticità è particolarmente accentuata in Campania, dove le televisioni locali convivono da tempo con un mercato pubblicitario fragile, spesso insufficiente a garantire continuità economica. In un contesto in cui la raccolta pubblicitaria si concentra sempre più sulle grandi piattaforme nazionali e digitali, le emittenti territoriali faticano a sostenersi, nonostante svolgano una funzione essenziale di informazione di prossimità.
Le realtà locali rappresentano infatti un vero avamposto del pluralismo informativo. Raccontano i territori, danno voce alle realtà periferiche, seguono la cronaca giudiziaria, amministrativa e sociale che raramente trova spazio nei palinsesti nazionali. Senza questo presidio, intere aree del Paese rischiano di diventare mediaticamente invisibili.
Particolare attenzione meritano poi le emittenti storiche, attive da decenni e profondamente radicate nel tessuto sociale locale. Queste realtà costituiscono un patrimonio informativo e culturale che va oltre il valore economico: custodiscono memoria, identità e continuità del racconto pubblico dei territori.
Il rischio più immediato riguarda i livelli occupazionali. Tecnici, giornalisti, operatori della comunicazione lavorano in strutture già sottodimensionate, dove ogni taglio si traduce in riduzioni di organico, licenziamenti o chiusure definitive.
Difendere l’informazione radiotelevisiva locale significa quindi tutelare il lavoro, la democrazia e il diritto dei cittadini a una informazione plurale, libera e radicata nei territori.
COMITATO CO.RE.COM CAMPANIA
Il rischio più immediato riguarda i livelli occupazionali. Tecnici, giornalisti, operatori della comunicazione lavorano in strutture già sottodimensionate, dove ogni taglio si traduce in riduzioni di organico, licenziamenti o chiusure definitive.
Questa è la frase che, da sola, racconta quasi tutto.
Persone reali, con famiglie e vite quotidiane, colpite da decisioni che potrebbero apparire distanti dai loro problemi.
E, volendo essere realisti, questi cittadini votano: se un governo arriva a sacrificare voti dovrebbe far riflettere su come siamo messi male.
Detto questo, non è automatico che ogni sostegno pubblico sia giusto o utile.
Capisco l’idea di proteggere settori temporaneamente in difficoltà, ma dare soldi a emittenti che vivono di fuffa non ha senso.
È un limite mio, forse semplifico troppo, ma mi sembra evidente quando il denaro pubblico finisce dove non produce reale valore per l’informazione o per la comunità.
Difendere il lavoro e il pluralismo sì, finanziare Wanna Marchi locali no.
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Per raccogliere le primizie regionali c’è sempre spazio per questa categoria lavorativa: pomodori,olive,uva…
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