Un emendamento dei meloniani alla Legge di Bilancio cancella la norma del Decreto Sicurezza che la equiparava alla droga e propone di affidarne la vendita a negozi autorizzati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli

(di Enrico Mingori – tpi.it) – Fratelli d’Italia sembra aver cambiato idea sulla cannabis light. Con un emendamento alla Legge di Bilancio 2026, il partito della premier Giorgia Meloni fa marcia indietro sulla norma – introdotta appena otto mesi fa con il Decreto Sicurezza – che ha reso di fatto illegale l’intera filiera dei “prodotti da infiorescenze di canapa”: FdI adesso chiede di riammettere la cannabis light nell’ambito della legalità e di affidarne la distribuzione all’Agenzia delle Dogane e dei Monopol

Il cambio di rotta – inaspettato e abbastanza sottaciuto dai meloniani – arriva dopo che due tribunali si sono espressi contro il divieto del Decreto Sicurezza e in attesa che si pronuncino sul punto la Corte costituzionale e la Corte di Giustizia europea.

Cosa prevede l’emendamento di FdI

Il primo a dare notizia della giravolta dei meloniani è stato Mario Catania sulla testata specializzata dolcevitaonline.it. L’emendamento è firmato dal senatore Matteo Gelmetti, lo stesso che aveva prima presentato e poi ritirato la proposta di introdurre alcuni paletti al diritto di sciopero nel settore dei trasporti.

Gelmetti propone di abrogare in toto la norma del Decreto Sicurezza – in vigore dallo scorso aprile – che di fatto equipara la cannabis light alle sostanze stupefacenti. Dunque i prodotti costituiti da infiorescenze di canapa tornano dentro l’alveo della legalità. In base all’emendamento, la vendita della cannabis light è ammessa solo da parte di tabaccai e negozi specializzati previa autorizzazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

A questi prodotti, inoltre, viene applicata la supertassa del 40% già prevista per le sigarette. E ancora: la cannabis light non può essere venduta ai minorenni né fumata nei luoghi in cui vige divieto di fumo. Sulle confezioni dovranno comparire avvertenze per la salute e sono vietate la pubblicità e la vendita a distanza.

Cannabis light, i timori delle piccole imprese

In Italia si stima siano 800 le imprese che coltivano canapa per produrre la materia prima, a cui si aggiungono altre 1.500 aziende operanti nella lavorazione. Secondo le stime delle associazioni di settore, nella filiera della cannabis light lavorano circa 10mila persone a tempo indeterminato e 5mila lavoratori stagionali, per un fatturato annuo complessivo che – prima del Decreto Sicurezza – si aggirava intorno al mezzo miliardo di euro.

L’emendamento di Fratelli d’Italia è accolto con soddisfazione dalle aziende del settore, che vedono all’orizzonte la possibilità di tornare a non essere considerate fuorilegge. D’altra parte, il timore diffuso nella filiera è che la tassa del 40% possa mettere in ginocchio molti operatori, traducendosi così in un favore alle grandi multinazionali del settore.

Cosa dicono i giudici

Nei mesi scorsi la norma del Decreto Sicurezza sulla cannabis light ha ricevuto due sostanziali bocciatura da parte dei tribunali di Torino e Palermo, che hanno assolto alcuni produttori poiché non si potrebbe vietare per legge la commercializzazione di un prodotto come stupefacente senza analisi che ne provino l’effetto drogante.

Sulla norma in questione si pronunceranno prossimamente anche la Corte costituzionale e la Corte di Giustizia europea. La Consulta è stata interpellata da un giudice di Brindisi relativamente a un sequestro di cannabis light a danno di un’azienda, mentre alla Corte di Lussembergo si è appellato il Consiglio di Stato.