L’ipotesi di un audio con quelle frasi, poi consegnato al quotidiano. La strategia discussa ore prima nelle chat del partito

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari 

(di Tommaso Ciriaco , Lorenzo De Cicco – repubblica.it) – ROMA – Non è stata una sortita maldestra quella di Galeazzo Bignami. Non si era appena svegliato, non aveva sputato il caffè davanti a una copia de La Verità, non ha abborracciato un comunicato senza troppo badare alle virgole. La nota che il fedelissimo di Meloni, firmandosi «capogruppo di FdI», fa diffondere alle 12.12 dal suo ufficio stampa a Montecitorio viene cesellata, per ore, dallo stato maggiore della fiamma.

L’articolo del “cronista” Ignazio Mangrano — sembra un nom de plume, non risulta iscritto in alcun ordine dei giornalisti d’Italia — rimbalza già dalla notte prima nelle chat dei Fratelli, alimentando la suggestione che qualcuno abbia dato l’imbeccata. Che sia così o no, la notizia finisce di mattina presto sul canale Whatsapp della “Comunicazione” di FdI, quello dove il potente sottosegretario di Palazzo Chigi, Giovanbattista Fazzolari, dirama i suoi dispacci per le vie brevi: quali notizie riprendere, quali smorzare, quali cavalcare con le uscite coordinate dei parlamentari. Qui l’ordine di scuderia è chiaro: colpire.

Poco dopo mezzogiorno, con mandato pieno, il presidente dei deputati di FdI centra allora il bersaglio “Colle”. Non menzionando esplicitamente il presidente Sergio Mattarella, ma la nomenclatura quirinalizia. O almeno un pezzo. Quello con trascorsi — questa è l’accusa più ricorrente, nelle conversazioni della cerchia stretta della premier — «in ambienti del Pd». Francesco Garofani diventa l’appiglio, la valvola di sfogo di malumori covati sottotraccia da tempo. È anche l’uomo che consiglia Mattarella sulla difesa, da ultimo alla riunione del consiglio supremo dell’altro ieri, in cui il Quirinale ha ribadito il sostegno a Kiev dopo giorni di imbarazzi e tentennamenti dall’esecutivo.

I rapporti tra gli staff del resto, in tre anni e passa di legislatura, sono spesso stati vissuti a Palazzo Chigi come una sequenza di attriti, malintesi, se non di ostilità malcelate. Nel mirino dell’inner circle della leader è finito più volte, in passato, perfino il segretario generale della presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti. Sfoghi privati e narrazione pubblica: «Giorgia» vs il Palazzo. Prova ne è l’ultima arringa da comizio, ieri sera da Padova, a difesa del premierato: «Vogliamo una riforma che dica basta agli inciuci, ai giochi di palazzo, ai governi che passano sopra la testa dei cittadini».

Meloni poteva non sapere dell’affondo firmato dal suo capogruppo? Chi ha parlato con la leader di FdI giura che la risposta è stata questa: no, non aveva nemmeno letto il pezzo. Mentre di certo Fazzolari era informato. Ma persino dagli uomini del capogruppo trapela un’altra versione, detta a mezza bocca: su un tema così scivoloso, un frontale con il Colle, non può bastare nemmeno l’assenso del solo Fazzolari. Ne sembrano convinti anche gli alleati. «Se Galeazzo ha ripetuto quelle frasi in Aula nel pomeriggio, è perché era tutto coordinato dall’alto», il ragionamento che sfugge alla Camera a Riccardo Molinari, presidente dei deputati leghisti.

Di sicuro la premier interviene in una seconda fase, dopo la replica del Quirinale. E non per scaricare Bignami, semmai per blindarlo, via dichiarazioni di Fazzolari. Privatamente, Meloni chiede di chiarire quale sia l’obiettivo. Cioè Garofani, non il capo dello Stato. La presidente del Consiglio insiste: la smentita alle frasi pubblicate da La Verità sarebbe stata doverosa e non è avvenuta. La replica del Quirinale? Viene giudicata un errore. Perché avrebbe ingigantito la vicenda e fornirebbe copertura politica a chi forse non l’avrebbe meritata. Perché il fatto, sono certi a Palazzo Chigi, è avvenuto. Quelle frasi «sono state pronunciate». Più esponenti di primo piano di FdI parlano a taccuini chiusi di un presunto «audio» che sarebbe in possesso del direttore del giornale di destra, Maurizio Belpietro. Registrazione che avrebbe «ricevuto da una fonte». E non ieri l’altro. Ma «diversi giorni fa». Un’informazione che è stata confidata direttamente dal giornalista a diversi rappresentanti (anche di governo) del partito della fiamma. Accolta non proprio con dispiacere.