Due ministri costretti alle dimissioni, fedelissimi in fuga: il presidente ora teme l’effetto valanga

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky

(Anna Zafesova – lastampa.it) – Ville in Svizzera, milioni di dollari dirottati in società di comodo, tangenti a ministri e magistrati e perfino schemi di corruzione che portano a Mosca. Le truppe di Vladimir Putin hanno ripreso ad avanzare a Pokrovsk e nella regione di Kharkiv, ma a Kyiv in queste ore infuria un’altra battaglia, che sta mietendo vittime nelle stanze del potere. Già due ministri – Svitlana Grinchik, responsabile dell’Energia, e il guardasigilli Herman Galushenko – si sono dimessi in attesa di una formalizzazione delle accuse contro di loro.

E dalle più di 70 perquisizioni condotte finora stanno uscendo tonnellate di carte e chilometri di intercettazioni, che portano sempre più in alto, fino a persone che possono permettersi di mandare sms a un certo “Volodymyr Oleksandrovich” che, a quanto pare, di cognome faccia Zelensky. L’operazione delle procure anti-corruzione speciali Nabu e Sap porta il nome in codice di “Midas”, un’allusione evidente a una rete che trasformava in oro tutto quello toccava.

A capo della “organizzazione criminale” ci sarebbe Timur Mindich, imprenditore e lobbista, ma soprattutto amico di Zelensky e socio di Kvartal 95, la società di produzione fondata dal presidente ucraino agli albori della sua carriera da comico. Dalle registrazioni sembra che Mindich – che figurava con il nome in codice di Carlson – avesse preso in mano il consorzio Energoatom, estorcendo ai suoi fornitori «commissioni» del 10-15% sui contratti, mascherati in consulenze e appalti truccati.

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Gli schemi di corruzione poi portavano in un ufficio nel centro di Kyiv, dove si teneva la contabilità e si organizzava il riciclaggio del denaro – per l’ammontare di almeno 100 milioni di dollari, secondo Nabu e Sap – in società di comodo all’estero, a quanto pare anche a Mosca. L’ufficio in questione poi apparterrebbe ad Andrey Derkach, un politico ucraino diventato collaborazionista russo, che oggi siede nel Senato di Putin.

Le manette sono già scattate per l’ex ministro dell’Energia Ihor Mironyuk e l’ex alto magistrato Dmytro Basov, mentre Mindich è riuscito a scappare all’estero e ora è sotto sanzioni del governo di Kyiv, insieme al suo socio Oleksandr Zukerman, nome in codice Sugarman. Ma le ramificazioni della rete Midas possono essere molto più estese: Mindich avrebbe cercato di vendere giubbotti antiproiettile anche all’allora ministro della Difesa Rustem Umerov, e girato soldi a un ex vicepremier soprannominato “Che Guevara” (probabilmente Oleksiy Chernyshov). Umerov ha già dichiarato che il contratto con Mindich era stato rescisso per «qualità scadente della merce proposta», e anche Kvartal 95 ha preso le distanze dal suo socio.

Nessuno per ora accusa direttamente il presidente ucraino, che ha già dichiarato che tutti i colpevoli «dovranno rispondere e assumersi la responsabilità». A differenza dell’agosto scorso, quando Zelensky aveva provato a togliere l’indipendenza a Nabu e Sap – che già all’epoca stavano intercettando le conversazioni di Mindich e soci – suscitando una rivolta in piazza che l’ha costretto a ritirare il provvedimento, questa volta la presidenza e il governo appaiono estremamente determinati a non dare spazi a nessun sospetto di complicità. «La punizione dei colpevoli deve essere inevitabile», ha promesso il consigliere di Zelensky, Dmitro Litvin.

Ma ovviamente a tremare a Kyiv sono in tanti, e per quanto fatti di corruzione non fossero un segreto per nessuno, in Ucraina come all’estero, uno scandalo di questa portata inevitabilmente offrirà argomenti a chi in Europa si oppone alla erogazione di aiuti agli ucraini. Resta la domanda su chi abbia fatto ripartire, così brutalmente, lo scontro politico a Kyiv. «Il presidente viene spinto in una situazione che porta un danno catastrofico, a lui e al Paese», dice il deputato Andriy Osadchuk, senza però indicare i potenziali responsabili.

Lo scontro tra le procure speciali Nabu e Sap e altri organismi come la magistratura ordinaria, i servizi e la polizia, è in corso da tempo, e anche molti militari avevano criticato i procuratori speciali per aver mosso accuse infondate ai comandanti di reparti dell’esercito. Il patto tacito degli ucraini di non criticare Zelensky e non mettere in discussione la sua leadership fino alla fine della guerra sembra rimanere in vigore.

Ma questa lealtà non si estende necessariamente ai collaboratori del presidente. E soprattutto non può impedire agli ucraini di infuriarsi a leggere nelle intercettazioni di come i complici del Midas dirottavano i soldi per la protezione della rete energetica, proprio mentre i russi bombardano metodicamente centrali elettriche e il governo annuncia blackout della durata di 12-14 ore.