L’emittente pubblica oggi è un colosso che arranca e non riesce più a mantenere il passo con i competitor, in particolare Mediaset e La7

(Marco Antonellis – lespresso.it) – In un panorama televisivo italiano sempre più polarizzato, l’emittente pubblica è costretta a fronteggiare una crisi di contenuti, di ascolti e, soprattutto, di leadership. La Rai, che negli anni ha segnato la storia dell’ informazione italiana, oggi naviga a vista, tra il declino delle sue produzioni e un’assenza di una vera e propria visione editoriale. Se non fosse per alcuni programmi come Report, che continua a rappresentare una delle rare eccezioni di successo, la situazione sarebbe drammatica. Tuttavia, anche il programma di Sigfrido Ranucci sembra essere un’eccezione che conferma una regola di fondo: la Rai di oggi è un colosso che arranca e non riesce più a mantenere il passo con i competitor, in particolare Mediaset e La7.
La crisi della Rai: fra bassi ascolti e programmi a rischio
Il panorama dell’informazione in prima serata, di fatto, è diventato un campo di battaglia vuoto. Rai1, che dovrebbe rappresentare la punta di diamante della televisione pubblica, è costantemente superata nelle classifiche di ascolto da Canale 5, con una differenza che a settembre si è tradotta in ben 69 mila telespettatori in più durante l’intera giornata e 153 mila nel prime time. Non è solo una questione di numeri, ma di un’intera struttura che non riesce a competere in un mercato televisivo che è diventato sempre più rapido, reattivo e capace di adattarsi ai gusti di un pubblico in continua evoluzione.
A peggiorare la situazione è l’incoerenza della programmazione. Dai programmi di access prime time come FarWest a Ore 14 Sera, fino ai fallimenti colossali come Freeze e BellaMa’ di Sera, Rai1 sembra non riuscire a centrare il pubblico. L’imperituro Porta a Porta, nonostante la sua longevitá, è ormai lontano dai suoi fasti. Ma è l’ulteriore calo di In Mezz’ora condotto da Monica Maggioni — che ha fatto registrare meno telespettatori rispetto alla precedente edizione di Lucia Annunziata — a segnare la debacle della fascia informativa.
Anche su Rai2 e Rai3, la situazione non migliora, basti vedere i bassissimi ascolti del Tg2 Post. La televisione pubblica sta cercando di mantenere la sua posizione di leadership nel panorama mediatico, ma la concorrenza è spietata. Il vero problema, come suggerisce chi lavora dietro le quinte, è che la Rai sembra ormai ridotta a un “grande contenitore” che si limita a ripetere sé stessa.
C’è però un’altra lettura, della situazione: quella di chi sostiene che la Rai vada bene così com’è. Per una maggioranza che ha mostrato di essere piuttosto allergica alle inchieste giornalistiche e alle domande difficili, la Rai è solamente una sorta di megafono. I telegiornali nazionali, da sempre orientati verso una certa visione politica, non sembrano ormai una forzatura, ma piuttosto un allineamento ideale con le posizioni del governo. L’informazione pubblica, da sempre accusata di non essere mai completamente libera da influenze politiche, in questa fase è più che mai controllata, e questo risponde perfettamente agli interessi della maggioranza meloniana.
Anche i tg radiofonici sembrano rispecchiare questa “quieta omologazione”. Per molti esponenti della destra, la Rai sta funzionando proprio come uno strumento di consenso, con programmi che si adattano perfettamente ai messaggi propagandistici del governo, senza turbare troppo l’equilibrio politico. In questo contesto, la domanda che sorge spontanea è: quale necessità c’è di cambiare qualcosa, se il servizio pubblico sta già facendo il suo lavoro al meglio per la maggioranza?
Nonostante questa “rassegnazione”, resta un piccolo, brillante punto di luce: Report. Questo programma di inchiesta continua a godere di un successo che è ormai l’eccezione in un contesto di declino. Nonostante il contesto di una Rai in affanno, Report di Sigfrido Ranucci rimane uno dei pochi programmi di attualità che riesce a fare numeri importanti e, soprattutto, a non cedere alla tentazione di assecondare la politica dominante. Il programma di Ranucci rappresenta, oggi, l’ultimo baluardo di un’informazione pubblica ancora in grado di toccare temi scomodi e farli arrivare al pubblico, senza filtri.
In definitiva, il futuro della Rai sembra segnato dalla difficoltà di cambiare davvero rotta. E se la leadership politica di Giorgia Meloni non riuscirà a mettere mano con decisione al destino del servizio pubblico, la Rai rischia di restare un gigante addormentato, incapace di rispondere alle sfide del nuovo panorama mediatico. E, come sempre accade in questi casi, a fare le spese di tutto ciò sarà l’informazione.
Basta pagare il canone…..!!!! Basta…basta….basta…..!!!!!!!
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Nessuno ti obbliga a pagare il canone, è già stato spiegato diverse volte, anche su questo blog.
Getta via il televisore, comunica una volta all’anno sul sito dell’agenzia delle entrate che non lo possiedi più e vedi i pochi programmi che t’interessano su quel vecchio PC che tutti abbiamo in cantina. Potrai anche integrarlo con un bel monitor nuovo.
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Non si paga alcun canone, ma semplicemente una tassa sul possesso del televisore. Buona parte di quella tassa viene poi girata alla TV pubblica. Quella parte girata alla TV pubblica concorre a formare il totale introiti dei media. Di quel totale nessun gruppo editoriale può incassare più del 25%. Per questo motivo la RAI, pur avendo mediamente una una percentuale di spettatori superiore alla concorrenza, deve limitare gli spot. Quindi, in teoria, noi paghiamo il “canone” alla RAI, ma indirettamente finanziamo tuti i media. Infatti, se il “canone” venisse ridotto e alla RAI venisse data la libertà di incassare importi maggiori dalla pubblicità, tutti gli altri media (TV, RADIO, GIORNALI, subirebbero una riduzione dei ricavi e per alcuni sarebbe la fine. Poi dobbiamo aggiungere che la RAI ha più di diecimila dipendenti, (nel 2022 erano 11955) , di cui circa 1800 giornalisti. Siccome non sono stati assunti in questi ultimi tre anni, hanno tutti un marchio d’origine.
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@ Bastiancontrario…..La ringrazio per la Sua esaustiva risposta….Mi scuso….per l’ approssimazione che ho “usato” nello scrivere il mio “commento”…
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La RAI è così da almeno 30 anni…
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