Il contratto per i 12mila precari della Giustizia scadrà il 30 giugno. Il governo vuole stabilizzarne solo 6mila. Mettendo a rischio la funzionalità dei tribunali

(di Andrea Sparaciari – lanotiziagiornale.it) – Che le necessità della macchina della giustizia siano tra le ultime priorità del governo di Giorgia Meloni, lo si sapeva da tempo. Ma ieri è arrivata l’ennesima riprova. Il capo di gabinetto del ministro Carlo Nordio – la magistrata Giusi Bartolozzi, assurta all’onore delle cronache soprattutto per il suo coinvolgimento nel caso Almasri – ha infatti convocato ieri i sindacati per discutere delle prove selettive alle quali dovranno sottoporsi i circa 12mila precari assunti il 1° febbraio 2022 grazie ai fondi del Pnrr e in scadenza il 30 giugno 2026.
Il governo vuole stabilizzare solo 6mila precari su 12mila
Prove che nell’ottica del governo, mireranno a decidere chi confermare. Nell’ottica della Funzione Pubblica Cgil dovranno invece “decidere chi lasciare a casa”, come si legge in una nota a firma del segretario nazionale Fp CGIL Florindo Oliverio, nella quale si annunciava il boicottaggio dell’incontro.
Sul tavolo infatti c’è il destino di quel piccolo esercito di operatori – data entry, funzionari tecnici e addetti all’ufficio per il processo – , cooptati per raggiungere gli obiettivi di riduzione dell’arretrato civile e penale previsti dal PNRR. E che ora, finiti i soldi dell’Europa, dovrà essere in gran parte smobilitato.
Un paradosso, perché è vero che questi precari hanno smaltito molto dell’arretrato presente nei tribunali, ma proprio a causa del Pnrr, il lavoro per i giudici è aumentato… L’estate scorsa, l’esecutivo aveva anche annunciato una procedura comparativa, in pratica un concorso entro ottobre 2025, ma poi della prova se ne sono perse le tracce.
Mesi di promesse mai mantenute
Da mesi il governo promette stabilizzazioni, ma senza dare numeri. Oppure fornisce cifre – si parla di circa 6mila stabilizzazioni su 12mila precari – ma senza assicurare le coperture finanziarie. E anche gli stessi ministri appaiono in disaccordo, così se per il Ministro per gli Affari Europei Tommaso Foti il governo starebbe già procedendo all’assunzione dei precari e mira ad assorbirne fino a 17mila (come ha comunicato alla Camera dei Deputati dello scorso 1 ottobre), per il collega Carlo Nordio non ci sarebbero problemi alla trasformazione di tutti i 12mila contratti in tempi determinati ma serve tempo (lo ha detto, ricorda la Cgil, rispondendo a una recente interrogazione parlamentare).
Un’indeterminatezza che si ritrova anche nel Documento programmatico di finanza pubblica (DPFP), approvato dal Governo il 2 ottobre scorso, il quale ribadisce la necessità di stabilizzare i precari Pnrr della giustizia, ma senza fornire alcun dettaglio su numeri e risorse. Un’ambiguità che il 16 settembre scorso aveva portato allo sciopero dei lavoratori. Il dato di fatto è che a oggi, la Legge di Bilancio attualmente in discussione non prevede risorse per la stabilizzazione di questi lavoratori.
La Cgil: “Siamo sgomenti”
Comprensibile quindi il rifiuto di ieri della Cgil di prendere parte al tavolo per decidere le prove per le future selezioni. “Siamo sgomenti”, ha commentato Oliverio, circa la convocazione. “Accettare di discutere oggi di criteri selettivi per ridurre gli attuali organici di almeno 6 mila unità, significa accompagnare la giustizia al suo funerale”, commenta, “Noi preferiamo lavorare perché in questi giorni si possano convincere i parlamentari di tutte le forze politiche che nella prossima legge di bilancio ci siano le risorse che il Governo e il ministro Nordio non hanno voluto mettere per stabilizzare tutti i 12 mila precari alla scadenza dei loro contratti il 30 giugno prossimo”.
Per la Cgil, i sindacati devono inchiodare “il ministro alle sue responsabilità. La Funzione Pubblica CGIL non ha dubbi sul da che parte stare. Stiamo dalla parte delle lavoratrici e dei lavoratori che dopo quattro anni da precari per lo Stato chiedono di poterci rimanere. Stiamo dalla parte dei cittadini che vogliono una GIUSTIZIA che funzioni davvero perché sia uguale per tutti e non più uguale per qualcuno”, conclude il segretario.
Pericolo paralisi dopo il 30 giugno
Del pericolo di paralisi dopo il 30 giugno 2026 ha parlato spesso il Procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, il quale ha più volte sottolineato la carenza cronica di personale negli uffici giudiziari – sia in termini di magistrati che di personale amministrativo -, sottolineando la necessità di un numero adeguato di risorse per gestire l’aumentato carico di lavoro legato anche agli investimenti del PNRR.
Nordio….e adesso….??? come la mettiamo….???
"Mi piace"Piace a 2 people
Ecco, appunto. Quando dicevo che lo scopo delle “schifome” della giustizia targata Nordio è proprio quello di paralizzare e inceppare il più possibile la macchina giudiziaria: da un lato si favorisce la prescrizione, dall’altro si instilla nei cittadini la falsa convinzione che i ritardi siano colpa dei magistrati politicizzati, accusati di perdere tempo solo dietro ai reati dei colletti bianchi.
Hanno finalmente l’occasione di rafforzare gli organici e accelerare i procedimenti, grazie ai fondi e alle assunzioni del PNRR, e cosa decidono di fare? Mandano a casa migliaia di lavoratori precari, sacrificando proprio chi permette al sistema di funzionare.
La strategia è fin troppo chiara: sabotare la giustizia dall’interno, mentre si alimenta il sospetto verso chi ne difende l’indipendenza e la legalità.
"Mi piace"Piace a 4 people
Ingegnere cuore di leone 70 che hai il pessimo vizio di scrivere quando esci dall’ufficio.. ieri scrivevi del nulla cosmico Conte e Tridico di PNNR che dall’anno prossimo devi iniziare a ripagare…. Vai a parlare con le seimila famiglie e oltre lasciate senza lavoro…..
"Mi piace"Piace a 1 persona
QUEL MOSTRO MACROCEFALO CHIAMATO GIUSTIZIA- Viviana Vivarelli
Il Governo Conte era molto sensibile alla giustizia come lo sono i grandi Magistrati amati dagli Italiani come Gratteri o Scarpinato o Di Matteo. ma il Ministro Nordio sembra voler sferrare una continua battaglia contro di loro, peggiorando progressivamente il livello della giustizia italiana. In tre anni ad ogni Finanziaria abbiamo visto dei tagli alla macchina giudiziaria e degli imbrigliamenti al suo operato fino al tentativo attuale di spaccare la Magistratura in due, creando tre Autorità superiori, di cui una punitiva agli ordini del potere politico.
Conte aveva destinato parte del PNRR proprio al rinfozamento della Giustizia ma ecco che Nordio, il peggior Ministro della Giustizia che l’Italia abbia mai avuto, invece di rimpolpare un organico carente e impicciato, non vuole confermare i 12mila precari assunti nei tribunali grazie ai fondi del Pnrr e in scadenza il 30 giugno 2026. Insomma ci si muove in senso contrario a qualunque concezione di giusto processo.
Nella classifica europea del giusto processo l’Italia è nelle ultime posizioni, sia riguardo alla lentezza e lunghezza del processo che all’efficienza e alla durata della giustizia che alla digitalizzazione e all’ammodernamento. L’Italia è tra i Paesi con i tempi più lunghi per la risoluzione dei procedimenti civili e commerciali e per il secondo e terzo grado l’Italia siamo i più lenti in assoluto. Nonostante la spesa per la giustizia in Italia sia in linea o talvolta superiore alla media europea, questo non si traduce in efficienza ed equità.
Ogni giudice ha sul suo tavolo 6.000 processi per cui in gran parte saranno archiviati o saranno resi nulli dallo scoccare della prescrizione.
La macchina della Giustizia in Italia è stata resa apposta pesante e faticosa con un vero piano di smantellamento che è proseguito dal regime di Berlusconi a quello della Meloni, non solo con l’aggiunta da parte di Nordio di 40 nuovi casi di reato, ma con un sistema farraginoso in cui le pratiche per disintegrare il processo sono vergognose. E ogni Finanziaria non ha fatto che fare tagli a una Giustizia già carente, appesantita e deficitaria, mentre il Governo sembra considerare i Magistrati come i suoi nemici giurati, atteggiamento che ha ereditato dal delinquente di Arcore, indurendolo con una battaglia di odio permanente.
La mancanza di personale nel sistema giudiziario italiano è un problema cronico e rilevante, sia per i magistrati che per il personale amministrativo (cancellieri, funzionari, ecc.).
Al 31 dicembre 2024, risultavano in servizio 9.708 magistrati ordinari. Mancano ben 1.791 posti rispetto all’organico previsto. Mancano 1.130 magistrati già negli uffici di primo grado.
La durata dei processi è eccessiva ed la più lunga in Europa.
I processi civili sono generalmente quelli più lunghi.
Primo Grado (Tribunale): Durata media: 540 – 675 giorn
Secondo Grado (Corte d’Appello): Durata media: Fino a 1026 giorni
Terzo Grado (Corte di Cassazione): Durata media: Circa 1.268 giorni, con i processi tributari che possono durare anche di più.
Per un processo civile che passa tutti e tre i gradi di giudizio, la durata media complessiva può essere intorno agli 8 anni.
I processi penali hanno tempi più brevi in primo grado rispetto ai civili, ma la durata complessiva può comunque essere estesa, finché si arriva alla prescrizione del reato.
Primo Grado (Tribunale): Durata media: Circa 355 – 498 giorni
Secondo Grado (Corte d’Appello): Durata media: Circa 750 giorni
Terzo Grado (Corte di Cassazione): Durata media: Circa 132 giorni
La durata media complessiva di un processo penale, dalle indagini preliminari fino alla sentenza in Cassazione, si stima attorno ai 1.600 giorni (circa 4 anni e mezzo).
La Riforma Cartabia ha introdotto, tra le altre cose, dei termini massimi di durata, in particolare per i procedimenti penali successivi al primo grado. Se si superano questi termini, il processo cade e il colpevole resta impunito.
La durata effettiva di un processo è influenzata dalla complessità della causa: Processi con molte parti, numerosi testimoni, o che richiedono lunghe consulenze tecniche d’ufficio tendono a durare di più.
La fase istruttoria, in cui si raccolgono le prove, e la fase di decisione, in cui il giudice emette la sentenza, sono spesso le più lunghe.
In Europa le cose vanno diversamente, specie per i Paesi del nord. Alcuni come la Danimarca, la Germania e i Paesi Bassi registrano tempi medi molto più brevi. L’Italia è spesso citata per la durata media dei processi più lunga in Europa, in tutti e tre i gradi di giudizio. In Paesi come Francia e Spagna, i tempi totali sono spesso meno della metà.
La durata media di un procedimento penale in Italia risulta tra le più lunghe d’Europa per tutti i gradi di giudizio.
Inutile dire che questi impedimenti e queste lunghezze eccessive sono state imposte dai vari governi proditoriamente per minare l’efficienza della Giustizia, paralizzare le cause e tutelare quella parte della classe politica o della fascia economica più ricca che in caso di reato non si giunga alla pena.
Se avevamo cominciato a vedere qualche spiraglio nella conduzione della Giustizia da parte del Ministro a 5 stelle Bonafede, con Nordio la situazione è precipitata nel caos e nella paralisi “volutamente”, non diversamente da quanto è avvenuto in tre anni in altri settori dello Stato (vedi la paralisi del treni prodotta da Salvini o l’abbandono della cura del territorio di Pichetto Fratin o la degradazione della scuola con Valditara o la ridicola caduta della cultura con Giuli.
In tre anni di Governo la Meloni e i suoi Ministri non sono riusciti a produrre un solo piano di riforma benefico nel Paese, né nell’economia né in altri settori dello Stato, mentre i 209 miliardi del PNRR sono stati dispersi e sperperati in favoritismi, mancette, clientelismo, corti di subalterni totalmente inutili, gravami alla macchina dello Stato, aumenti indiscriminati alla casta politica.
In un Paese come l’Italia tristemente noto per i delitti di tre mafie e per l’altissimo corruzione politica le leggi di Nordio sono intervenute in senso contrario alla Giustizia col solo fine di esentare i colletti bianchi dalla pena proteggendo e incrementando la delinquenza politica.
La “Riforma Bonafede” si era concentrata principalmente sulla giustizia penale e, in particolare, sulla disciplina della prescrizione dei reati. Con la “Spazzacorrotti”, la prescrizione veniva interrotta dopo la sentenza di primo grado. In caso di sentenza di assoluzione in primo grado, la prescrizione ricomincia a decorrere. L’obiettivo era contrastare la lentezza dei processi e il rischio che i reati, soprattutto quelli gravi e di corruzione, si estinguessero per prescrizione in appello o Cassazione, frustrando l’azione giudiziaria. La riforma mirava a rendere i processi più agili e brevi. Si aiutava il disbrigo delle pratiche pendenti nel penale. Si abbreviava il temine massimo delle indagini preliminari.
La Riforma Cartabia ha reintrodotto il principio per cui il processo non può durare all’infinito, introducendo l’improcedibilità che stabilisce un termine massimo di durata per appello e Cassazione.
Con Nordio la situazione è precipitata. La Spazzacorrotti è stata ancora peggiorata per favorire i colletti bianchi, depenalizzando certi reati contro la Pubblica Amministrazione come l’abuso ‘ufficio che è reato in tutta Europa, per es. una concessione edilizia contro la legge, o di un appalto o la vittoria illecita a un concorso e limitando la durata delle intercettazioni a 45 giorni.
La Riforma Bonafede aveva ampliato l’ambito di applicazione del reato di traffico di influenze illecite, cioè chi si fa promettere o dare denaro o altri vantaggi sfruttando le proprie relazioni con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio. La Riforma Nordio ha ristretto nuovamente l’ambito di applicazione del reato, limitando la punibilità a determinate condotte e circoscrivendo la nozione di “vantaggio patrimoniale”.
Ha pure modificato vietato ai giornalisti la pubblicazione non solo dei verbali ma anche del loro contenuto, per evitare la divulgazione di fatti e notizie irrilevanti o lesive della dignità dell’indagato.
La pretesa di tutelare il reo al posto di tutelare la legge e la palese discriminazione tra indagato eccellente e indagato senza potere, costituiscono la maggiore vergogna di questo Governo e di questo Ministro, capaci solo di bassezze contro ogni idea di uguaglianza di fronte alla legge di equità.
"Mi piace"Piace a 1 persona