Almasri in cella in Libia, cosa non torna nelle spiegazioni di Palazzo Chigi. Così l’ex capo Dag Birritteri definì la richiesta d’arresto inviata da Tripoli: “Non poteva assolutamente essere accolta”

(di Antonella Mascali – ilfattoquotidiano.it) – Sul caso Almasri il governo italiano continua a dire tutto e il contrario di tutto. Dopo l’arresto dell’ufficiale libico, due giorni fa, a opera delle autorità di Tripoli per torture a 10 migranti e per la morte di uno di loro, il governo Meloni deve ancora giustificare la mancata convalida dell’arresto di Almasri, fermato a Torino il 18 gennaio scorso perché c’era un ordine di cattura della Corte penale internazionale (Cpi). Nell’ultima versione fatta filtrare, il governo sostiene che il ritorno in Libia era dovuto alla richiesta di estradizione inviata all’Italia tra il 21 e il 22 gennaio scorso.

Ma se il governo già allora sapeva del mandato di arresto libico perché il sottosegretario Alfredo Mantovano, con delega ai servizi segreti, organizza un volo di Stato, con un aereo in dotazione agli 007, invece, di rispedire Almasri in Libia in manette? In ogni caso le versioni governative sulla mancata convalida dell’arresto sono state diverse e le date a cui fare attenzione sono fondamentali per capire che la giustificazione che il governo ha diffuso in queste ore fa acqua da tutte le parti. Nella versione fatta filtrare si dice che l’esecutivo sapeva della richiesta libica dell’arresto dal 20 gennaio. Ma il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il 23 gennaio, alla Camera, rispondendo a un’interrogazione del Pd aveva dato un’altra giustificazione: aveva detto che l’ufficiale era stato appena espulso perché pericoloso. Nessun riferimento al mandato di arresto dei libici, che peraltro, è stato eseguito 10 mesi dopo. “A seguito – disse in Parlamento Piantedosi – della mancata convalida dell’arresto da parte della Corte d’appello di Roma, considerato che il generale Almasri era a piede libero in Italia e presentava un profilo di pericolosità sociale, come emerge dal mandato di arresto emesso in data 18 gennaio dalla Corte penale internazionale, ho adottato un provvedimento di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato. Il provvedimento è stato notificato all’interessato al momento della scarcerazione e, nella serata del 21 gennaio, ha lasciato il territorio italiano”.

I conti però non tornano. Negli atti del Tribunale dei ministri che aveva indagato esponenti del governo coinvolti nel mancato arresto (il Parlamento ha negato l’autorizzazione a procedere) si legge che “la richiesta di estradizione avanzata dalla Libia, pur datata 20 gennaio 2025, è stata protocollata al Ministero della Giustizia solo il 22 gennaio 2025, quando Almasri era stato già rimpatriato, per cui tecnicamente non era concorrente. In secondo luogo, come chiarito da Birritteri (ex capo del Dag, ndr) e confermato da Lucchini (del Dag, ndr) era una richiesta meramente strumentale, priva di qualsiasi documento giustificativo” mentre avrebbero dovuto esserci, proseguono i giudici, “allegazioni documentali, prescritte dall’art 700 del codice di procedura penale e, come tale, non avrebbe mai potuto trovare accoglimento”.

Il Tribunale dei ministri motiva ancora l’insussistenza “dell’alibi” del governo italiano di aver rimpatriato Almasri con un volo di Stato invece di arrestarlo: “La richiesta libica faceva generico riferimento a inchieste in corso, senza indicare una sentenza di condanna a pena detentiva o altro provvedimento restrittivo da eseguite. Cosa che veniva indirettamente confermata anche dal Prefetto Caravelli (direttore dell’Aise, ndr). Riferiva che, per quanto a sua conoscenza, alla data 31 marzo 2025, Almasri non era stato né arrestato in Patria e neppure destituito dal suo incarico”. Proprio i servizi segreti avevano parlato però anche di un’altra motivazione per il mancato arresto di Almasri: la sicurezza degli italiani all’estero.

C’è poi da ricordare quanto sostenuto dal ministro della Giustizia Carlo Nordio il 21 gennaio: “Considerato il complesso carteggio, il ministro sta valutando la trasmissione formale della richiesta della Cpi al procuratore generale di Roma”. Niente di tutto ciò, in realtà all’aeroporto di Torino fin dal mattino era pronto un Falcon 900 che decollerà con l’ufficiale libico verso Tripoli intorno alle 20 di sera. Sappiamo che se il governo italiano avesse voluto, avrebbe potuto convalidare l’arresto ordinato dalla Cpi. Come rivelato dal Fatto, l’allora capo del Dag Luigi Birritteri, che per questo caso si dimetterà, aveva trasmesso al capo di Gabinetto Giusy Bartolozzi, il documento che avrebbe consentito, se firmato da Nordio, ai competenti giudici della Corte d’Appello di Roma, di convalidare l’arresto di Almasri. Il 5 febbraio in Parlamento Nordio non ha mai fatto cenno a quel documento del Dag e si era appellato alla “discrezionalità politica”. Peccato che, nel caso della Cpi, in punto di diritto non esiste. Come scrive anche il Tribunale dei ministri: è una giurisdizione superiore a cui lo Stato ha ceduto la competenza a condurre inchieste, a processare e a giudicare determinati crimini.