
(Enrica Perucchietti – lindipendente.online) – Dopo due mensilità d’affitto non pagate potrebbe scattare lo sfratto “rapido”. È quanto propone Fratelli d’Italia con un disegno di legge che introduce una procedura amministrativa alternativa a quella giudiziaria: se l’inquilino non salda entro 15 giorni, un’Autorità per l’esecuzione degli sfratti potrà emettere il titolo di sgombero in una settimana, con esecuzione entro 30 giorni e intervento dei servizi sociali solo nei casi più gravi. In parallelo, la Lega punta a rafforzare il dl Sicurezza contro le occupazioni abusive, prevedendo sgomberi immediati anche per immobili non abitati e pene fino a sette anni. Due iniziative diverse ma complementari, che esaltano la tutela della proprietà privata a discapito della protezione sociale, in un Paese dove le famiglie in affitto sono sempre più vulnerabili e gli sfratti in costante crescita.
La proposta di legge depositata al Senato, a prima firma del senatore Paolo Marcheschi (FdI), prevede una procedura speciale in cinque articoli con l’istituzione di un nuovo ente: l’Autorità per l’esecuzione degli sfratti, collegata al Ministero della Giustizia. In sintesi: dopo il mancato pagamento di due mensilità consecutive l’inquilino ha 15 giorni per saldare. Se non lo fa, il proprietario può rivolgersi all’Autorità, che entro sette giorni emette il titolo esecutivo di rilascio, senza passare per il tribunale. Lo sfratto dovrà essere eseguito entro 30 giorni, prorogabili fino a 90 giorni, nei casi di particolare fragilità sociale o su richiesta dei servizi sociali. Il disegno di legge prevede comunque alcune tutele: per chi ha ISEE inferiore a 12.000 euro, in caso di morosità dovuta a licenziamento, malattia grave o separazione, è previsto un rinvio della procedura e accesso a un “Fondo nazionale per l’emergenza abitativa”. Il testo mira a ridurre i contenziosi civili – uno degli argomenti-chiave della maggioranza – e a contrastare le locazioni “mordi e fuggi”.
La Lega, in parallelo, annuncia che presenterà a breve un pacchetto di norme “sgomberi-veloci” che valorizzi non solo le prime case occupate, ma tutti gli altri immobili privati. La proposta del Carroccio si inserisce in coerenza con la linea seguita dal governo nella materia della sicurezza abitativa: nel Decreto‑legge 11 aprile 2025, n.48, noto come “dl Sicurezza”, è stato introdotto il delitto di “occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui” (art. 634-bis c.p.), punito con reclusione da 2 a 7 anni. L’obiettivo dichiarato è dare maggior tutela ai proprietari privati vittime di occupazioni, prevedendo una procedura accelerata: il Pubblico Ministero può disporre lo sgombero “lampo” della casa occupata, spesso in meno di 30 giorni. In altre parole, mentre si rafforzano le misure penali per contrastare l’occupazione abusiva, si accelera anche la via amministrativa-giudiziaria per lo sgombero degli inquilini morosi.
La proposta di introdurre sfratti rapidi si inserisce in un quadro sociale già segnato da precarietà e rischia di trasformare la povertà abitativa in una nuova emergenza strutturale. Il contesto sociale in cui tutto ciò si muove è reso ancora più critico dai dati: secondo l’Istat nel 2024 le famiglie in povertà assoluta erano oltre 2,2 milioni, pari all’8,4% delle famiglie residenti. Tra queste, 1.049.000 famiglie in affitto vivevano in povertà assoluta, quasi la metà del totale. Quanto agli sfratti per morosità, nel 2024 sono state emesse 40.158 sentenze (di cui 30.041 per morosità), con richieste di esecuzione pari a 81.054 (+9,8% rispetto al 2023). Negli ultimi anni, gli sfratti sono aumentati del 218%, mentre il caro-affitti assorbe fino al 44% del salario medio degli operai. Il mercato immobiliare è fuori controllo, con canoni insostenibili e salari fermi, e lo Stato ha ridotto drasticamente i fondi per il sostegno all’affitto. In questo contesto, velocizzare gli sgomberi rischia di aggravare le disuguaglianze e colpire famiglie già fragili, trasformando la casa da diritto sociale a bene di mercato. Liberare rapidamente gli immobili non significa risolvere il problema della morosità, ma solo spostarlo, senza offrire alternative reali a chi è in difficoltà e perde l’abitazione. Senza un piano strutturale di edilizia pubblica e sostegni concreti, il rischio è quello di un Paese dove abitare diventa un privilegio, non un diritto.
Tanto per andare incontro alla povera gente!
Vai giovgia…sempre più meglio oooo!
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L’articolo è pessimo: affronta un tema complesso con una visione unilaterale, cercando di mascherare con dati parziali un’informazione che in realtà non c’è.
Innanzitutto, questa lettura può avere senso solo nei grandi centri urbani; nelle aree spopolate, presenti anche al nord, il quadro cambia completamente.
L’Italia si sta polarizzando: la ricchezza immobiliare si concentra nei centri principali, mentre la povertà territoriale si espande.
Generalizzare una situazione così particolare è indice di disonestà intellettuale.
Aspetto giuridico
L’idea di togliere al tribunale civile la competenza esclusiva sugli sfratti e affidarla a un’autorità amministrativa rappresenta una novità significativa per l’ordinamento italiano. Tradizionalmente, lo sfratto è un atto giudiziario: il giudice accerta la morosità e garantisce il contraddittorio tra le parti.
Con le nuove proposte di legge questo passaggio verrebbe saltato: il procedimento si avvicina a una sanzione amministrativa.
Si tratta di una scelta ed in quanto tale ha i suoi pro e i suoi contro.
Pro: riduzione dei tempi, minor carico dei tribunali, maggiore certezza contrattuale.
Contro: riduzione delle garanzie per chi subisce lo sfratto, possibile compressione del diritto alla casa senza reale contraddittorio, rischio di creare un precedente per i diritti fondamentali.
Aspetto sociale
La povertà in Italia è in crescita; la morosità non è quasi mai una colpa, ma effetto di precarietà lavorativa e stagnazione salariale.
Se queste proposte diventassero legge, sposterebbero semplicemente la sofferenza dal proprietario all’inquilino, senza risolverla.
La Costituzione cerca di bilanciare due interessi legittimi:
Diritto di proprietà privata (art. 42), tutelato e meritocratico.
Diritto all’abitazione come parte di una vita dignitosa (artt. 2, 3, 47).
Negli ultimi decenni la bilancia si è spostata a favore della proprietà e del mercato immobiliare: chi può pagare resta, chi non può paga le conseguenze. La casa viene trattata più come un bene da proteggere dall’“abuso” che come un diritto da garantire. È un segnale chiaro: lo Stato tutela chi possiede più di chi abita. Questo fenomeno risponde anche a interessi elettorali: piccoli proprietari, commercianti, pensionati con seconde case chiedono sicurezza e certezza nei pagamenti più che welfare sociale. In questo contesto, il bisogno di una casa diventa profitto per qualcun altro.
Aspetto culturale e morale
L’articolo mostra la classica fottuta visione binaria italiana: “ricco vs povero”.
Ma la cronaca dimostra il contrario; sempre più spesso, chi occupa appartamenti va a prendere la casa di un altro povero cristo, non di un villone con piscina.
Chi ha il piccolo appartamento l’ha spesso comprato con sacrifici, mutuo e lavoro: merita tutela.
L’occupazione delle case popolari toglie un diritto a chi è anch’esso fragile, vulnerabile.
Perchè non vanno ad occupare le ville con piscina? C’è più spazio.
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Il problema di fondo, e mi pare si legga anche nel tuo discorso, è che non sta al privato A provvedere ai bisogni del privato B a meno che egli non lo faccia di sua spontanea iniziativa, diciamo per buon cuore. Siccome il buon cuore non si crea per legge, il privato A tutela i propri interessi (che nel merito spesso sono l’arrotondamento di un reddito) che sono legittimi, non illegittimi né sono reati e non si tratta neppure di egoismo. Scaricare sul privato A l’incapacità dello stato di dare risposte minime al privato B è una cosa molto italiana e molto di sinistra. Quella fetta della sinistra alla quale, per dirla col famoso Ricucci di anni fa, ma sempre attuale, piace fare il …. col …. degli altri (e così perdere pure voti).
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Si, più o meno è così: lo stato abdica al suo ruolo dandolo al privato.
Il privato può anche provvedere ma non deve essere il solo e senza alcuna regola , altrimenti diventa una sorta di selezione naturale alla Darwin dove il privato grosso si mangia quello piccolo (sta avvenendo a Milano) e alla fine diventa monopolista di fatto e li son dolori atroci.
Lo stato dovrebbe esserci almeno per mettere dei paletti.
Questa abdicazione non ha colore politico; si manifesta solo in forma diversa.
Generalmente la destra fa una legge di m3rda e la sinistra non la abroga o fa finta di abrogarla; cosa del tutto normale in un paese a sovranità limitata.
Se chi ti limita ti dice di non abrogare una legge o di far finta di abrogarla tu fai quello e non altro.
Poi ci sono anche quelli che sono di sinistra, come scrivi, col portafogli degli altri.
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@ Mario: invece scaricare sul privato B l’incapacità dello Stato di dargli le stesse risposte è una cosa molto di destra (colpevolizzare e discriminare gli ultimi soltanto in base alla loro condizione), per dirla col famoso marchese del Grillo, io sò io… (e senza nemmeno perdere voti).
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LOL e dopo ChatGPT, ChatGPVivana abbiamo anche ChatGPZeppelin 😀
Ad ogni modo, vedi che le denunce di Mario Giordano con il suo noto programma Fuori dal Qulo hanno funzionato alla fine 😀
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