(di Tommaso Rodano – ilfattoquotidiano.it) – La separazione delle carriere dei magistrati è legge, la destra festeggia, il tempo pare essere tornato indietro. Non lo respirate anche voi quel profumo antico di miracolo italiano, di rivoluzione liberale? Non la sentite, come un’eco, una voce familiare che si infila tra i pensieri di soppiatto? (“Siete ancora oggi/ e come sempre/ dei poveri/ comunisti!”). Silvio Berlusconi è ancora tra noi. La riforma tanto desiderata, l’ha portata a casa la sua vera erede, che pure si era presentata sotto le mentite spoglie della destra legalitaria: Giorgia Meloni. Certo, c’è ancora un referendum, un trascurabile passaggio democratico, ma il clima pare davvero favorevole. E un minuto dopo l’approvazione definitiva, è già partita una propaganda battente, spudorata, per stomaci d’acciaio.

Partiamo dal sito istituzionale del ministero della Giustizia. Pochi minuti dopo che le lucine del Senato hanno sancito l’ultimo sì, in cima all’homepage appare la notizia trionfale: “Riforma giustizia, Nordio: ‘È una vittoria dedicata alla democrazia’”. Colpisce un dettaglio diabolico: nella foto a corredo, il Guardasigilli bacia sulla guancia Daniela Santanchè. È un’intuizione oggettivamente memorabile: chi meglio di lei, ministra a processo (sospeso) per truffa all’Inps, poteva raccogliere il testimone ideale di Silvio e incarnare il giubilo dei suoi eredi politici?

Ancora sul sito del ministero – ricordiamolo: dovrebbe essere una pagina istituzionale – viene pubblicata una deliziosa cronachetta della manifestazione di Forza Italia per festeggiare lo storico evento. Anche qui, il corredo fotografico è fondamentale: portentoso è lo scatto che mostra Francesco Paolo Sisto – avvocato penalista, berlusconiano di titanio, attuale vice del Guardasigilli – con l’espressione stentorea e un megafono in mano, incorniciato tra bandiere tricolori forziste. Cosa starà mai dicendo? Lo scopriamo nell’articolo (e ricordiamolo per l’ultima volta: non stiamo leggendo il Giornale, ma il sito ufficiale di via Arenula): “Tra i ‘big’ prende la parola anche il Viceministro della Giustizia. ‘Avete mai visto un arbitro della stessa città di una delle due squadre che scendono in campo? Mai”, dice Francesco Paolo Sisto; “è evidente che ci deve essere una netta differenza tra chi giudica, chi accusa e chi difende”. La metafora calcistica è luminosissima.

Fin qui, si toccano vette quasi lisergiche di propaganda, ma siamo ancora in un ambito semi clandestino: quale persona comune, al di fuori di una ristretta cerchia di feticisti, si informa sul sito del MiG? I danni veri, come sempre, li fa il servizio pubblico.

Giovedì, dopo il voto al Senato, il primo microfono che finisce sotto il naso della presidente del Consiglio è quello del Tg1. Sorpresa! L’intervista a Meloni apre l’edizione delle 20: da sempre il telegiornale più visto dagli italiani. “Penso che la riforma rappresenti un’occasione storica per avere una giustizia più efficiente e più giusta – dice Giorgia –, sono norme di buon senso, significa rafforzare la terzietà del giudice, quindi un processo più giusto”. Nessuno la interrompe e lei non prende fiato: “L’Alta corte disciplinare significa che domani, se un giudice dovesse sbagliare, se ne assumerà anche finalmente la responsabilità. Il sorteggio dei componenti del Csm vuol dire liberare la magistratura dalle correnti politicizzate e quindi valorizzare il merito”. E le critiche dell’Anm, chiede il giornalista, in una delle rare sospensioni del monologo? “Non ricordo una volta in cui l’Anm sia stata favorevole a una qualsiasi riforma della giustizia. La loro idea è che tutto va benissimo. Non è l’idea che abbiamo noi della giustizia e probabilmente neanche quella dei cittadini”. Nel comizio televisivo la premier introduce altre misure del governo e ironizza, sempre senza contraddittorio, sui giudici della Corte dei Conti per lo stop al ponte sullo Stretto. Il servizio dura 3 minuti e mezzo. Nella scaletta del Tg1, dopo di lei, parla ancora la maggioranza: “Interviene anche Marina Berlusconi: – spiega la presentatrice – Quella di oggi è una vittoria di mio padre”. Nell’ipotesi improbabile che i telespettatori del Tg1 si fossero persi questa imbarazzante, memorabile pagina di propaganda, la stessa intervista di Meloni viene ritrasmessa anche il giorno successivo, in sequenza orwelliana, come prima notizia nelle edizioni delle 8 e delle 13 e 30.

Quando il notiziario della rete ammiraglia tocca il fondo, a Bruno Vespa spetta l’ingrato compito di scavare. Il decano apre Porta a Porta con un vaticinio: “Si dice che chi vince il referendum, poi vince anche le Politiche. Questa è l’opinione prevalente. Ora andiamo a vedere i festeggiamenti dei vincitori”. Spazio all’esultanza del centrodestra, dunque: un servizio aperto ancora dall’intervista a Meloni. La stessa del Tg1. Sembra quel vecchio film con Bill Murray, Ricomincio da capo, in cui il protagonista rivive sempre la stessa giornata, ma c’è Meloni al posto della marmotta. Vespa però è giornalista vero: nel blocco successivo dedica un filmato anche alla voce delle opposizioni. E lo presenta così: “Adesso andiamo dagli sconfitti”.