Il New York Times ha analizzato gli indicatori di erosione democratica in un Paese. Dal limitare dissenso e libertà di parola al controllo delle università e dei media, ci sono segnali evidenti che gli Stati Uniti mostrano segni di regressione in tutti gli indici

Stati Uniti, i 12 passi di Donald Trump verso l’autocrazia

(di Massimo Basile – repubblica.it) – NEW YORK – I Paesi che scivolano dalla democrazia all’autoritarismo tendono a seguire un percorso simile e a mostrare segnali facilmente individuabili. Il New York Times ha analizzato dodici indicatori di erosione democratica per capire se gli Stati Uniti, considerati una volta la più grande democrazia del mondo, stanno diventando davvero la più potente autocrazia occidentale. La conclusione è inquietante: secondo il quotidiano, che ha analizzato il fenomeno in un intervento del board del giornale, gli Usa mostrano segni di regressione in tutti gli indicatori. Non è ancora un’autocrazia, ma sta diventando molto meno democrazia.

Secondo l’analisi, il Paese è ancora lontano dall’emulare il modello russo o cinese, ma intanto si sta allontanando dalla sua natura originaria. Il punto uno della “scala autocrazia” indica quando un autoritario soffoca il dissenso e la libertà di parola. “Nell’ultimo anno – sostiene il Times – Trump e i suoi alleati hanno limitato la libertà di parola come non accadeva dai tempi della caccia ai comunisti negli anni ’40 e ’50”.

C’è persecuzione degli oppositori politici (punto 2)? Anche qui i segnali sono evidenti. “Il dipartimento di Giustizia – dichiara il giornale – è diventato uno strumento degli interessi personali” di Trump, “colpendo persone per motivi legalmente dubbi”. Nel mirino sono finiti tutti “nemici” del tycoon: la procuratrice generale di New York Letitia James, l’ex direttore dell’Fbi James Comey mentre altri, come il senatore democratico Adam Schiff, potrebbero diventarlo presto. “Trump – è la diagnosi – ha usato la persecuzione legale dei suoi avversari in modo sconvolgente”.

Anche su altri fronti Trump ha mostrato di aver eroso la democrazia dalle fondamenta: ha aggirato il Congresso (punto 3), riducendolo a puro notaio dei suoi atti; usato l’esercito (4) per il controllo interno, come a Portland e Chicago; ha sfidato i tribunali (5), “ignorando apertamente gli ordini federali”, come quello che imponeva al governo di fermare le deportazioni in Salvador; ha dichiarato “emergenze nazionali su pretesti falsi” (6), come per l’invio della Guardia nazionale a Washington contro una presunta deriva criminale e per giustificare l’uccisione di stranieri, attaccati in acque internazionali, come nel caso degli attacchi al Venezuela che hanno provocato 62 morti.

Ma Trump ha fatto anche altro: ha demonizzato (punto 7) i gruppi emarginati, licenziato donne o persone non bianche da posizioni di vertice, criminalizzato i transgender, diviso i cittadini tra “legittimi” e “di seconda classe”; un autoritario (punto 8) controlla l’informazione e i media, e anche questo è avvenuto; il presidente ha preso il controllo (punto 9) di alcune università, al punto da costringere alle dimissioni il rettore dell’Università della Virginia; creato un culto della personalità (punto 10); usato il potere per il profitto personale (punto 11): lui e la sua famiglia hanno aumentato il patrimonio della Trump Organization di 864 milioni di dollari in pochi mesi, rispetto ai 51 milioni dell’anno precedente; inoltre un autoritario (punto 12) manipola la legge per restare al potere.

“Trump ha cominciato a farlo”, sentenzia il Nyt, prima tentando di ribaltare il risultato delle elezioni del 2020, e ora evocando la possibilità di restare per un terzo mandato, escluso dalla Costituzione americana, attraverso il 22° emendamento. La conclusione del board del quotidiano liberal è che “gli Stati Uniti non sono ancora un’autocrazia”, ma stanno andando velocemente verso l’autoritarismo. Non tutto, però, è ancora perduto. Contro la resa, spiega il Times, ci sono almeno tre elementi: una “stampa perlopiù libera, una magistratura indipendente e milioni di cittadini scesi in piazza per le proteste ‘No King’”. Basteranno? In ogni caso il board promette di tornare ad analizzare la situazione nel 2026, seguendo gli stessi dodici punti. E sperando che non sia troppo tardi.