Le anomalie. La gara del 2005 resuscitata per legge, i dubbi di fattibilità e quelli sui costi, l’oscuro iter ambientale, la definizione “opera Nato”, etc

(di Carlo Di Foggia – ilfattoquotidiano.it) – Servirà attendere un mese per conoscere le motivazioni con cui la Corte dei Conti ha bocciato mercoledì la delibera del Cipess (il comitato interministeriale per i grandi progetti pubblici) che aveva approvato il progetto definitivo del ponte sullo Stretto. Uno stop che ha fatto infuriare Meloni e soci, che hanno provato a far passare la figuraccia come una questione di pure “formalità”, tipo l’assenza di firme sui documenti o le critiche per l’uso dei link invece dei file veri e propri (“ignorano l’esistenza dei computer”, ha ironizzato la premier). Insomma, un atto “politico”. Nulla di tutto questo. La procedura è stata seguita dal ministero di Matteo Salvini con un dilettantismo di cui il leghista si sta forse accorgendo solo ora, tra lacune ed errori tecnici. Molti dei rilievi, però, sono pesanti e sostanziali, alcuni sollevati non solo dai magistrati contabili: illuminano tutte le forzature della corsa avviata da Salvini nel marzo 2023 per far rinascere l’opera insieme alla Stretto di Messina, la società pubblica che dovrebbe realizzarla. Ecco una inesaustiva sintesi di quel che non torna.
La gara.
Tutte le forzature di Salvini&C. discendono dalla decisione di non rifare la gara e riaffidare l’opera al vincitore di quella del 2005, il consorzio Eurolink oggi guidato da Webuild. Le norme Ue impongono di rifarla se il costo supera del 50% quello originario. Il governo però s’è inventato che la base da cui partire non è l’appalto originario (4,6 miliardi) ma il costo aggiornato del 2011 (6,1 miliardi). La differenza rispetto ai 10,5 miliardi attuali (13,5 considerate anche le opere complementari) la imputa all“inflazione”. Sia l’Autorità anticorruzione sia la Corte dei Conti hanno spiegato che è una procedura opaca e rischiosa, la seconda non ha ottenuto chiarimenti nemmeno sul dialogo in corso con Bruxelles. Anche a prendere per buona la procedura, ha avvisato Anac, qualsiasi nuovo aumento porterebbe a sforare il tetto del 50%, cosa che il ministero delle Infrastrutture non nega. Problema: siamo solo al progetto definitivo, manca l’esecutivo, l’unico in grado di chiarire i costi definitivi (a non dire delle varianti).
Il progetto.
È quello vecchio del 2011, da aggiornare con modifiche ed enormi dubbi tecnici da sciogliere in sede esecutiva dove, per espressa richiesta del Cipess, serve adeguarsi a “151 prescrizioni”, alcune pesanti, a non voler contare le 68 “raccomandazioni” del Comitato tecnico scientifico della Stretto di Messina Spa. Sono incompatibili con la natura di un progetto definitivo che, ricorda la CdC, in quanto tale deve far sì che “non emergano significative differenze tecniche e di costo nella successiva fase esecutiva”. Il governo non ha nemmeno chiarito come ne stima i costi. E, visto che Salvini ha permesso di procedere per “fasi esecutive”, sarà di fatto impossibile avere un quadro completo. Altra anomalia: per il ministero non serve un nuovo passaggio al Consiglio superiore dei lavori pubblici, che però si espresse nel 1997 sul progetto “di massima” del 1992, che da allora è cambiato tantissimo. Secondo Salvini&C. basta il via libera del Comitato scientifico della Stretto di Messina, cioè i tecnici nominati dallo stesso Salvini (quelli delle 68 “raccomandazioni” peraltro). È un gigantesco salto nel vuoto.
Ambiente.
La Valutazione di impatto ambientale è positiva, ma con oltre 60 tra prescrizioni e raccomandazioni, alcune delle quali richiedono fino a un anno per essere ottemperate (sempre nella solita fase esecutiva). Non è chiaro quanto costerà. Quella di incidenza ambientale sulle aree protette dalle normative Ue, invece, non è positiva, ma viene superata dagli “Imperativi motivi di interesse pubblico” (Iropi) con cui il Ponte viene dichiarato “opera militare ai fini Nato”. Solo che Salvini&C. non hanno chiarito l’iter seguito per permettere di verificare il rispetto delle procedure e nemmeno informato la Corte dei Conti del dialogo in corso con l’Ue, che sul tema ha chiesto chiarimenti.
Penali.
La CdC non se ne occupa direttamente, ma sono l’unica cosa che conta davvero in questa storia. Dopo lo stop del 2012 del governo Monti, Eurolink ha chiesto 700 milioni di danni in forza di una penale garantita, tra gli altri, da una bizzarra modifica al contratto – che blindava l’indennizzo anche senza approvazione del Cipess – firmata pure dall’allora Ad di Stretto di Messina, Pietro Ciucci, richiamato ora al vertice da Salvini. In primo grado ha perso, l’udienza d’appello è slittata al 9 marzo. La nuova penale, sostengono Ciucci e soci, sarebbe ora di circa 420 milioni, ma nessuno conosce i nuovi contratti e il precedente non promette bene. Considerati oneri e danni aggiuntivi si torna sempre a circa 700 milioni, ma stavolta con molte più certezze per Eurolink di ottenere i soldi.
Bastava un pò di buon senso…invece bisogna aver paura di questi incompetenti!
Bastava una domanda… quali i vantaggi e quali i fattori negativi!
Era solo per questi politiici una questione di voti,potrone e privilegi pagati dalla povera gente.
G.p.m.
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con i treni che in Sicilia viaggiano ad una velocita’ di 26 km. ora (stima fatta dall’ Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani di Cottarelli…) e tutte le carenze strutturali (sovente….penuria di acqua a Messina…) che mancano in Calabria ed in Sicilia….belin dopo 22 condoni fiscali, i Centri di detenzione in Albania altri 14 miliardi per questo belin di “preoccupante secondo i Geologi” Ponte….e basta…poffarbacco…gettare soldi pubblici nello sciacquone….!!!!!
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A me interesserebbe sapere più di ogni cosa se la sentenza della corte dei conti è vincolante o meno . Insomma alla luce di questo l’ opera di farà i no ?
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Sì, la sentenza è vincolante ma bisogna vedere se gli errori sono sanabili o meno.
La premier fa la spiritosa, ma se sono firme o file mancanti è tutto perfettamente sanabile. Se dicono che avrebbero dovuto fare una nuova gara allora è tutto bloccato.
Quello che posso dirti è che se l’ufficio dove lavoro presenta un’opera pubblica senza il progetto esecutivo la corte dei conti ci fa un mazzo che la metà basta. Cioè, è una cosa impensabile. Invece per Salvini va tutto bene tanto paga pantalone.
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Le cose non sono così nette e lineari.
In generale la sentenza della CdC quando questa esercita funzioni giurisdizionali hanno valore vincolante; es. nel caso di condanna per danno erariale chi la subisce deve pagare.
Nel caso del ponte sullo stretto non si tratta di una sentenza, ma di un “controllo preventivo di legittimità”; cioè la CdC ha negato il visto di legittimità alla delibera CIPESS, non ha emesso una sentenza.
La decisione della Corte in questa fase è vincolante nel senso che blocca la pubblicazione della delibera (e con essa l’avvio dei cantieri) senza che venga superata la fase del controllo.
Il governo se vuole può quindi andare avanti con l’opera; la legge infatti gli consente di fare un’apposita delibera in CdM che supera i rilievi della CdC motivandola con interessi pubblici superiori.
Dare una legge del genere in mano a Salvini e come far giocare un bambino con la dinamite.
Il problema è che se il governo andasse avanti ignorando il pronunciamento della CdC i rilievi fatti da essa non verrebbero cancellati, e se nei controlli successivi ( la corte non fa solo controlli preventivi, li fa anche successivi) che la corte fa, dovessero emergere violazioni di quei rilievi fatti e superati dalla delibera del CdM allora scatterebbero il danno erariale o la perdita di affidabilità amministrativa.
Ancora, se ad essere coinvolti nell’iter fossero solo i politici la cosa verrebbe superata in parlamento (vedi Santanchè) il punto è che nell’iter non è coinvolto solo Salvini o Meloni, ma sono coinvolti burocrati e funzionari del ministero che appongono le firme sui vari atti oltre che i privati.
Quindi il rischio è per il burocrate o il funzionario di essere condannati per danno erariale o di perdere il posto di lavoro ed infatti nell’articolo se lo rileggi non a caso è scritto questo
Meloni e soci, che hanno provato a far passare la figuraccia come una questione di pure “formalità”, tipo l’assenza di firme sui documenti…
La firma su un atto pubblico non è mai un gesto puramente formale: essa implica una piena assunzione di responsabilità, sia giuridica sia amministrativo-contabile.
Cioè i vari burocrati e funzionari non hanno apposto le firme su un atto che andava presentato alla CdC; figurati se apporranno le firme su degli atti che diventerebbero esecutivi per un progetto che non ha nessuna ragione di esistere.
Il danno erariale sarebbe certo e i vari funzionari una volta condannati dovrebbero aprire il proprio di portafogli, per non parlare del rischio di dover racimolare i soldi per vivere standosene seduti sul ciglio di qualche marciapiede.
Per non parlare di spese legali che il funzionario dovrebbe pagare di suo, dello stato mentale in cui si può trovare uno che rischia la condanna ecc ecc
Detta in modo ultra semplice: il diniego della CdC è un’offerta che non si può rifiutare, però sempre offerta rimane.
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Se erano così chiari i motivi per non concedere il visto di legittimità, perché un organo formato da menti superiori ha bisogno di trenta giorni per far conoscere i motivi.
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“La differenza rispetto ai 10,5 miliardi attuali (13,5 considerate anche le opere complementari) la imputa all“inflazione”
Piano piano al Fatto stanno iniziando ad avvicinarsi alle informazioni corrette, ovvero che i 13,5mld non sono tutti destinati al ponte. Purtroppo anche questa volta parlano genericamente di 10mld, continuando a nascondere che quelli destinati al ponte sono poco meno di 5mld.
Tralasciando i vari punti dell’articolo nel dettaglio (le motivazioni non sono ancora state rese note, ma tutti sembrano sapere già esattamente quali sono), sul tema della gara questa volta l’autore si è superato.
Anche se fosse vero che l’opera sarebbe “illegale” per violazione delle norme europee sugli appalti poiché il costo complessivo avrebbe superato il limite del 50% rispetto a quello originario, e dunque si dovrebbe:
1) rifare la gara da zero, escludendo il consorzio attuale composto da aziende italiane, danesi e giapponesi alla ricerca di altri player
2) stralciare il progetto
una piccola ricerca avrebbe reso chiaro che le aziende che hanno vinto l’appalto sono le uniche al mondo con esperienza nei ponti sospesi di grande luce di terza generazione, quindi molto probabilmente vincerebbero di nuovo loro perché non esistono alternative (a meno di dare l’appalto a qualche “cugino”, fregandosene se abbia mai costruito un’infrastruttura di tale tipologia).
Se l’autore dell’articolo avesse davvero consultato la normativa europea, nero su bianco, vi avrebbe letto che essa esclude espressamente dal calcolo di quel limite (50%) tutte le variazioni dovute all’indicizzazione dei prezzi, ossia all’inflazione e all’aumento dei costi dei materiali.
Ed è proprio questo il motivo per cui il valore complessivo del progetto è cresciuto nel tempo: non per modifiche al progetto, ma per l’aumento generalizzato dei prezzi registrato negli ultimi anni, in particolare durante e dopo il periodo del Covid.
Il tetto del 50% si applica infatti solo nei casi di varianti di progetto, cioè quando un’opera cambia sostanzialmente natura o struttura rispetto al piano originario. Nel caso del Ponte sullo Stretto non è accaduto nulla di tutto ciò (e questo lo sostiene anche l’autore): il ponte è sempre lo stesso, i raccordi sono sempre gli stessi, e anche le opere accessorie e compensative sono rimaste simili, con variazioni ampiamente al di sotto di quella soglia.
Se la normativa fosse interpretata come fa l’autore dell’articolo, allora tutte le grandi opere attualmente in costruzione in Italia sarebbero “fuorilegge”, perché i listini ANAS e RFI hanno subito rincari ben superiori al 50% rispetto al periodo pre-Covid. Incrementi inevitabili, dovuti ai rincari che hanno colpito indistintamente ogni cantiere del Paese.
Purtroppo essere contro il ponte è così “cool” in questo momento, che qualsiasi cosa si scriva “contro” diventa automaticamente “vera”.
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