(dagospia.com) – Il piccolo Italo si sbatte come Moulinex. In ogni apparizione televisiva, Bocchino difende col coltello tra i denti la magica Giorgia Meloni, elogia il suo governo di mezzecalzette e le sue doti di statista dei due mondi, magnifica le capacità del centrodestra di salvare l’Italia dalle “zecche” comuniste, una profusione senza sosta di peana e lodi.

Ma non c’è niente da fare: , ma neanche nella periferia del potere meloniano, Bocchino gna’ fa a entrare.

Troppo chiacchierato con il suo giro di amicizie discutibili, l’ex delfino di Gianfranco Fini non lo vogliono sul groppone. Non lo gradisce la sora Giorgia, non lo tollera manco in fotografia Fazzolari, non si fida Mantovano.

A rinforzare lo scetticismo della Fiamma Tragica, sono arrivate le sue dichiarazioni ambigue e sibilline, e non certo assolutorie, sul caso Ghiglia-Ranucci.

In un’intervista, il botulinazzato Bocchino ha specificato, non a caso, che il suo incontro con il componente in quota FdI del Garante della Privacy, alla sede del partito in via della Scrofa, è durato “venti minuti al massimo”.

Così facendo, l’ex deputato non ha blindato la versione difensiva di Ghiglia, e ha messo in difficoltà Arianna Meloni.

Come notava “il Fatto quotidiano” tre giorni fa, “le telecamere di sicurezza hanno ripreso Ghiglia entrare alle 15.35 e uscire alle 16.45, un’ora e dieci minuti dopo.

[…] Resta quindi un interrogativo cruciale: dove è stato Ghiglia per gli altri cinquanta minuti? L’ufficio di Bocchino si trova sullo stesso pianerottolo di quello di Arianna Meloni…”

Sarà anche per questo che l’ex Sancho Panza di Fini ha portato al capolinea il sistema nervoso di Arianna Meloni, capo supremo del partito.

Da quelle parti, però, mantiene ancora qualche importante incarico: è direttore editoriale del “Secolo d’Italia” ed è membro del cda della Fondazione AN, vera cassaforte di Fratelli d’Italia.

A dire il vero, quelle due poltroncine le sorelle Meloni le sfilerebbero volentieri dal roseo culetto dell’Italo tascabile. Sarebbe un gioco da ragazzi rimandarlo a Napoli a impastare il casatiello. Ma un tale benservito nessuno ha avuto finora il coraggio di dare.

Non è stata certo la compassione cristiana a evitare che la mannaia s’abbattesse sul visino tirato a lucido di Bocchino, né un cameratismo benevolo in memoria dei tempi andati. Tra i meloniani di prima linea e di complemento sono in molti a essere guardinghi e diffidenti verso Bocchino.

Da sempre appassionato di intelligence, vicino a lobbisti e personaggi “borderline”, il mini-Italo è temuto dai suoi ex colleghi. Magari conosce fatti, retroscena, segretucci che potrebbero mettere in grande imbarazzo la premier e il suo più stretto entourage.

Forse è questo il paracadute che ha impedito, negli anni, che l’ex parlamentare sciupafemmine (memorabile fu la liason con Mara Carfagna e l’ape regina di Berlusconi, Sabina Began) finisse definitivamente al museo delle cere…