Dopo l’attentato è arrivata una segnalazione all’antimafia. Utile o depistaggio? «Messaggio ai cronisti che indagano sul boss Shehu». Citato anche Trocchia. Il garante multa report: 150mila euro per gli audio di Sangiuliano

(Giovanni Tizian – editorialedomani.it) – La solidarietà del governo espressa a Sigfrido Ranucci è durata il tempo di un weekend. E così, mentre gli investigatori sono a caccia dei mandanti e degli esecutori dell’attentato al giornalista e conduttore di Report, ecco che ritornano le pressioni: il Garante della privacy ha sanzionato per 150mila euro la Rai per la pubblicazione dell’audio tra l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie Federica Corsini.

La notizia è arrivata in serata, qualche ora dopo che Ranucci, a una conferenza stampa a Bruxelles sulla libertà di stampa, aveva messo in guardia dall’utilizzo politico dell’autorità: «C’è chi sta armando il Garante contro Report e per dare un segnale a tutti gli altri». Il provvedimento farà molto rumore, questo è certo. Perché arriva a una settimana esatta dalla bomba piazzata davanti casa di Ranucci. E poteva essere una strage: l’ordigno, seppure rudimentale (ma qualcuno parla già di un livello di preparazione non banale), era stato piazzato vicino le auto del giornalista e della figlia, entrambe alimentate a gas.

Chi ha posizionato l’ordigno sapeva che i veicoli potevano saltare in aria e causare una strage? E ha costruito di proposito un’arma scadente per depistare rispetto ai reali mandanti?

Per ora l’inchiesta della procura di Roma è ancora in alto mare, e le risposte non arriveranno presto. Ma Domani ha avuto accesso a una lettera anonima agli atti dell’indagine, che indica come matrice dell’esplosione la mafia albanese. Una missiva inviata venti ore dopo l’attentato alla Direzione investigativa antimafia, e che ora è finita nel fascicolo.

Nei giorni scorsi il quotidiano La Repubblica aveva già riferito di «informazioni arrivate dall’Albania» alla nostra antimafia. Ora questo giornale è in grado di rivelare il contenuto e l’origine della missiva che contiene quelle informazioni, con elementi che formano una pista investigativa definita, almeno per chi l’ha scritta. Perché, al contrario, la procura e gli investigatori non stanno privilegiando una sola pista: nulla è lasciato al caso. Anche perché, in quanto anonima, la segnalazione può risultare un falso, la ricostruzione di un mitomane o addirittura un depistaggio. Arte quest’ultima che in Italia ha sempre trovato eccellenti interpreti. E però anche se dovesse trattarsi di un falso per indirizzare le indagini contro facili obiettivi risulterebbe di pari interesse: chi e perché ha interesse a spostare l’attenzione sui clan albanesi?

Mandanti ed esecutori

La lettera inviata da un indirizzo mail criptato inizia così: «Il mandante dell’attentato al giornalista Sigfrido Ranucci è il potentissimo narcotrafficante albanese e assassino molto pericoloso…». Le prime due righe della missiva anonima inviata alla Direzione investigativa antimafia non lasciano spazio all’immaginazione. Le successive non sono da meno: «L’esecutore materiale dell’attentato è…». Insomma nomi, cognomi, soprannomi e ruoli nell’organigramma della criminalità organizzata albanese che evitiamo di riportare integralmente perché sono appunti scritti in una segnalazione senza firma in mano ora anche a chi indaga sulla bomba esplosa giovedì 16 ottobre, poco prima che scoccassero le dieci e trenta di sera, davanti casa di Ranucci. I boss indicati hanno messo radici anche in Italia, in particolare in Toscana, nella zona di Prato.

Il documento non è firmato, ma a pagina due l’autore si descrive come un ex procuratore di una città albanese molto nota, che in passato avrebbe subito a sua volta intimidazioni dal medesimo clan con ordigni della stessa fattura. Domani ha provato a verificare autonomamente, anche con autorevoli fonti investigative a Tirana, se esistesse un magistrato con questa storia: esiste una toga che ha lasciato la magistratura per via di un procedimento penale, ma non ci risulta sia stato obiettivo di minacce, come scritto nell’anonimo sul quale stanno effettuando verifiche gli investigatori.

Positivo, invece, il nostro riscontro sui due narcos indicati quali esecutori. Le medesime fonti investigative albanesi dicono: esistono entrambi, uno in particolare compare in una vecchia indagine di dodici anni fa, sospettato di un omicidio. Su di loro non esistono tracce su fonti aperte, né sono mai stati citati in articoli di alcun giornale italiano. In questo senso l’autore misterioso della missiva sull’attentato a Ranucci mostra di conoscere nel dettaglio il milieu della mafia albanese. In particolare l’organizzazione conosciuta con il nome di cartello di Sinaloa sezione di Valona. Un brand di cui si è occupato Report in una delle sue puntate sui centri italiani per deportare i migranti nel regno di Rama.

Ed è in riferimento al cartello del crimine che nel documento si fa riferimento ad Artur Shehu: i due killer farebbero parte del suo giro, secondo la manina che ha vergato il rapporto inviato ai detective italiani. Oggi è un affermato imprenditore, solo sospettato di essere a capo di un clan potente e temuto in mezzo mondo. Vive nel lusso della sua villa a Miami. Di Shehu in Albania si parla molto in queste settimane. Perché è il signore che avrebbe incontrato mezzo governo Rama su un’isola caraibica per discutere di affari. Lo ha rivelato Nello Trocchia, nel suo libro appena pubblicato dal titolo Invincibili, un’indagine sulla mafia albanese dall’Italia al mondo.

Manina o verità?

«L’attentato a Ranucci è anche un messaggio per tutti i giornalisti investigativi italiani che hanno fatto indagini su Shehu», è scritto nella missiva in mano ai detective. L’autore collega così la bomba a un altro evento scatenante: «Una settimana fa il giornalista Nello Trocchia (di Domani, ndr) ha pubblicato un suo libro nel quale si descrive un incontro che il governo albanese ha fatto con il capobanda Shehu sull’isola caraibica di Aruba. Un incontro fatto nel gennaio 2019 dove ha partecipato anche il primo ministro Edi Rama, nel quale i cartelli hanno fatto le loro richieste per investimenti miliardari in Albania per riciclare i soldi della droga. Il libro ha fatto molto scalpore in Albania e ha fatto danni all’immagine di Edi Rama. Una settimana dopo la pubblicazione del libro viene fatto l’attentato contro Ranucci».

Messe una di seguito all’altra le notizie fanno impressione. Soprattutto per via di presunte protezioni a livelli altissimi della politica di cui godrebbe questo cartello della droga. Di certo non c’è nulla. Solo, per dirla con le parole di un detective, che non «è un’indagine semplice».

Qualcuno si spinge oltre e sostiene che al momento non c’è un orientamento preciso da seguire. Tradotto: tutto merita attenzione, ma non è certo che si arrivi presto a districare la matassa.