Cortocircuito. Fuori e a Tel Aviv le proteste per gli ostaggi, mentre il premier mostra cartine della regione all’Assemblea vuota

(di Riccardo Antoniucci – ilfattoquotidiano.it) – Un quiz con una sola risposta possibile, una spilla con un qr code e un annuncio pirotecnico. Rivendicazioni sempre uguali e nessun rimorso. Era ben preparato il discorso che Benjamin Netanyahu ha tenuto all’Assemblea generale dell’Onu ieri, ma non ha segnato alcuna svolta. In Israele, all’opposizione di Yair Lapid e alle migliaia di manifestanti che chiedono da mesi la fine della guerra a Gaza è suonato “stanco” e ripetitivo. A New York è suonato in una platea vuota. Per protesta, centinaia di delegati sono usciti prima che iniziasse a parlare. Il premier, al petto una grossa spilla con il logo delle famiglie degli ostaggi e un qr code che rinvia a un video delle atrocità di Hamas del 7 ottobre, comincia a parlare di Iran e della minaccia per Israele e per l’Occidente. Tira fuori un cartello che aveva già usato, con stampata la mappa del Medio oriente e segnati in rosso Iran, Iraq, Siria, Libano e lo Yemen del Houthi, le “maledizioni” della regione. Lo aveva già mostrato l’anno scorso per contrapporlo alla prospettiva “felice” degli Accordi di Abramo. Stavolta prende un pennarello e spunta come una check-list i nomi dei Paesi che Israele ha attaccato negli ultimi due anni: “Sinwar è andato, Nasrallah è andato, il regime di Assad pure. Le milizie sciite in Iraq non tarderanno a sparire, gli scienziati iraniani sono andati”. Israele sta vincendo e sta plasmando un nuovo Medio oriente, “libero dal terrorismo”.

Il discorso serve a rivendicare successi, ma anche ribadire che Israele deve restare in guerra. La missione a Gaza non è ancora conclusa, “Israele deve finire il lavoro e farlo il più velocemente possibile. Guardate al 7 ottobre e capite perché dobbiamo vincere”. Evocando le atrocità di Hamas, il premier mescola numeri certi a notizie non confermate, come quella dei “bambini bruciati vivi davanti ai genitori”. Poi annuncia di aver fatto installare dall’esercito “megafoni in tutta Gaza”, e il suo ufficio stampa diffonde subito immagini di camion con sound system e altoparlanti. Non sono per gli abitanti di Gaza, ma per gli ostaggi: “per far arrivare il messaggio che non vi abbiamo dimenticati”. Ma nel discorso dimentica di citare 28 nomi di rapiti. E i camion con gli altoparlanti, a parte evocare scenari distopici o le peggiori memorie della seconda guerra mondiale, si rivelano un’operazione di facciata: per i media israeliani, i tir si sono fermati ai confini della Striscia, e il discorso di Netanyahu è arrivato solo alle orecchie dei militari schierati ai confini più esterni. L’ordine è stato visto dall’Idf come un futile spreco di tempo e risorse. Ma quando un reporter di Haaretz lo ha fatto notare in una conferenza stampa dei vertici dell’Idf, è stato allontanato.

Davanti ai delegati Onu, Netanyahu ha affermato di aver anche fatto inviare dall’intelligence il suo discorso sui cellulari dei gazawi, con un messaggio per Hamas: “Abbassate le armi, liberate gli ostaggi, lasciate libero il vostro popolo o vi staneremo”. È nelle possibilità di Shin Bet e Mossad, ma sei abitanti di Gaza hanno detto a Cnn di non aver ricevuto nulla. Nella foga della rivendicazione, il premier ha contraddetto le sue stesse affermazioni: ha parlato di abitanti di Gaza city bloccati da Hamas, ma l’Idf ha stimato che in 700 mila hanno evacuato la città. “Quale Stato che commette genocidio chiede agli abitanti gentilmente di andarsene?”, ha detto nel tentativo di rispondere alle accuse di costringere i palestinesi allo sfollamento forzato. La fame? Colpa delle razzie di Hamas, A Gaza ci sarebbe “il più basso tasso di vittime civili”, rispetto alla storia delle guerre Nato. Ma secondo indagini indipendenti, l’80% dei 65 mila uccisi dall’Idf in 23 mesi sono civili. E poi il discorso più contestato: “L’Anp è come Hamas, non vuole lo Stato di Israele a fianco, altro che due Stati”, per questo lo stato palestinese non sarà mai riconosciuto. Plateale mistificazione di decenni di aperture diplomatiche.

L’aula era vuota, ieri, ma “Bibi” non la guardava: le sue parole erano soltanto per gli Stati Uniti e a Donald Trump, tra i pochi alleati rimasti: “La nostra guerra è la vostra”, ha detto più volte. Però il presidente Usa era da tutt’altra parte. Fisicamente, al torneo di golf della Ryder Cup. Politicamente, parlava ancora di cessate il fuoco: “Siamo vicini a un accordo su Gaza, ci sarà la pace”, ha detto il tycoon ieri ai reporter. I due leader si incontreranno lunedì a Washington. Ieri anche la Turchia ha confermato che un cammino c’è, anche se dal discorso di Netanyahu non è sembrato.