“Persino Draghi ha definito l’Europa fallimentare… lei prometteva rivoluzioni e ci rifila Von der Truppen”

(di Tommaso Rodano – ilfattoquotidiano.it) – Spaccando zucche di Halloween con la mazza da baseball, strillando con gli occhi strabuzzati di occupazioni e immigrati clandestini, Mario Giordano ha interpretato e rappresentato le viscere della destra italiana, prima e dopo l’avvento di Giorgia Meloni al governo del Paese. Da uomo libero, “fuori dal coro”, oggi spiega che i primi tre anni di melonismo lo lasciano perplesso. “Da una parte – premette – se uno pensa a tutto quello che si diceva quando ha vinto – la catastrofe dei conti pubblici, il ritorno del fascismo, il crollo dei mercati – possiamo dire che ha smentito le profezie apocalittiche. Dall’altra, proprio quella stabilità che è il maggior valore del governo Meloni, è anche ciò che ha deluso molti suoi elettori: si aspettavano cambiamenti più radicali”.

Sulla politica estera è irriconoscibile. All’opposizione Meloni contestava le sanzioni alla Russia, accusava l’Europa di essere serva degli Stati Uniti. Oggi è un’ultrà euro-atlantica. È un tradimento o è strozzata dal sistema?

Entrambe le cose. Però è chiaro: per anni fai campagna dicendo “cambiamo l’Europa”, poi ti ritrovi a braccetto con quella stessa Europa, che persino Mario Draghi è arrivato a definire fallimentare… è inevitabile che una parte dell’elettorato si senta tradita. Bisognava cambiare, invece ci ritroviamo ancora con Ursula von der Truppen.

È il famoso “pilota automatico”, a proposito di Draghi.

D’accordo, ma se governare significa non poter cambiare nulla, allora ditelo. E non stupitevi se cresce l’astensionismo. La premessa, per me, è che Giorgia Meloni è probabilmente la più brava che c’è sulla scena europea. Ma se io voto una brava e poi vedo che siamo costretti a tenerci Von der Leyen e quell’Europa lì, allora la prossima volta alle urne ci andrà al massimo il 40%.

La posizione su Israele e Gaza le piace?

Timidissima, anche lì. La capisco pure: provo sulla pelle le stesse difficoltà di chi viene da un certo tipo di cultura, di ammettere che siamo di fronte a un genocidio inaccettabile, da parte di quella che abbiamo sempre difeso come democrazia occidentale. Ma ci vorrebbe un po’ di coraggio: fanno i timidi sulle sanzioni a Israele e poi ne votano 19 alla Russia.

Sull’immigrazione com’è il bilancio?

Modesto, soprattutto sul fronte sicurezza. Gli sbarchi sono altalenanti e non c’è stato quel blocco che ci si aspettava, ma il vero buco è la sicurezza nelle città: da un governo di centrodestra ci si aspetta altro. Non è possibile che ci siano quartieri in mano agli spacciatori, dove si commettono stupri e la polizia viene aggredita.

Metto a verbale che, personalmente, trovo i decreti Sicurezza detestabili per motivi speculari ai suoi. Il tema però è interessante: su questo Meloni prende “schiaffi” da sinistra a destra.

È così. Si è presa le critiche da sinistra e ha prodotto comunque un decreto all’acqua di rose. Faccio un esempio su un tema che mi è caro: i ladri di case. Lei sa benissimo di aver fatto una norma inutile, perché riguarda solo la prima casa e non sfiora il 95% del problema, che sono gli altri immobili dati in affitto. A quel punto era meglio non intervenire, invece ha fatto un decreto a metà, buono solo per annunciarlo sui social: è giusto che si prenda le critiche di tutti.

In Economia come è andata?

Vediamo questa manovra, fino a qui c’è stato un mantenimento: conti pubblici stabili, interessi sul debito in calo, occupazione in aumento – anche se molti lavori restano sottopagati, ma non è un problema che nasce con Meloni. Sulla sanità invece sono molto critico: il ministro Schillaci è stato deficitario, la legge sulle liste d’attesa, annunciata in fretta e furia prima delle Europee, non ha cambiato nulla. Non ha risolto nessuno dei problemi.

In sintesi: Giorgia si è trasformata nel suo peggior nemico, l’establishment.

In parte è anche fisiologico: non si va a Palazzo Chigi per fare le barricate. Però quali sono le intenzioni di fondo? Vuoi governare per cambiarlo, l’establishment, o per lasciarlo così? Lo so che i sondaggi al momento vanno bene, ma nei due anni che mancano alle elezioni, le consiglio di lavorare per recuperare l’insoddisfazione di una parte del suo popolo, che cova sotto la cenere.

La gente si sta allontanando?

Dal polso che ho, qualcosa c’è. Non ancora rabbia, però il senso di una speranza tradita.

Ecco, perché i sondaggi sono ancora così buoni allora?

Perché lei è brava, come dicevo, e perché mancano le alternative. Anche per i delusi resta “la meno peggio”. Ma non mi fiderei a lungo di questo sentimento.

Meno bravi sono quelli del suo cerchio: il familismo è un’accusa ricorrente.

Non credo sia una questione di familismo, ma è vero: sono arrivati al governo con un gruppo ristretto, forse non all’altezza. E non hanno voluto, o saputo, allargare il cerchio.

Cosa serve per cambiare passo?

Quello che non piace a voi di sinistra. A cominciare dalla sicurezza.