Meloni: “Io vittima d’odio, chi lo usa per business non mi faccia la morale”. La premier con i vice chiude la campagna di Acquaroli ad Ancona. I suoi: “Invettiva riferita a Orsini e Di Battista”. Accusa alle toghe: quelle politicizzate vogliono sostituirsi a noi

(ANSA) – ROMA, 17 SET – “C’è un business dell’odio”. È l’espressione usata da Giorgia Meloni, presidente del Consiglio e leader di FdI, al comizio del centrodestra ad Ancona per Francesco Acquaroli in vista delle Regionali nelle Marche. “Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire – ha detto -, alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c’è un business dell’odio. Ogni giorno vedo post sui social carichi di accuse e ingiurie a me e al governo, e sono quasi sempre accompagnati dall’invito a comprare qualcosa, un libro, un biglietto per uno spettacolo teatrale. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare”.
(Lorenzo De Cicco – repubblica.it) – Dopo una chiacchierata con Mario Draghi ad Albacina, frazione di Fabriano, a margine della cerimonia per i 100 anni dalla nascita di Francesco Merloni, patron di Ariston, Giorgia Meloni arriva a piazza Roma, cuore di Ancona, nelle Marche che non può proprio perdere. Per la premier è la seconda volta in un mese e mezzo, anche se a inizio agosto il comizio del centrodestra in città era stato camuffato da evento istituzionale. Stavolta no: è la chiusura della campagna di Francesco Acquaroli, “fratello” governatore a caccia del bis tra dieci giorni. Sotto al palazzo dell’Orologio ci sono tutti, anche Matteo Salvini, che il mese scorso si era videocollegato dal Mit (e in piazza sbuca pure lo stand di “un team Vannacci”).
In mezz’ora di discorso di Meloni, le Marche però finiscono in coda. Sono quasi un inciso. A tratti critico. «Acquaroli? Qualcuno dice che non sa comunicare – ammette la premier – è possibile, ma chi lavora tanto a volte si dimentica di spiegarlo bene». Per il resto la leader di FdI passa il tempo a rispondere all’opposizione. A partire dalle stoccate di Elly Schlein, che in contemporanea è nella vicina Pesaro. Batte ancora, Meloni, sul chiodo della presunta campagna d’odio che sarebbe costretta a subire. Prende a prestito l’episodio di un consigliere comunale del Pd di Genova, che ha apostrofato così una collega di FdI: «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». Assist perfetto: «Siccome Schlein qualche giorno fa ha detto di fare gli esempi… guarda Elly se vuoi che te li faccio, ma ci mettiamo mezza giornata». Meloni prosegue in questa narrazione, studiata da giorni a Palazzo Chigi. Sostiene di essere la più bersagliata dello Stivale, «calmatevi». Davanti a una piazza che la omaggia con coretti e ovazioni, descrive «un business dell’odio». Senza fare nomi, racconta che chi l’attacca sui social poi sponsorizzerebbe biglietti e libri nei commenti in calce. «Non mi faccio fare la morale». Con chi ce l’ha? «Con Alessandro Orsini e Alessandro Di Battista», rispondono da FdI.
Nella piazza dove tenne il primo (fortunato) comizio per le Politiche del ‘22, Meloni prova a raccontare che la sua maggioranza è unita, nonostante le bizze quotidiane, dalla politica estera alla manovra finanziaria, alle amministrative (mancano ancora i candidati in tre regioni). «Ma non ci tiriamo i cartoccetti, fatevene una ragione – la difesa – Io sono orgogliosa di questa alleanza». Le critiche sono rovesciate allora sull’opposizione, in particolare sul capo del M5S Giuseppe Conte, «che dice che non è alleato con il Pd, ma hanno il progetto di mandare a casa la Meloni… Il Conte Mascetti sarebbe fiero». Il resto è un repertorio ben collaudato in questi anni di comizi: attacchi al reddito di cittadinanza, al Superbonus, a chi sostiene che sia illiberale, ai giudici «politicizzati che pretendono di sostituirsi al governo, ma porteremo a casa la riforma della giustizia entro fine legislatura, se voi la confermerete con il referendum». Segue slogan: «Non sono ricattabile».
Prima di Meloni, sul palco tocca a Salvini, che chiede alla piazza un minuto di silenzio per il «martirio del cristiano Charlie Kirk». A proposito di unità della maggioranza, il leader della Lega, in vista di Pontida, sembra tornato in modalità combat. Soffia sulla sicurezza. «Ci sono ancora troppi immigrati in giro», punge. E annuncia: «Stiamo lavorando a un nuovo decreto immigrazione». I Fratelli cadono dal pero: «C’è solo un decreto flussi in vista, a che si riferisce?».
Il segretario di FI, Antonio Tajani, che qui nelle Marche ha portato nel weekend la festa dei giovani azzurri, insiste sulla promessa del taglio delle tasse, addirittura azzarda una caccia agli evasori, non proprio un cavallo di battaglia dei berlusconiani. Pure lui tocca il tema odio, un must: «Basta cattivi maestri, lo dico soprattutto a Conte, non siamo complici di alcun genocidio», gli sfugge. A seguire stoccate «ai pacifinti» e ai giudici «politicizzati», per rilanciare sulla separazione delle carriere, come fa pure Maurizio Lupi. Meloni intanto parla a lungo con Salvini nel retropalco.
Acquaroli si gode la calata dei leader. Con l’aria un po’ sciupata, ma rinfrancato dagli ultimi sondaggi, giurano i suoi. «Questo governo ci ascolta», è il leitmotiv. Del resto l’esecutivo, per provare a blindare una partita complicata, ci ha messo del suo: le Marche proclamate (almeno sulla carta) zona economica speciale, come il Mezzogiorno. E 60 milioni per strade e ospedali, sbloccati proprio ora, a ridosso del voto.
Soliti slogans e propaganda che NON parlano al Paese…….!!! Al Paese parlano i carrelli della spesa, il dato sull’ occupazione giovanile, i dati negativi della produzione industriale a picco dopo piu’ di 26 mesi, i ridicoli salari minimi e tanto altro ancora…..Meloni…GO HOME…..!!!!
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La sgarbatella è in perenne tournée con il sempreverde copione che tanto piace ai suoi followers: finché dura perché cambiare repertorio? È come andare al concerto di Vasco e cantare a squarciagola i classiconi.
In Italia l’avanspettacolo si è trasformato in cine-panettone e i romanzi o racconti a puntate in fiction, questo perché sono cambiati i contenitori non il contenuto.
Gli stuoli di fedeli al Verbo Cristiano che popolavano le messe si sono semplicemente spostati a adorare starlette, veline e influencer, e una parte di questi orfani della genuflessione oggi seguono questa nuova chiesa messianica del centro-destra a sovranità limitata “non è di questo mondo il regno dei cieli”.
E il nonno orco d’Italia a implementare ordini alla discepola del Britannia…..1200 miliardi in armi? Ma certo nonnino!
Chissà se la fa sedere sulle sue ginocchia, il nonnino orco.
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Quello che fa più pena è aver preso il caso di Kirk per piagnucolare. Lui almeno andava in giro a farsi fare domande da chiunque e spiegava le sue discutibili idee, lei fa i suoi comizietti urlanti e non si fa fare domande da mesi se non dall’abominevole insetto scooter……..
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PROVINCIALISMO ACUTO OPPORTUNISTA.Questa è la diagnosi .Negare la realtà,costruire narrazioni fantasiose , galleggiare sull’ignoranza e richiamarsi nello stesso tempo a situazioni storiche obsolete. La furbizia e l’ accorciatoia che i mediocri utilizzano per fare fronte alla propria mancanza di quoziente intellettivo. E vai Meloni !
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Perché la ‘piazza’ non sa una cosetta come questa?
Secondo i calcoli del sindacato, per effetto delle norme approvate dal centrodestra, per molti diventerà impossibile accedere alla pensione anticipata a 64 anni. Infatti l’attuale esecutivo ha innalzato il requisito minimo: rispetto al 2022, oggi servono oltre 78 mila euro di contributi versati in più. Considerato che la percentuale Inps applicata ai lavoratori dipendenti in Italia è del 33%, questo significa che serve una retribuzione aggiuntiva di quasi 237 mila euro. Bisogna infatti ricordare che oggi la norma per la pensione anticipata con il sistema contributivo, cui si può accedere come detto dall’età di 64 anni, ha un cosiddetto “importo soglia”: bisogna aver maturato un assegno mensile pari ad almeno 1.616,07 euro. Fino al 2022, invece, per lasciare il lavoro anticipatamente era sufficiente il diritto a un trattamento pari a 1.309,71 euro mensili. Ma non è finita qui: nel 2030, il requisito arriverà a 1.811,78 euro. Questo vuol dire che tra cinque anni l’aumento dei contributi minimi – rispetto ai requisiti del 2022 – sarà pari a oltre 128 mila euro; di conseguenza, la retribuzione aggiuntiva ottenuta dovrà essere di quasi 390 mila euro. Insomma, paletti talmente inaspriti che sarà estremamente complicato per la gran parte dei lavoratori poter accedere al pensionamento anticipato.
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Ad agosto il comizio del centrodestra in città è stato camuffato da evento istituzionale…
Vuol dire che auto blu e tutto il caravanserraglio governativo, è andato a spese nostre? E non a spese del partito della sgarbatella?
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Salvini ha messo nel cassetto crocifissi e rosari. Adesso porterà in giro l’effige del Kirk. Anzi, si farà stampare su t-shirt e felpe il faccione sbilenco la faccia del Kirk, con il fondo Stars and Stripes
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